domenica 29 novembre 2015

Anche un giapponese tra i Re Panettoni a Milano

C’è tempo fino a stasera, domenica 29 novembre, per assaggiare Sua Maestà Re Panettone, il più tipico dei dolci natalizi, nella versione di alcuni pasticceri famosi. La kermesse di Milano,  e altre analoghe ce ne sono a Roma e Torino, è fatta di degustazioni del dolce nato sotto la Madonnina, ma ora non più suo solo appannaggio, e acquisto dello stesso  a prezzo politico (22 euro al chilo contro i 29 dei negozi). Nata da un’idea di Stanislao Porzio, si svolge già da alcuni anni ed è una manifestazione molto partecipata in cui ogni anno si decreta il panettone migliore. Il vero panettone è fatto con lievito madre,canditi e uvette, ma qui non aspettatevi panettoni molto tradizionali. Ce n’è con il cioccolato, lo zenzero, il limone, creme  varie  e molto altro ancora. E non è più un’esclusiva milanese, solo 4 le pasticcerie di Milano in gara e altre 5 o 6 lombarde. In compenso compare molto Sud e al Sud va la palma, per la seconda volta consecutiva,  del panettone migliore, al campano Sal De Riso. L’iniziativa si svolge alla Fabbrica del Vapore di via Procaccini; per degustare bisogna scaricare un’ app e prenotarsi. A questa ottava edizione partecipa poi, udite udite, un panettone giapponese dell’azienda La Donq che si può conoscere al padiglione Incontri.

Bacilieri – Marchirolo (Va)

Cafè du Soir – Agnone (Is)

Casa Locatelli – Bonate Sopra (Bg)

Clivati – Milano

Comi – Missaglia (Lc)

Cucchi – Milano

Da Ernesto – Fizzonasco (Mi)

Dall’Olmo – Verona

De Riso – Tramonti (Sa)

De Vivo – Pompei (Na)

Di Biase – Eboli (Sa)

Di Masso – Scanno (Aq)

Dolcearte - Mornago (Va)

Dolciarte – Avellino

Gloria – Milano

Guerrino – Fano (Pu)

Il Forno delle Bontà – Palazzago (bg)

La Boutique del Dolce – Concorezzo (MB)

Lorenzetti – S. Giovanni Lupatoto (Vr)

Macellaro – Piaggine (Sa)

Mamma Grazie – Nocera Superiore (Sa)

Marrà – Cantù (Co)

Martesana – Milano

Mazzali – Governolo (Mn)

Merlo – Pioltello (Mi)

Mimosa – Tolentino (Mc)

Morandin – Saint Vincent (Ao)

Natale – San Cesario Le)

Nuovo Mondo – Prato

Pepe – S. Egidio del Monte Albino (Sa)

Picchio – Loreto (An)

Posillipo Dolce Officina – Gabicce Monte (Pu)

Pregiata Forneria Lenti – Grottaglie (Ta)

Quagliotti – Fornovo di Taro (Pr)

Sartori – Erba (Co)

Servi – Roma

Tabiano – Tabiano Terme (Pr)

Tiri – Acerenza (Pz)

Vianello Cavallino – Treporti (Ve)

Vignola – Solofra (Av)

    

giovedì 26 novembre 2015

Sughi vegani per tortellini gluten free


Altre salse vegane  per i ravioli gluten free utilizzano tahin e tamari, due diverse salse di soya utili in questo tipo di alimentazione perché altamente proteiche in una dieta che fa a meno della carne.

Salsa di azuki

Una parte di tahin

Tre parti di azuki (fagioli secchi)

Un pizzico di sale marino

Tamari

Cucinate gli azuki, precedentemente messi a bagno, fino a che diventeranno cremosi, quindi aggiungete il sale e il tamari e spegnete il gas. Potete usare questa salsa sui ravioli, tutti i cereali, nituké (vegetali soffritti), e spalmata sul pane.

Salsa di tahin e tamari

Una parte di tamari

Due parti di tahin

Sei parti d’acqua

Fate bollire gli ingredienti mescolando continuamente; quindi abbassate la fiamma al minimo e lasciate cuocere fin quando la salsa diventerà densa. D’estate potete anche aggiungere qualche goccia di succo di limone fresco.

Salsa bechamel

La bechamel è un classico sui ravioli. Ecco la versione vegana.

Due parti di farina integrale senza glutine

Due parti di olio di sesamo

Dieci parti di tamari

Quindici parti d’acqua

Un pizzico di sale marino

Soffriggete la farina nell’olio già riscaldato mescolando continuamente; più la farina verrà soffritta più la salsa diventerà scura, ma in ogni caso non lasciatela più di otto – dieci minuti. Fate raffreddare la padella, poi rimettete tela sulla fiamma media aggiungendo l’acqua poco per volta; continuate a mescolare finché bolle. Mettete il sale e lasciate cuocere per altri venti minuti con la fiamma al minimo; quindi aggiungete il tamari e lasciate la crema sulla fiamma per gli ultimi cinque minuti.

mercoledì 25 novembre 2015

Ricetta vegana tortellini senza glutine


Tra i nuovi prodotti gluten free visti a Rimini ci sono i tortellini ripieni che si conservano a temperatura ambiente, fuori dal banco frigo. A proporli per prima sul mercato italiano, è la start up innovativa modenese: Taste Italy, partecipata dal fondo emiliano-romagnolo Ingenium. Qui vi diamo la ricetta di una salsa vegana per condirli.

Salsa di miso

Una parte di miso

Tre parti di tahin

Sei o più parti d’acqua.

Riscaldate il tahin (burro di sesamo) nell’acqua, quindi aggiungete il miso (un derivato della soia) e mescolate mezzo minuto. Potete usare questa salsa per condire tutti i cereali (in particolare il riso) e i legumi. Noi ve la proponiamo sui tortellini.

giovedì 19 novembre 2015

Gluten Free Expo 1: che cos'è la celiachia

Gluten Free Expo 1: cos'è la celiachia

Si è  appena concluso Gluten Free Expo, la rassegna dedicata ai prodotti senza glutine, giunta oggi alla sua quarta edizione. Grazie al grande successo, si dà già appuntamento per il prossimo novembre 2016, dal 19 al 22. Quest'anno sono infatti aumentati i volumi espositivi, gli show cooking e i seminari dedicati, e anche l’affluenza di pubblico perlopiù professionale. Quest'ultimo proveniente non solo dall’Italia, ma da tutta Europa, Usa Paraguay, Russia, Cina, Canada, Africa, Australia e India.

La celiachia, o intolleranza al glutine, può essere definita la “malattia” del secolo nel campo dei disturbi provocati dall’alimentazione. Il che comporta tutta una serie di restrizioni a tavola che hanno portato i produttori a realizzare pane, pasta, pizza biscotti, snack, dolci, bevande, il tutto rigorosamente senza glutine. Secondo l’Aic, Associazione italiana celiachia (www.celiachia.it), è celiaco 1 italiano su 100. Così, su 186mila diagnosticati, 400mila sarebbero i sommersi. Il fenomeno colpisce più le donne degli uomini ed è responsabile di gravi limitazioni alla salute quali un’infiammazione acuta dell’intestino con importanti complicanze.

 

Questo ha condotto il professor Umberto Veronesi a proporre un decreto legge per il rimborso da parte del Ministero della Salute, almeno in parte, di una dieta che è abbastanza costosa, per tutta la ricerca che è stata necessaria a realizzarla. L’Aic è da anni impegnata a sensibilizzare sul problema e ad estendere i canali distributivi dove si vendono i prodotti per celiaci (supermercati e negozi oltre alle farmacie). E ha anche stilato un Progetto per l’alimentazione fuori casa che coinvolge una serie di esercizi pubblici (bar, ristoranti, pizzerie, trattorie, self service, vending ecc.), per formarli, nel caso volessero introdurre questi prodotti nel loro menu, alle corrette prassi alimentari del caso. Tutti i prodotti in commercio attualmente in Italia senza glutine sono rappresentati in questa Fiera specializzata a Rimini, il Gluten Free Expo.




 

Gluten Free Expo 2: i prodotti per i celiaci


Il Gluten Free Expo, dicono gli organizzatori, è un’esposizione particolarmente ricca, di espositori, di visitatori e merceologicamente completa: si va dalle materie prime, ai semilavorati, alle attrezzature, ai cibi, alle bevande, per il retail, l’industria e il food service. Un mercato interessante in virtù di tutti quei consumatori che hanno dimostrato negli ultimi tempi intolleranza al glutine, manifestando diverse patologie correlate. QqQuetsPer tutti costoro il “gluten free” costituisce una valida, anzi l’unica alternativa, per non dover rinunciare a troppe cose buone a tavola. Oltre ai prodotti dolciari, di panificazione, snack, alla pasta e alla pizza, prodotti dai vari molini, esistono anche birre con riso, sorgo e mais, altre deglutinizzate con enzimi, oppure anche aranciate, limonate e cole senza glutine. Il Gluten Free Expo conta ormai 163 espositori in mostra, per un totale di oltre 200 marchi, e molti sono i buyers internazionali, a dimostrazione di quanto questo mercato sia cresciuto negli ultimi anni. Il punto è stato fatto in un Convegno di Largo Consumo, rivista di marketing, che se ne è occupata in relazione a industria, retail e ristorazione. Intanto sono stati già premiati i tre migliori pizzaioli, tra i 24 in gara, del Campionato Europeo Pizza senza Glutine, organizzato da Pizza e Pasta. 1° Classificato: Gianfranco Simonetti, Pizza Man, Firenze;-2° Classificato: Sara Palmieri, Antica Osteria Nusco, Nusco (AV); -3° Classificato: Annamaria Marconi, Pizzeria Nashville, Roma.


A battenti ormai chiusi, il bilancio di quest’anno del Gluten Free Expo è particolarmente positivo (+57% di spazio espositivo), per l’interesse che le campagne stampa e di chi si occupa di salute hanno saputo suscitare in un campo molto prolifico come quello della dieta correlata alla salute. Già all’inizio della storia della medicina, Galeno invitava a curarsi con il cibo. E oggi lo slogan è tanto più valido in quanto l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, è attenzionata su più fronti alimentari che possono nuocere all’organismo (vedi il caso della carne rossa che sarebbe cancerogena). Adottare un regime alimentare come quello del "senza glutine", ma anche senza sale e senza zucchero, per altre patologie, sono tendenze che si vanno affermando di pari passo con gli allarmi riguardo il modo di cibarsi dell'Occidente ricco e delle sue complicanze.  

 

lunedì 16 novembre 2015

Ortaggi colorati

Sapevo delle patate colorate. Ma adesso ho anche trovato al supermercato un cavolo giallo-rosato. Oltre a essere bello, non puzza mentre lo si cuoce, ed è buono. Ora so che ci sono anche le spighe di mais blu, ma mi chiedo in quale modo riescano ad ottenere questi colori. Intanto ritorna il pane nero, non di segale, come in guerra, ma con il carbone vegetale. Sia  fornai sia i nutrizionisti non sono però d'accordo. E' vero, scrivo di cibo, di questo mi sono sempre occupata per lavoro, ma mi chiedo anche quando finirà tutta questa "sbornia" per il food, con tanto di libri e di trasmissioni televisive. E' come se tutta la cultura che ci ha accompagnato negli anni Settanta, sia stata annacquata negli Ottanta, gli anni della Milano da bere, e abbia lasciato in eredità quello che poi ha trionfato con Expo 2015. Assisteremo da qui in avanti ad un nuovo reflusso per iniziare magari a parlare di fiori, di giardinaggio, di piante?

Ricotta di latte vaccino il gusto della Coppa d'oro del gelato a Longarone, al Sigep di Rimini gara di solidarietà


E’ la ricotta di latte vaccino, con soddisfazione degli allevatori, il gusto di gelato artigianale sul quale si dovranno misurare i partecipanti alla “Coppa d’Oro” 2015, l’Oscar mondiale del gelato artigianale che si tiene di Longarone Fiere, nell’ambito della MIG (Mostra internazionale del gelato) che si svolgerà d dicembre.

 Il Veneto, si sa, è la patria del gelato, anche se questo alimento fu inventato nel Rinascimento dal fiorentino Buontalenti. Istituito nel 1970, il concorso internazionale “Coppa d’Oro” che si tiene a Longarone, in provincia di Belluno, nel corso della Mig, Mostra internazionale del Gelato, che si svolgerà a dicembre, è considerato l’Oscar mondiale del gelato artigianale. E ogni anno dà la possibilità ai maestri gelatieri artigiani di tutto il mondo di mettere in evidenza le proprie capacità professionali. Nell’albo d’oro della manifestazione figurano gelatieri che hanno fatto la storia del gelato artigianale. Cioè di quel gelato che usa il latte e la frutta in pezzi, anziché gli aromi, come accade talvolta. Nell'ultima edizione, quella del 2014, il vincitore assoluto è risultato essere Mauro Crivellaro della Bottega del Gelato di Mirano (VE). Con il risultato di vedere il suo prodotto conquistare i turisti in vacanza e di ventare un must in Germania dove sono migrati tanti nostri talenti di quest’arte.   


Il gusto della edizione 2015 del Concorso è stato individuato dal Comitato tecnico e i gelatieri dovranno misurarsi con il miglior gelato alla Ricotta di latte vaccino.
Il Concorso avrà quale responsabile il Sig. Luigino Dal Farra e si avvarrà della collaborazione dell’Accademia della Gelateria Italiana, i quali s’impegneranno a curare lo svolgimento della gara che da quest’anno ha un nuovo regolamento che si trova in internet. Altro concorso è “Gelaterie in web 2015”, per il miglior sito internet delle gelaterie artigianali nel mondo, giunto alla sua 14° edizione. Anche in questo caso le modalità del concorso e la scheda di partecipazione si trovano in rete all’indirizzo della Fiera di Longarone.

Il gelato alla ricotta di latte vaccino è un bell’impegno e può rappresentare anche un aiuto agli allevatori in crisi per la scarsa remunerazione del loro prodotto che alla stalla si vende a meno del costo di produzione. Per questo gli allevatori si rivolgono alle agrigelaterie le gelaterie artigianali all’interno degli agriturismi quali nuovi mercati di sbocco del loro latte. Ma il gelato non è considerato prodotto agricolo e non rientra nel reddito agrario, mentre per esempio lo yogurt, anch’esso fatto con il latte, sì.

Il miglior gelato alla ricotta di latte vaccino farà rientrare in gioco i produttori di latte, dopo che da tanti anni i gusti de gelato erano diventati tra i più strani, non solo a base latte e base frutta (acqua), ma dei diversi e più fantasmagorici colori, come il gelato azzurro gusto puffo. Adesso il gelato sta tornando invece ad essere un alimento che dà nutrimento e può anche sostituire un pasto soprattutto se fatto con ingredienti naturali.

A questo proposito, i gelatieri della FIpe, riuniti in Cogel, hanno siglato attraverso il Ministero della Salute, un accordo per acquistare il latte direttamente dall’allevamento, pagandolo 65 cent al litro, e aumentando così la remunerazione degli allevatori, che alle Centrali lo vendono a 40 cent e queste lo rivendono a 1 euro, e confezionando il gelato con questo latte crudo che viene poi pastorizzato in laboratorio. Per Giancarlo Timballo, presidente Gogel, molto importante anche l’acqua che nel caso del gelato alla frutta, deve essere purissima. E il febbraio prossimo al Sigep di Rimini, Salone internazionale del gelato, della panificazione e della pasticceria, una parte del gelato prodotto verrà utilizzato per essere distribuito alle mense dei meno abbienti.  

 

 

 

Certificazione agroalimentare: norme e prassi da rivedere


Tutti gli obblighi e gli adempimenti delle aziende di produzione, dei laboratori di analisi e del personale addetto ai controlli e degli organismi di certificazione sono l’oggetto di un di un convegno a Parma oggil 16 novembre presso SSICA, Stazione sperimentale per l’industria delle Conserve Alimentari, e promosso da Accredia. La certificazione di prodotto nel settore alimentare è costituita dai Regolamenti CE, e pare che adesso la Commissione europea sia orientata a reintrodurre l'obbligo di segnalare sull'imballaggio il nome e la sede dello stabilimento di produzione degli alimenti. Dalle norme UNI-ISO e, per quanto riguarda gli enti di analisi, da Accredia. Che comprendono precisi obblighi, adempimenti e responsabilità amministrative e penali che configurano il reato agroalimentare: un sistema multidisciplinare che riconosce e distribuisce responsabilità in capo ai vari attori. Ma ci sono anche enti che controllano con metodi interni e/o privi dell’accreditamento dei metodi ufficiali di analisi. In tutto questo sistema bisognerà mettere ordine anche in vista della crescita del commercio online, che prevede norme diverse in etichetta, e del biologico, in continua e rapida crescita.

venerdì 13 novembre 2015

Primo allevamento di insetti in Italia


A Monselice, in provincia di Padova, due fratelli gemelli hanno aperto un allevamento di insetti. Quello che con un tocco di esotismo si chiama “novel food”, sono cavallette, larve, scorpioni, grilli, vespe giganti, con cui secondo la Fao si cibano già 2 mld di persone nel mondo e pare che sia il modo di risolvere il problema della fame nel mondo.. Da noi deve arrivare ancora l’ok da parte dell’Autorità per la Sicurezza Alimentare, e i due fratelli stanno dimostrando un grande spirito pionieristico. Ma “gli scorpioni sono ottimi con la polenta e le vespe giganti sanno di formaggio”, assicurano. La tendenza, da anni in atto nell’Estremo Oriente, qui da noi è partita con Expo dove parecchie persone sono state invitate a mettere sotto i denti le zampe di una cavalletta. E l’hanno fatto, pare, molto volentieri.

Crisi del latte. Un aiuto dalle agrigelaterie?


Dopo la recente protesta degli allevatori a Lodi per la scarsa remunerazione del proprio prodotto e una vertenza che si è chiusa con un nulla di fatto, venerdì al Salone del Turismo Rurale di Verona Fiere, le “agrigelaterie” si sono proposte come valida alternativa per il mercato di sbocco del latte. Nate nel 2001, costituiscono una realtà in crescita, come ha confermato recentemente anche la Coldiretti all' Expo di Milano. Ma il gelato non è ancora un prodotto agricolo e non rientra nel reddito agrario, anche se è un alimento somministrato negli agriturismi che hanno gli animali. Ne stanno discutendo L.I.A.G. (Libero Istituto dell'Arte Gelatiera) di Bolzano e La Dolza, fattoria didattica e agrigelateria di Follina (Tv), sede dell’attività formativa dello stesso istituto. Un inquadramento generale della tematica è stato presentato dal presidente di L.I.A.G., Loris Molin Pradel. L'argomento è stato ulteriormente approfondito da Paolo Garna, già direttore della MIG di Longarone Fiere. Tutti concordando, come ha detto il maestro gelatiere Marco Gennuso, sul fatto che ogni prodotto che serva a produrre un gelato, anche quelli a base di acqua (frutta), possa essere espressione di un’azienda agricola, interessata a valorizzare i prodotti di nicchia e le biodiversità del proprio territorio in una coppa o cono. Dal canto loro, i gelatieri pubblici esercizi aderenti a Cogel Fipe avevano già chiuso un accordo, tramite il Ministero della Salute, per fare il gelato con il latte crudo comprato direttamente alla stalla a 65 centesimi (all'industria è pagato 40) e poi pastorizzato in laboratorio. E per il trofeo "Coppa d'Oro" della Fiera di gelato di Longarone Fiere (Belluno) si è scelto di misurarsi sul gusto alla ricotta di latte vaccino.

domenica 8 novembre 2015

Nuove norme per le etichette sui cibi

Chiuso Expo 2015 con l'intenzione, a padiglioni rimossi, di farne una cittadella della scienza e della tecnologia, si continua a parlare di alimentazione. Non solo nelle varie "Prove del cuoco", of course.
Un tema affrontato in questi giorni è quello dell'etichettatura dei prodotti. Pare che la Commissione europea sia orientata a reintrodurre l'obbligo di segnalare sull'imballaggio il nome e la sede dello stabilimento di produzione. Un modo per difendere il made in Italy dagli accordi TTip che, se firmati, porteranno sul mercati europeo i cibi statunitensi, con le conseguenze che sono prevedibili. 

venerdì 6 novembre 2015

Il cibo e il suo futuro


Ora che l’Oms lancia l’allarme cancro per un’alimentazione basata su carne  e insaccati, cambiano i tempi, che tra l’altro ci hanno resi più longevi, grazie alla ricerca scientifica, ma le regola di una sana alimentazione sono le stesse. Negli anni Settanta si chiamava macrobiotica ed era patrimonio della controcultura. Oggi si chiama biologico, il 10% delle terre coltivate, o biodinamico. E si tratta di favorire il metabolismo con una dieta sana che favorisca l’ambiente e gli animali. Non vegetarianesimo puro e semplice, che gli eccessi sempre nuociono, ma un insieme di norme e regole senza fare largo uso di ormoni, pesticidi chimici e additivi. Principi di biologico e biodinamico sono sostenere la biodiversità contrastando le grandi monocolture e praticando pratiche antiche quali il riposo della terra e il sovescio. Ossia girare la terra per concimarla con elementi naturali e ruotare le colture per non avere sempre lo stesso prodotto ma arricchire la varietà di prodotti che la terra può dare. Con questi metodi si producono cibi naturali e sani, anche se più costosi degli altri, e si favorisce una dieta basata su cereali, vegetali, legumi, come insegnava l’antica saggezza dell’Estremo Oriente e in Giappone fanno ancora oggi, vedi i fagioli azuki, la soya, il ramen, il miso e i vari tipi di verdura, pesce e the (bancha, oolong, nero, verde) e caffè senza caffeina (bardana, dendelio). Non per niente il padiglione del Giappone a Expo è stato il più premiato anche se pensiamo il meno visto data la coda di anche parecchie ore per entrarvi.  Noi in compenso abbiamo la dieta mediterranea: verdure, olio, pesce, pasta, anche integrale, e Slow Food ha inventato il sistema dei Presìdi, poi esportato in tutto il mondo con Terra Madre, con i quali si difendono ben precisi metodi di produzione naturali come sono stati tramandati tradizionalmente. Anche qui un’operazione complessa e costosa di cui si vedono gli esiti positivi appena adesso, che ad una generazione di persone che hanno studiato legge o lettere, si sta sostituendo una generazione di giovani, anche laureati, magari in Scienze dell’Alimentazione, che tornano alla terra dei padri apportandovi tutte le novità che si sono sviluppate negli ultimi trent’anni. Macchinari di nuova generazione, sementi non ogm, apparecchi per sondare lo stato del clima e del terreno e per trasformare i rifiuti in materiale riutilizzabile. La sostenibilità, in una parola, è la scommessa futura dell’agricoltura, ma solo a patto di non farsela “scippare” dagli accordi TTip con gli Usa che determinerebbero l’accesso al nostro mercato di prodotti americani “italian sounding” che poco di italiano hanno davvero. Le nostre leggi e norme, quanto a derivazione di un prodotto, tipicità e tradizione, sono molto più stringenti:, si vedano i disciplinari di Bruxelles delle Dop e delle Igp, i prodotti a denominazione di origine che finora ci hanno permesso di mangiare cibi controllati e “d’autore”. Adesso viviamo un mondo tutto in movimento in cui la parola d’ordine è globalizzazione. Ed è proprio per questo che si fa di tutto per esportare di più. Confortante il caso del nostro vino che seppur secondo alla Francia, ha aumentato del 20% l’export in Cina, dove è considerato un prodotto di lusso per le generazioni dei nuovi ricchi.

 

giovedì 5 novembre 2015

Incendio al mega shopping center di Arese

Alcuni fabbricati del costruendo mega shopping center alle porte di Arese stamattina hanno preso fuoco. L'incendio non si è propagato e il fumo non ha causato danni. Ma nelle vicinanze operavano dei lavoratori. Per maggiori informazioni vedi quiarese.it.

martedì 3 novembre 2015

Zuppa di miso

Il consumo proteico e i suoi effetti collaterali e i legumi come alternativa alla carne. Consigli e polemiche in epoca di allarmi dell’Oms sono alla ribalta proprio i questi giorni che si è celebrato il cibo ad Expo in tutte le sue declinazioni, compreso l'hamburger di coccodrillo. Per me, e non soltanto per me, visto che il suo padiglione è stato proclamato il migliore a Expo, la cucina giapponese è una delle più sane al mondo. Me lo conferma mia nipote che lì ci vive e che mi ha detto di mangiare tanta verdura.
L'altra volta vi ho parlato del miso, vero best di questa gastronomia. Ora vi do la ricetta di come prepararne una zuppa particolarmente indicata per i mesi invernali (e da bandire in quelli estivi perché piuttosto salata). Dunque, vediamo, per due porzioni ci vogliono due o più cucchiai di miso, cipolla, cavolfiore, carota, un cucchiaio di olio di sesamo, due tazze d'acqua, un pizzico di sale marino. Far saltare nell'olio i vegetali tagliati a pezzettini per circa dieci minuti, direttamente nella pentola che userete per la zuppa. Aggiungere mezza tazza d'acqua e far bollire; coprire, abbassare la fiamma e dopo circa dieci minuti tiratene fuori un po' con un mestolo. Scioglieteci il miso e continuate a mescolare lentamente qualche minuto ancora. Dopo di che spegnete il gas ma servite la zuppa dopo averla fatta riposare per cinque minuti circa. Se volete, per semplificare, potete aggiungere l'acqua tutta in una volta. Come abbiamo già visto il miso non deve essere cotto né tantomeno bollito, altrimenti perderebbe tutte le sue proprietà nutritive. Durante gli ultimi minuti di cottura, potete aggiungere un cucchiaino di tahin (burro di sesamo); inoltre, per cambiare sostituite di tanto in tanto le verdure: potete usare crescione, lattuga, rape, indivia, sedano ecc. 

Ad Arese il più grande shopping center


Il sito della tv Svizzera italiana è molto dettagliato e dedica una pagina intera ad Arese (Mi), sulla A8, autostrada per la Svizzera, dove sarebbero tutti sul piede di guerra. In realtà solo una parte, perché la cittadinanza in generale sembra o non saperne molto o addirittura non preoccuparsene per niente, tranne i piccoli commercianti della stradina del centro che in realtà sono molto pochi. E qualche piccolo quartiere con negozietti  che oggi non si chiama più centro storico, ma centro commerciale naturale. Con buona pace di Marc Augé, il sociologo dei consumi che ha messo in guardia contro i centri commerciali in quanto “non luoghi”, crocevia di persone che non si conoscono, si incrociano per un attimo e non fanno certo il cuore di una città, anche se Milano con gi interventi per il centro storico di Giuliano Pisapia è molto migliorata. Peccato non aver pensato alle periferie, che sono ancora da terzo mondo.

Il sito della Tv Svizzera, che però non parla della presenza in zona di una Conad appena ristrutturata e di una Esselunga molto grande, continua poi: “Non bastava Expo (che ad Arese ha posto qualcosa come 11 mila parcheggi auto). Non bastava la quinta corsia sull'autostrada, già peraltro trafficata ogni giorno. Ora sta per arrivare anche questa mega struttura commerciale, l’Arese Shopping Center della Grande I di Brunelli che (si dice) porterà circa 50 mila auto al giorno in zona. Per questa ragione è nato un battagliero comitato, “Passaparola”, che ha raccolto circa 5.000 firme di cittadin (in tutto la cittadina ne conta 19mila) preoccupati per il possibile aumento del traffico in una zona fino ad oggi considerata esclusiva e residenziale. Occuperà una parte (si dice 77 mila mq ma considerando l'intera struttura si arriverà a oltre 120 mila mq) dell’area dello stabilimento ex-Alfa Romeo, rientrando così in un più ampio progetto di riqualificazione dell'area.”

Naturalmente si tratta di un'opera discussa per dimensioni e impatto ambientale, una vera cattedrale dello shopping, la più grande in Italia e forse nella stessa Europa con un ipermercato enorme: una food court con 25 ristoranti, oltre 200 negozi di marche famose (dall'elettronica all'abbigliamento) e parcheggi coperti per più di 6.000 vetture. Complessivamente l’investimento totale previsto è intorno al miliardo di euro e oltre al gruppo Brunelli (marchio Ipermercato e capofila del progetto) ci sono Euromilano, Intesa Sanpaolo, Unipol e altri soci minori, che da quasi 18 anni (il potere della burocrazia in questo caso non è poi tanto negativo, ma concedere lo stesso alla fine la licenza non fa che rendere gli interessati ancora più interessati a cannibalizzare l’intera zona) attendevano i permessi di realizzazione. Ci guadagneranno, in termini di ripresa del mercato immobiliare almeno le case vicine; o per arrivare ai 120mila mq di occupazione del suolo si costruiranno ancora case concorrenziali con le più vecchie, quasi tutte di classe G, perché di classe energetica A?

Si dice che l’ipermercato aprirà primavera prossima, ma le selezioni per eventuali occupati all’interno della struttura sono già chiuse. Alla faccia del jobs act.