lunedì 11 giugno 2018

Coltivare senza terra


Lo Stato italiano detiene ancora 500mila ha di terreni incolti. Attraverso l’Ismea, però, si può accedere a facilitazioni per il loro affitto. Ma la popolazione cresce a grande ritmo e a breve sarà impossibile, anche mettendo a frutto la terra disponibile, sfamarla tutta. Secondo una ricerca della rivista scientifica Pnas, esiste una maniera alternativa e altamente economica, in termini di terra, acqua e pesticidi, che avvelenano l’ambiente e le persone che ci abitano, per coltivare almeno 150 specie commestibili, tra cui zucchine, pomodori, meloni, cocomeri, cetrioli, piantandole in speciali spugne. Queste non hanno bisogno di terra, perché consistono in pattucciamento e rifiuti organici, con un notevole risparmio sull’uso di suolo. Anche in Italia si sta sperimentando questo nuovo metodo: l’ idroponica. E’ Camerano (Ancona), e la sua zona industriale, ad averlo introdotto per prima. Ad ospitare l’impianto è l’azienda Palombarani, in collaborazione con Acquaguide. E anche Ferrari Pharma, in provincia di Rieti, ha da poco iniziato a coltivare così. La resa è doppia rispetto alla coltivazione sul terreno, senza emissioni di CO2.

Si tratta di un sistema innovativo ma naturale che esiste da almeno 30 anni negli Usa, in Australia e nelle aree semidesertiche per allevare pesci e crostacei; la sua conoscenza però risale a 600 anni fa, quando gli Atzechi, dovendo sfamare un’intera popolazione e avendo a disposizione poca terra e solo acqua intorno, pensarono di costruire delle isole galleggianti con i giunchi e di mettervi del fango per coltivarvi il mais; le radici delle piante una volta superato il terriccio trovavano le sostanze organiche generate dai pesci e si alimentavano crescendo con questo concime.

A Dubai negli Emirati Arabi quest’anno si costruirà il più grande impianto idroponico del mondo con una quantità d’ acqua che non si dovrà cambiare per un anno. Con consumi energetici molti bassi ed energie rinnovabili per una produzione continua tutto l’anno.

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