venerdì 30 marzo 2018

Pasqua tra assaggi, messaggi e forzature


Tempo di Pasqua, tempo di religione, la Passione e Resurrezione di Gesù, e tempo di scampagnate fuori porta (Natale con in tuoi e Pasqua con chi vuoi) con relativi consumi di cibi e bevande tipici. Così su Repubblica, come riporta il Club Papillon, un giornalista si chiede se sia nato prima l’uovo o la gallina. Ora, origini culinarie o meno, pare che la tradizione dell’uovo (nato sotto la spinta del celebre orafo Fabergé e per altri diffusosi nel Settecento a Torino) sia antecedente quella della colomba, nata negli anni Trenta. Ma la gallina poveretta ora viene allevata in batteria con metodi disumani (c’è un sito che ne prende le parti) e divenuta in questo modo anche Galletto o fried chicken nei grandi centri commerciali, non se la passa proprio bene. Gli animalisti convinti poi evitano anche di mangiare il capretto o agnello pasquale, ma si sa che l’agnello fu offerto in sacrificio a Dio da Isacco al posto del figlio che gli era stato chiesto e che prontamente avrebbe anche sacrificato. Tenere conto dell’importanza di tutelare gli animali pare oggi una richiesta in linea con i tempi che viviamo, e i tanti vegani e vegetariani ne sono una testimonianza. Ma chiedere che la transumanza venga elevata al ruolo di Patrimonio immateriale dell’Unesco come è stato fatto con la pizza napoletana?
Intanto i milanesi consumano più colomba che altro dato che tra i pasticceri c’è già chi festeggia un +20% nelle vendite, come scrive Repubblica; il boom di acquisti pare trainato anche dal fatto che questo dolce oggi si vende in tante versioni: ai pistacchi e frutti di bosco, al gusto ginger e the matcha. Intanto Milano, che è la capitale di tutte le tendenze gastronomiche che fanno moda, registra il declino dell’apericena, e accoglie il primo punto di vendita europeo della catena Jollybee, a due passi dalle guglie del Duomo, che vende a 4,30 euro una porzione di pollo con bibita e contorno, ha il 20% di personale italiano e il restante bilingue o filippino e 159 coperti gomito a gomito, come scrive la Stampa.
 “Ultima portata”, come districarsi tra pranzi e cene casalinghe o al ristorante, senza rimetterci il peso e la salute. Qui siamo al limite delle fake news. Oppure semplicemente della pubblicità per l’uno o l’altro alimento in modo da aumentarne le vendite in un periodo, quello della Festa appunto, in cui si spende di più. Così i dietologi riabilitano carne di maiale, cacao e uova. Soia, grasso di maiale pasta e formaggio, mentre si mettono all’indice carni rosse lavorate, vino, pomodori e patate. Questi ultimi se troppo maturi risulterebbero tossici, come scrive Il Giornale.
Infine su Italia Oggi compare un articolo in cui semplicemente si dice che meno calorie si ingurgitano, più la vita si allunga. Questo secondo uno studio statunitense. Ma ce n’era bisogno? Una volta moriva prima chi aveva la gotta, il piede e la caviglia ingrossati, segno di grandi abbuffate. Oggi semplicemente ce lo dicono i dietologi che con la piramide alimentare, messa a punto con Barilla, hanno stilato il miglior compendio di una dieta sana. Alla base gli alimenti, come pesce, olio e verdure, che si possono mangiare tutti i giorni. E poi a salire carne, uova e formaggi tre volte la settimana, pasta e carboidrati, che non devono mai mancare, due volte la settimana.
Mi fa specie alla fine chi scrive che Papa Francesco abbia esortato i fedeli, durante un’udienza, a lavare gli occhi ai propri bimbi: “Un gesto che serve all’anima per vedere le cose belle”. Di questa tradizione ero all’oscuro, pur avendo letto tutti e 4 i Vangeli. Ero rimasta al lavaggio dei piedi di Gesù da parte di Maria Maddalena, la peccatrice che poi si trovò accanto al feretro quando Cristo rinacque. Ma non è detto, magari in quelle letture di bambina, qualcosa mi è sfuggito. Cmq Buona Pasqua a tutti.

lunedì 26 marzo 2018

Il presnitz di Pasqua

L’AIDI, Associazione industrie dolciarie italiane, confluita nell’AIDEPI, Associazione dei dolci e della pasta, ha da sempre tutelato la qualità dei prodotti della tradizione dolciaria italiana. Dal giugno 2003 le aziende associate hanno sottoscritto un disciplinare di buona pratica produttiva per Panettone, Pandoro, Colomba, Savoiardo e Amaretto nella duplice versione (morbido e secco). Dal 22 luglio 2005 la qualità di Panettone, Pandoro, Colomba, Savoiardo e Amaretto è garantita da un Decreto, adottato congiuntamente dal Ministero delle Attività Produttive e da quello delle Politiche Agricole, che stabilisce la definizione e la composizione di questi prodotti da forno tipici della tradizione italiana. In base a questa specifica normativa, soltanto i prodotti che rispettano il disciplinare produttivo sancito dal Decreto stesso, potranno utilizzare la denominazione riservata Panettone, Pandoro, Colomba, Savoiardo e Amaretto. Ma la colomba, insieme all'uovo di cioccolato, non è l'unico dolce della tradizione pasquale. Anzi potremmo dire che ogni Regione italiana ha il suo o i suoi dolci della tradizione. Qui vi diamo la ricetta del presnitz di Castagnevizza (Gorizia).
Ingredienti:
Per la pasta:
30 g di farina
90 g  di burro
100 g di zucchero
1 limone
2 uova
1 polverina lievitata.
Per il ripieno:
100 g di noci o mandorle pelate e macinate
100 g di pangrattato fritto in 60 g di burro
50 g di zucchero vanigliato
50 g di cioccolata grattata
50 g di uva passa
50 g di uva sultanina
50 g di cedrini tagliati a listarelle
scorza e agro di limone e scorza di arancio
1/16 di l di rhum
1 tuorlo per lucidare
Mantecare il burro, aggiungere frullando un uovo alla volta e a riprese anche lo zucchero il limone  e il sale; per ultimo mettere la farina con frammista la polverina lievitata; se occorre si può aggiungere nell'impasto un po' di latte. Rovesciare la pasta sulla tavola infarinata lavorarla spianarla sottilmente più in lungo che in larga; spargervi sopra il ripieno con tutti gli ingredienti indicati e mescolati che deve essere umido ma non liquido perciò il rhum va aggiunto lentamente e solo il necessario. Arrotolare la pasta e arrostire a forno ben caldo in una forma oliata e infarinata dopo aver unto il dolce con il tuorlo.
Questo dolce è preso dal ricettario della cucina triestina di Maria Stelvio pubblicato nel 1927 che portava sotto il titolo la seguente massima di Brillat Savarin:
"Il piacere della tavola appartiene a tutte le età, a tutte le condizioni, a tutti i paesi e a tutti i tempi, esso può accompagnarsi a tutti gli altri piaceri e rimane per ultimo a consolarci della perdita di essi."

mercoledì 14 marzo 2018

L'Italia del turismo sul web è un flop



L’Italia del turismo cresce a due velocità. Il sito ufficiale del turismo italiano, italia.it, ha notevolmente incrementato, negli ultimi tre anni, il suo posizionamento nella classifica mondiale dei siti web maggiormente consultati superando Francia e Spagna. Ma questi due ultimi Paesi ci precedono per arrivi di turisti stranieri. Mentre per italia.it le consultazioni degli stranieri si fermano al poco più del 30%, la Spagna è a quota 85% e la Francia a 70%. Questi i dati Alexa.com diffusi da ISVRA, l’Istituto per lo Sviluppo del Turismo Rurale. Che nota anche come in Italia crescano i visitatori, ma solo un terzo siano stranieri. Stato e Regioni dedicano molto lavoro alla gestione dei rispettivi siti internet di promozione turistica, il più possibile aggiornata, delle attrattive e dei servizi ricettivi presenti sul territorio italiano a prescindere però da finalità di intermediazione sulla vendita di servizi di accoglienza che naturalmente spettano alle agenzie turistiche. Ma, secondo ISVRA, bisognerebbe ripensare il sistema, coordinando l’iniziativa statale con quella delle Regioni con più attenzione al nostro posizionamento sui motori di ricerca, per quanto riguarda la consultazione da parte di turisti stranieri.

Il Novecento e la sua (s)memoria



Ho sempre conosciuto persone che temevano il complotto di qualche nemico occulto: gli ebrei per il nonno, i massoni per i gesuiti, i gesuiti per mio padre garibaldino, i carbonari per i re di mezza Europa, il re fomentato dai preti per i miei compagni mazziniani, gli illuminati di Baviera per la polizia di mezzo mondo, e via chissà quanta gente ancora a questo mondo convinta di essere perseguitata da una cospirazione. Ecco qua una forma da riempire a piacere, a ciascuno il suo complotto. Così Umberto Eco in uno dei suoi ultimi lavori pubblicati postumi. Da parte sua Zygmunt Bauman, il teorico della società liquida,  è convinto che oggi abbiamo invertito la rotta e navighiamo all’indietro, come spiega in “Retrotopia” per i tipi di tempinuovi, Editori Laterza, 2017.  Il futuro è finito alla gogna e il passato è stato spostato tra i crediti, rivalutato, a torto o a ragione, come spazio in cui le speranze non sono ancora screditate. Sono gli anni della retrotopia, cioè un’utopia rivolta al passato in cui non c’è più spazio per le “magnifiche sorti e progressive”. Inscrivere la violenza in quel canovaccio offre come beneficio aggiuntivo – o forse principale –la possibilità di raccogliere reclute negli ambienti che resistono o addirittura si oppongono ai casi di emulazione della violenza autotelica, cioè fine in se stessa. Gli stati nazione sono stati una scelta operata dall’uomo a partire da una situazione in cui non c’è scelta. Finché l’Europa era l’unico Continente “moderno” di tutto il pianeta, le persone “in esubero” venivano costantemente scaricate in territori “pre moderni”, e riconvertite in coloni, soldati o personale dell’amministrazione coloniale. Da metà del Novecento il flusso migratorio ha invertito direzione: da centrifugo si è fatto centripeto rispetto all’Europa. I migranti dell’era post coloniale hanno cambiato e stanno tutt’ora cambiando le proprie strategie di sopravvivenza visto che quelle tradizionali sono state distrutte dalla modernizzazione trionfante promossa dai loro ex colonizzatori e puntano a fare il nido negli interstizi delle economia di questi ultimi. La guerra alla povertà andava lanciata dai politici con mezzi politici. Al di là della “destra” e della “sinistra”. Nella società “solida” il capitale aveva bisogno del lavoro, ma anche il lavoro aveva bisogno del capitale. Questo a tutti e tre gli attori “capitale, lavoro, stato” sembrava un compromesso ragionevole. D’altra parte Winston Churchill aveva sentenziato: “La democrazia è il miglior sistema politico, se si escludono tutti gli altri.” Ma oggi, con la ricchezza in mano a pochissimi che governano i mercati finanziari (ricordate il film “Una poltrona per due”?”), e tutti gli altri trattati alla stregua solo di consumatori (qualcuno li ha pure definiti “consumattori”, come fossero i protagonisti dell’atto dell’acquistare e di tutto quello che gli sta dietro e non invece indotti al consumo per celebrare le cattedrali moderne: i centri commerciali), la società si è fatta “liquida”. E i posti di incontro sono i “non luoghi”: centri commerciali, ipermercati, multisale ecc. “Noi abitanti umani della terra siamo, come mai prima d’ora in una situazione di aut aut. Possiamo scegliere se prenderci per mano o finire in una fossa comune.” Conclude Bauman. E davvero in una società dove siamo liberi solo di consumare e impera il sovranismo, la democrazia è a fine corsa. Sempre in tema di memoria del Novecento, il secolo breve come qualcuno lo ha chiamato, è consigliabile leggere un libro di uno storico che riflette sulla sua peggiore delle tragedie, il nazifascismo. Tony Judt, “L’età dell’oblio. Sulle rimozioni del ‘900” è un autore inglese. Dal sito che lo recensisce leggiamo: “In un flusso narrativo ininterrotto Judt fa il punto su quanto accaduto in Europa dal 1945 ad oggi: con troppa sicurezza e poca riflessione ci siamo lasciati alle spalle il Ventesimo secolo e ci siamo affrettati a liberarci dal suo bagaglio  economico, intellettuale e istituzionale. Non abbiamo fatto in tempo a lasciarcelo alle spalle, che i suoi dissidi e suoi dogmi, i suoi ideali e le sue paure stanno già scivolando nelle tenebre dell’oblio. Non solo non siamo riusciti a imparare granché dal passato ma ci siamo convinti – nelle previsioni politiche, nelle strategie internazionali, persino nelle priorità educative – che il passato non ha nulla di interessante da insegnarci. Sulla base del principio che quello era allora e questo è adesso, tutto quanto avevamo imparato dal passato non andava ripetuto. Il nostro – insistiamo – è un mondo nuovo; i rischi e le opportunità che ci offre non hanno precedenti.” Già, e come la mettiamo con l’America First di Trump e il nucleare della Corea del Nord? Se vogliamo comprendere il mondo nel quale viviamo dobbiamo conoscere quello dal quale siamo appena usciti. “Il passato recente potrebbe accompagnarci ancora per qualche anno. Questo libro è un tentativo per renderlo più comprensibile.” Dall’Olocausto alla spinosa questione del “male” nella comprensione del passato europeo, dall’ascesa e declino dello Stato a quello degli intellettuali del Novecento, Tony Judt stila un compendio delle cieche illusioni dei nostri anni.


Buono da mangiare



Ora che l’agricoltura, con gli annessi e connessi, o anche “agricultura”, l’enogastronomia, il turismo gastronomico e il nutrizionismo e la dietetica sono argomenti sempre più presenti sui quotidiani a stampa, in piena era del web dove pure si parla di questi argomenti, indicando nei social la via più diretta per interessare i millennials, ancora non sappiamo se le abitudini alimentari siano veramente frutto di un’ottimizzazione delle risorse e se questa ottimizzazione sia buona per tutti. Le abitudini infatti sono cambiate nel tempo, basti pensare ai riti sacrificali del maiale, all’hamburger del fast food di Ray Kroc, poi diventato McDonalds’, al consumo di polli allevati in batteria sempre negli Usa per alimentare un’altra insegna di fast food, Burger King, alla vacca sacra dell’India e al conseguente maggior consumo di latte, latticini e pesce, ai mangiatori di insetti del Terzo Mondo (e nella Storia Naturale di Plinio risulta che anche i Romani mangiavano insetti), all’ippofagia del Medioevo, all’allevamento di maiali in Mesopotamia. Tutto questo è raccontato  in un volumetto dell’antropologo Marvin Harris, “Buono da mangiare” con il sottotitolo: “Enigmi del gusto e consuetudini alimentari” per i tipi di Einaudi, e che già nel 1985  individuava nella fame di carne e nel consumo di soia, formaggi, vegetali a foglia verde, latte e anche perché no, insetti, modelli di alimentazione ottimale, anche se ottimale, sottolinea, non significa ottimizzazione. Gli animali capaci di trasformare le granaglie di cui si nutrono in carne “buona da mangiare” sono un esempio di ottimizzazione. Ottimale è invece quando ciò che è buono da vendere è anche buono da mangiare. “Per mangiare meglio dobbiamo saperne di più sul cibo in quanto nutrimento, come dobbiamo saperne di più sul cibo in quanto profitto. E solo in seguito saremo veramente in grado di saperne di più sul cibo in quanto pensiero.” conclude Harris dopo aver passato in rassegna nei vari capitoli tutti i cibi di cui si nutrono gli uomini a ogni latitudine.

venerdì 9 marzo 2018

Il populismo che fa male alla nostra agricoltura



Paesi sovranisti ora che il mondo è diventato globale? Pensa globale e agisce locale (glocal) si diceva una volta. Oggi veramente il mondo è diventato un piccolo villaggio e più che mai tutto il mondo è paese. Soprattutto dal punto di vista dell’alimentazione. La pizza come patrimonio Unesco dell’umanità è stata ratificata a Seoul, in Corea del Sud, là dove vivono sotto la minaccia costante di un pazzo che un giorno sì e l’altro anche vorrebbe misurarsi a suon di missili con gli Usa di Donald Trump. Ora chi sia tra i due il peggiore, America First è lo slogan del presidente americano, non si sa. Ma intanto il mercato dappertutto è diventato senza limiti. E non si sa più se valga la cura dello Stato con i suoi confini, le sue realtà e le sue, o quella del libero mercato teorizzato da Adam Smith nell’Ottocento. Intanto noi siamo tornati ad essere quelli d’o sole o mare e pizza e tarantella, alla faccia dei tanti prodotti alimentari dop, doc e docg (formaggi, salumi e vini su tutti), ratificati così dall’Unione Europea, che ci farebbero davvero fare il salto di qualità nelle esportazioni con un’adeguata comunicazione della loro eccellenze. Ma in giro per il mondo ci sono ancora realtà che muoiono di fame, come i marocchini che attraversano il mare per avere un chilo di farina. E a loro non importa come da noi, mondo dei ricchi, se la farina sia integrale, di farro, di kamut o senza glutine, basta poter dare qualcosa da mangiare ai loro figli.