"diario sul cibo per chi non crede che il cibo sia cultura ma nutrimento e garantirlo a tutti sarebbe già un bel passo avanti...esistono 'il pane e le rose'…assicuriamo il pane a tutti perché tutti possano avere anche le rose…"
venerdì 23 settembre 2016
giovedì 22 settembre 2016
La cucina di casa mia
Ogni tanto, quando interpretando dei piatti cucinati da
mia madre con la sua solita maestria (mio nonno agli inizi del secolo scorso
era aiuto chef all’ hotel Villa Igea di Palermo) (ri)scopro sapori che fanno
parte del retaggio di una certa buona ristorazione milanese (che frequentavo
assiduamente negli anni Settanta e Ottanta), rifletto su come i cuochi siano
giunti a comprendere che una loro ricetta funzionava. Non sulla base di
alchimie tanto alla moda (cucina molecolare & C.) o dell’impiego di
prodotti dop e igp, la cui attuale inflazione sul mercato dovrebbe far
riflettere sull’intero sistema dei cibi cosiddetti di qualità, quanto
assecondando il proprio particolare gusto.
Così l’altra domenica, ho messo insieme le zucchine
trifolate della mamma con le sue
mazzancolle in sugo di
pomodorini, e ci ho condito della pasta corta (pennette rigate). Mazzancolle in
sugo di pomodorini: togliere la testa e sfilare il budellino nero sul dorso a ½
kg di mazzancolle. Imbiondire poco aglio e poca cipolla in due cucchiai di olio
extravergine di oliva. Aggiungervi i carapaci facendoli soffriggere. Sfumarvi
mezzo bicchiere di vino bianco e aggiungere i pomodorini. Salare e fare cuocere
per dieci minuti. Spolverare di prezzemolo tritato.
Zucchine trifolate: Tagliare a fettine sottili tre
o quattro zucchine. Far soffriggere uno spicchio d’aglio tritato in un
cucchiaio di olio extravergine d’oliva. Aggiungervi le zucchine e farle cuocere
a fuoco lento. A cottura ultimata, cospargervi del prezzemolo tritato.
Il risultato non è stato inferiore a primi molto
simili assaggiati al ristorante, i cui cuochi, evidentemente, in fatto di
sapori la pensa(va)no come me. E siccome a differenza di Benedetta Parodi, che
ha confessato in un’intervista di non saper cucinare, io invece ne sono capace,
ve ne do entrambe le ricette (e magari, prima di versarle sulla pasta, vi
suggerisco di sgusciare le mazzancolle).
martedì 20 settembre 2016
L'antiretorica artusiana
Le mode passano, lo stile resta.” Ovvio, ma come farlo capire quando non si fa altro, in cucina, che parlare di territorio, filiera, prodotti tipici, chilometro zero, tradizione ecc., parole vuote, che indicano appunto solo delle mode, se non sostanziate da uno stile vero? Per questo è ancora importante ricordare Pellegrino Artusi. Questi raccolse gran parte delle ricette regionali “tradizionali” e le unì in un unico manuale della cucina italiana, senza mai adoperare la parola tradizione, come fa notare Alberto Capatti, che insegna all’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, nell’introduzione all’ultime edizione de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene ad opera della Bur. “Una parola, tradizione, – scrive Capatti – sempre più utile per designare nel presente il passato e per coprire culture innovative alla ricerca di una validazione storica, per descrivere la qualità non solo come filiera, ma come processo ambientale e umano, e per imballare, quando occorre, il nulla.” Ecco, non vogliamo dire che sia sempre così, del resto anche qui è scritto: “quando occorre”. Ma il saper fare da capo e fare da sé, come insegnava Artusi, non ha bisogno di nessuna retorica.
venerdì 9 settembre 2016
Anche i bar attenti al benessere
Al
Klover, bar della movida milanese, la sera è dedicata ai cocktail, ma a pranzo si
può gustare qualche piattino sfizioso. Per gli attenti al benessere, che ormai
sono i più, segnaliamo il farro al pesto con patate e fagiolini, il riso venere
con salmone, la quinoa condita con una salsina e il pollo al curry con riso
basmati.
Tutti
piatti semplici, ma gustosi e che non appesantiscono. Dopo ci si può sempre “rifare”
con una fetta di torta al cioccolato e arance. Ma per chi è attento alla salute
c’è anche una torta di mele integrale.
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