martedì 26 febbraio 2019

Le nuove propensioni alla spesa


La Confederazione italiana agricoltori (Cia) ha pubblicato un rapporto del Censis redatto in collaborazione con Conad, secondo cui nelle esperienze di acquisto gli italiani sono sempre più sospettosi verso esperti e portatori di competenze, e si fidano solo di sé stessi. Cala comunque la fiducia nel potere d’acquisto e la spesa, anche per i beni di largo e generale consumo calerà. “Miti dei consumi, consumo dei miti”, rappresenta una radiografia di ciò che pensano gli italiani quando vanno a spendere. “Il nuovo mito sono io”, e dunque: “compro ciò che mi fa stare bene, che mi gratifica e che parla di me”.  Il nuovo immaginario collettivo degli italiani è: redditi stagnanti ma comprare e magari anche spendere di più per ciò che ci fa stare bene e rende il mondo migliore. La crisi non basta da sola a spiegare l'arresto dei consumi. Ecco perché crescono i prodotti come i «free from», ad esempio quelli senza lattosio, i prodotti con farine benessere a base di cereali superfood, gli integratori. Poi ancora i prodotti biologici (+8%) nello stesso periodo, di cui le bevande +23,8% e l'ortofrutta +17,2%) che, oltre a fare stare bene il consumatore, gli consentono di dire la sua sul mondo e lo gratificano nella convinzione che contribuisce a cambiarlo. E si registra il boom dei prodotti certificati: i vini Doc e Docg italiani biologici (+27,8% nello stesso periodo) e i vini Igp e Igt italiani biologici (+26,1%), ovvero prodotti iconici della fusione delle logiche «io mi voglio bene» e dell'italianità. Se il consumatore attribuisce un alto valore soggettivo al prodotto, perché risponde a sue specifiche esigenze e valori, allora mette mano alla tasca e la spesa aumenta. La logica «compro di più di tutto» è tramontata, vince una rigorosa selezione dei prodotti, su cui eventualmente spendere anche di più. Il rischio è che questa forma chiamata “egopower” renderebbe il consumatore diffidente persino verso esperti e competenza, mostrando il fianco alle fake news.

lunedì 25 febbraio 2019

Creme di nocciola

Le creme di nocciola spalmabili sono sempre più consumate ( la Repubblica) ed è guerra aperta tra i produttori. In testa è sempre la Nutella che controlla il 90% del mercato, ma provano a concorrere Novi e pan di Stelle (ma c'è anche la biologica Rigoni di Asiago). Il gruppo Elah con la sua Novi al 45% di nocciole conquista il 4,6% del mercato e la Barilla, tramite la crema Pan di Stelle prodotta da Nutkao, con ricetta degli emiliani, sta facendo incetta nei supermercati. 

lunedì 18 febbraio 2019

Penne panna e salmone e carne cruda con rucola

Non è una mia trovata: lo dicono oggi anche altri ben più autorevoli organi di stampa. Torna di moda la cucina degli anni Ottanta. Come le penne panna e salmone o le fettine di carne cruda cosparse di scaglie di rucola e parmigiano o grana. Segnale forse che la nouvelle cuisine sta subendo una battuta d'arresto dopo i grandi fasti degli anni Novanta e 2000?
Le penne panna e salmone sono un ottimo piatto come primo, il solo difetto è di essere un po' troppo calorico per chi soffre di colesterolo alto. Si cuociono le penne in acqua bollente salata per 10-15 minuti e poi si ricoprono di panna da cucina e fettine di salmone affumicato brevemente scaldati in padella.
La fettine di carne cruda non necessitano di nessuna cottura. Devono essere molto sottili e si dispongono nel piatto. Sopra una manciata di rucola fresca e fettine di parmigiano o grana tagliato a scaglie. 

Latte sardo: non ancora trovato un accordo


E’ iniziata lunedì una tregua sulla guerra del latte sardo, con l’intervento delle istituzioni. Le quali hanno attivato tre tavoli di trattative: mercoledì 20 febbraio, quello a Bruxelles alla presenza del premier Conte per vedere se va in porto l’accordo sul prezzo tra pastori e controparti seduti l’ altro ieri in Regione alla presenza del Presidente, Francesco Pigliaru, dell’assessore all’agricoltura, Pier Luigi Caria, e del ministro delle politiche agricole e forestali e del turismo Gian Marco Centinaio. Martedì poi  l’incontro con le banche, alla presenza dell’assessore alla programmazione Raffaele Paci, il quale ha detto che i 72 centesimi offerti dai trasformatori a partire dai 60 di oggi  è solo un punto di partenza.

I rappresentanti di Regione e governo si sono detti disponibili “ad aggiungere altre importanti risorse per permettere di svuotare i magazzini dando un segnale forte ai mercati.” Senza formaggi da vendere il prezzo salirebbe alle stelle e gli alibi di chi non vuol sentire le ragioni dei pastori scomparirebbero. “La proposta fatta dagli industriali sul litro del latte in acconto è di 72 centesimi, gli allevatori rilanciano a 85. Sul piatto 50 mln di euro per levare dal mercato il prodotto, eliminando le eccedenze, e permettere  una risalita del prezzo del pecorino Romano e così del latte in poco tempo.” 15 mln dalla Regione, 10 mln il Banco di Sardegna, 10 dal Mipaaft e 15 il Viminale.

A supporto del lavoro fatto, Caria ha anche diffuso un patto di filiera su cui da mesi si stanno confrontando  gli operatori e i rappresentanti del sistema. Con i 12 articoli approvati da tutti i partecipanti si danno risposte nuove per la stabilizzazione del medio e lungo periodo della filiera: le imprese di trasformazione cooperative e private si impegnano a riconoscere il latte come fondamentale e di pagarlo a un prezzo non inferiore a  quello che sarà stabilito dal tavolo, non meno di 72 centesimi Iva compresa, con un minimo contrattuale per quello conferito sino al 30 marzo 2019.

Questo come acconto per il conferimento del prodotto, e un saldo ancorato ad una griglia che dovrebbe far salire il prezzo a quanto chiesto dai pastori, 1 euro. Le imprese di trasformazione, si impegnano a comunicare entro il 31 gennaio la quantità di latte da inserire nel monte regionale destinato ad altre produzioni (vendita tal quale, polvere, formaggi molli). Il volume dovrà essere di almeno 30 mln di litri. Oilos, l’Organismo inteprofessionale latte ovino sardo composto da 25 soggetti con sede nell’associazione regionale allevatori (Aras Sardegna), che si è costituito con la firma del ministro Centinaio, si impegna a definire le strategie di gestione del monte latte che le imprese di trasformazione dovranno accettare.

Il Consorzio di tutela del pecorino Romano si impegna ad approvare le modifiche al disciplinare secondo lo schema licenziato il 30 novembre 2010. Le imprese di trasformazione si impegnano ad approvare all’interno degli organi del consorzio di tutela, un incremento delle contribuzioni aggiuntive. Il sistema prevede già che l’acconto sia anticipato al conferimento, nei mesi di gennaio e febbraio. Il saldo viene pagato al termine della campagna, intorno a novembre ed è in quel momento che il prezzo diventa definitivo. In sostanza, se già ai primi dell’anno il prezzo è basso, lo sarà anche a saldo, a meno di impennate nel mercato dei prodotti ovini derivati. Per alcuni dei quali, come il pecorino Romano, è notizia, ma non confermata, che possa essere stato in questi mesi prodotto utilizzando latte straniero.
Esiste comunque di certo il pecorino sounding, con forme prodotte nel Wisconsin e anche oltralpe dalla Lactalis. Pastori, trasformatori privati e cooperative, per un totale di 300 mln di litri di latte a stagione e oltre 10mila aziende con le famiglie e l’indotto decideranno insieme. Almeno questo è l’auspicio dei politici, mentre gli allevatori si dimostrano contrari (uno è anche salito su un traliccio della luce per protesta) e chiedono ancora tempo per rivedere i patti. Anzi, prevale proprio l’idea di non dare il via libera alla firma dell’accordo. Secondo Coldiretti  “l’acconto iniziale di 72 centesimi al litro è motivo di insoddisfazione perché si trova sotto i costi variabili medi di produzione certificati dal recente studio Ismea elaborato per fare luce sulla crisi del settore.

mercoledì 13 febbraio 2019

Stevia, dolcificante naturale alternativo


La stevia  rebaudiana (questo il suo nome scientifico) è una pianta erbacea arbustivo perenne di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteracee, nativa delle montagne tra Paraguay e Brasile. Nota per essere usata come dolcificante ipocalorico naturale, è recentemente balzata agli onori delle cronache proprio per questa sua proprietà. Il miele di manuka è originario della Nuova Zelanda e dell'Australia. Si ricava dall'omonimo arbusto dopo un lungo processo. Questo miele, che pochi conoscono, è un rimedio naturale contro alcuni disturbi come il mal di gola, il raffreddore ed è di facile utilizzo anche nelle preparazioni alimentari. Ma se ne siete momentaneamente sprovvisti potete sostituirlo con il malto. Tornando alla stevia questa è un dolcificante naturale che apporta molte meno calorie dello zucchero ed è indicato nelle diete ipocaloriche. Una volta chi voleva dimagrire usava al posto dello zucchero l’aspartame, ma poi qualcuno obiettò che era cancerogeno. Così Cesare Berra, medico dell’Humanitas:”  Anche la più famosa e classica delle bevande, quella con l’etichetta rossa, si può oggi trovare nella versione “verde”, in cui lo zucchero è stato sostituito dalla stevia” il dolcificante naturale più di moda del momento. Dalla stevia, una pianta brasiliana nota anche come erba dolce o erba del miele, si ricava il dolcificante che oggi si trova in molti prodotti e bevande prima dolcificati con saccarosio (lo zucchero) di cui gli esperti sconsigliavano il consumo nei pazienti diabetici. La stevia invece con un potere dolcificante 300 volte superiore allo zucchero ma con un contenuto calorico pari quasi a zero, è diventata in breve tempo il dolcificante “amico” dei diabetici ma anche delle persone che devono seguire regimi dietetici a ridotto contenuto calorico. Anche se non esistono dati scientifici in particolare sul consumo della stevia nei pazienti diabetici, è vero che si tratta di un dolcificante naturale che ha un basso indice glicemico ovvero non favorisce l’innalzamento degli zuccheri nel sangue (iperglicemia) conseguente, per esempio, all’assunzione di bevande che usano altri tipi di dolcificanti – spiega l’esperto. – In questo senso, le bevande dolcificate con la stevia possono essere consumate anche dai pazienti diabetici perché hanno dimostrato non avere alcun effetto significativo sui livelli della glicemia”. Altra alternativa allo zucchero raffinato bianco, che oltre a dolcificare caffè e bevande, si trova anche in altri cibi industriali, è lo zucchero di canna grezzo, che non essendo raffinato è più salutare.