Lo Stato italiano detiene ancora 500mila ha di
terreni incolti. Attraverso l’Ismea, però, si può accedere a facilitazioni per il
loro affitto. Ma la popolazione cresce a grande ritmo e a breve sarà
impossibile, anche mettendo a frutto la terra disponibile, sfamarla tutta.
Secondo una ricerca della rivista scientifica Pnas, esiste una maniera
alternativa e altamente economica, in termini di terra, acqua e pesticidi, che
avvelenano l’ambiente e le persone che ci abitano, per coltivare almeno 150
specie commestibili, tra cui zucchine, pomodori, meloni, cocomeri, cetrioli,
piantandole in speciali spugne. Queste non hanno bisogno di terra, perché
consistono in pattucciamento e rifiuti organici, con un notevole risparmio
sull’uso di suolo. Anche in Italia si sta sperimentando questo nuovo metodo: l’
idroponica. E’ Camerano (Ancona), e la sua zona
industriale, ad averlo introdotto per prima. Ad ospitare l’impianto è l’azienda
Palombarani, in collaborazione con Acquaguide. E anche Ferrari Pharma, in
provincia di Rieti, ha da poco iniziato a coltivare così. La resa è
doppia rispetto alla coltivazione sul terreno, senza emissioni di CO2.
Si tratta di un sistema innovativo ma naturale che
esiste da almeno 30 anni negli Usa, in Australia e nelle aree semidesertiche
per allevare pesci e crostacei; la sua conoscenza però risale a 600 anni fa,
quando gli Atzechi, dovendo sfamare un’intera popolazione e avendo a
disposizione poca terra e solo acqua intorno, pensarono di costruire delle
isole galleggianti con i giunchi e di mettervi del fango per coltivarvi il
mais; le radici delle piante una volta superato il terriccio trovavano le
sostanze organiche generate dai pesci e si alimentavano crescendo con questo
concime.
A Dubai negli Emirati Arabi quest’anno si costruirà
il più grande impianto idroponico del mondo con una quantità d’ acqua che non
si dovrà cambiare per un anno. Con consumi energetici molti bassi ed energie
rinnovabili per una produzione continua tutto l’anno.
Nessun commento:
Posta un commento