lunedì 30 marzo 2015

Ikea presenta il Report sociale, ambientale e delle risorse umane 2014


All’interno del temporary shop milanese che aprirà il 10 aprile è stata presentata l’agenda Ikea dei suoi interventi nel campo delle risorse umane e della sostenibilità sociale e ambientale.

L’impegno è vasto e  gli investimenti ingenti. Se non si trattasse poi alla fine sempre di consumo, di mobili, e di tutto il vasto assortimento di cui è formato un negozio Ikea, si potrebbe parlare  di un nuovo umanesimo che molti ricercano oggi in opposizione e in contrasto a tutto lo spreco di risorse umane e ambientali cui abbiamo assistito finora.

Fatto sta che Ikea Italia nell’anno fiscale 2014 ha investito nell’illuminazione a Led in 12 pdv per il risparmio energetico, nel fotovoltaico in 18 dei complessivi 21 negozi e ha destinato al riuso o riciclo il 92% dei rifiuti. Questo per l’ambiente.

Sul fronte sociale collabora con numerose associazioni e ong (Save the Children, UNICEF, UNHCR e Medici Senza Frontiere) per progetti destinati ad arredare le comunità che si occupano di minori in situazioni di sofferenza o disagio, portatori di diversità e soggetti senza fissa dimora. Infine, il lavoro. Sui 6.244 collaboratori italiani, il 58% sono donne (42% alla dirigenza). Il 91% è a tempo indeterminato e il 67% a part time con un contratto medio di 23 ore alla settimana. Nel 2014 Ikea ha continuato ad investire sulla qualità delle competenze (133.000 ore di formazione = 1,6% delle ore lavorate) e nella crescita interna (268 avanzamenti di carriera).

Tra le novità più importanti spicca il nuovo progetto che ha l’obiettivo di formare i leader di domani attraverso 250 assunzioni di alti potenziali nel corso dei prossimi 3 anni, pari a quelle generate con l’apertura di un nuovo punto vendita. 26 giovani già assunti e 9 i punti vendita coinvolti.

 

 

giovedì 19 marzo 2015

Expo: cibo per tutti o vetrina patinata del lusso in cucina?


A un mese da Expo, riflettiamo su Expo. A parte la questione delle infrastrutture non ancora terminate su cui ci sarebbe molto da dire, rimaniamo sul nostro tema: il cibo. Ci hanno promesso che vedremo di tutto: dai cluster su riso, frutta, legumi, cereali, caffè, ai padiglioni delle varie nazioni, a quelli tematici. Ci hanno detto che si sono venduti milioni di biglietti (e a questo punto pare solo alle scuole: 16 euro il prezzo unitario per bambino, compreso il pranzo: ma se una famiglia ha due o tre figli?). Insomma un grande parco dei divertimenti, dove nutrire il pianeta c’entra ben poco. Ho seguito in tv la costruzione del padiglione tedesco (ci sarà anche la Merkel): tanta tecnologia, pannelli fotovoltaici, orti che spuntano da ogni dove, ma per cosa? Per due api (sì, proprio così, due api) giganti che sospese dentro il padiglione racconteranno per immagini l’agricoltura tedesca (a proposito oltre al latte e alle patate?). Poi è vero l’Italia, l’Italia ha molto da dire. Se è vero il detto che da una parte ci sono gli italiani e dall’altra quelli che vorrebbero esserlo … Il vino, il formaggio, la pasta, la pizza, il pesce, la dieta mediterranea insomma,  a parte l’olio che quest’anno è andato  malissimo, il caffè. Ma se il vero problema dell’agricoltura italiana non è quello di affermare a livello globale prodotti sconosciuti, peraltro buonissimi e anche doc, come il tajarin e il bagoss, ma superare il delta dei costi per arrivare a proporre ricavi più onesti senza perderci, l’Expo è proprio a questo che dovrebbe pensare. Un cibo insomma alla portata di tutti e non , come sarà, una vetrina patinata  del lusso in cucina.