mercoledì 14 dicembre 2011

Metodo italiano ma bollicine russe

E’ notizia di oggi, pubblicata dal Sole 24 Ore, che i russi siano interessati a comprare Gancia, nome simbolo dell’Asti Moscato con cui generazioni di italiani hanno festeggiato e festeggiano tuttora, e azienda di Canelli tra le più importanti del settore. Il fatto è che gli spumanti sono diventati un fenomeno, attuale da sempre, ma da qualche anno di massa e che, con il successo di quelli italiani, il mondo delle bollicine si identifica sempre più con lo stile “made in Italy”, molto amato nel mondo. Non è un caso che questi vini, soprattutto all’estero, fino ad ora non abbiano sentito la crisi, soprattutto in questo periodo, quando, nei 24 giorni delle Feste se ne consuma oltre il 60%. Tra le varie etichette prodotte in Italia ci sono però delle grandi differenze fra vini, tipologie, metodi, territori, vitigni, Doc e Docg. La diversità più evidente è quella che riguarda i due metodi di spumantizzazione, la presa di spuma in bottiglia, da sempre definita “metodo classico”, di cui il primo esempio di Doc in Italia è il Trentodoc, e altre ottime bottiglie si producono in Franciacorta, regione emergente nel settore, ma anche in Altalanga e in Oltrepo Pavese con un recentissimo prodotto, il Cruasè; e quello della fermentazione in grandi recipienti di acciaio, che una volta si chiamava “charmat” e oggi gli addetti ai lavori preferiscono indicare come “metodo italiano”. E ciò per sottolineare le caratteristiche dei nostri produttori che in questi ultimi anni si sono distinti per aver prodotto degli spumanti che sono un classico sulle tavole natalizie, dal gusto moderno e giovane e, per quanto riguarda le vendite all’estero, appunto “italiano”. La capacità imprenditoriale delle nostre case spumantistiche, di cui l’editore Carlo Cambi ha pubblicato un Atlante uscito oggi, ha dunque determinato effetti rilevanti in un mercato in forte crescita. Tanto da suscitare gli appetiti esteri. Però, come si dice, oggi ormai si mangia (e si beve) locale, ma si pensa globale.

martedì 13 dicembre 2011

Natale, c'è chi ci vuole a pancia vuota

Certo ieri c'era lo sciopero generale della Cgil contro la manovra e oggi, 13 dicembre, tanti giornali, i più importanti non sono usciti.  Ma mettere in primo piano nella newsletter del Club Papillon questa notizia, sembra di questi tempi un po' provocatorio: "Addio lasagne a Natale, è arrivato il tempo della cucina pensatoio. La provocazione questa mattina arriva sulla prima pagina de Il Foglio, lanciata da Annalena (messa così senza cognome come se tutti dovessero, conoscerla: aggiungo io il cognome, Benini, e per chi volesse sapere chi è anche il link al suo profilo: www.ilfoglio.it/redazione/30) che sottolinea come siano ormai diventati impopolari i menu con puré e cotechino (e qui la redazione del Club Papillon inserisce una foto da Gentleman Class) colpa della scarsa riflessione alla base di questi piatti. 'Il pranzo perfetto - scrive Annalena - è stato ideato dai più grandi cuochi del mondo nel corso di estenuanti riunioni in Giappone: tanti uomini riflessivi ed eleganti, chef star con ciuffi, frangette, manichette arrotolate' (manichette arrotolate?). Il risultato è quello di trovarsi di fronte a un nuovo tipo di cucina, la cucina pensatoio: 'è un pranzo lussuosamente sobrio - continua Annalena - e molto tecnico (i cuochi hanno centinaia di stelline) che offre la grande opportunità di lasciare i piatti mezzi vuoti".  E voi da che parte state: cucina pensatoio o cucina da 'pancia piena'? Com'è cambiata la cucina di Natale? Ne parliamo oggi sul blog barbabietola."
Il pranzo di Natale sarà sicuramente cambiato, come tutto a questo mondo, ma della "cucina pensatoio" non ne sentivamo proprio il bisogno. Immancabile, arriva comunque sul blog il commento di un molto probabile ristoratore, tale bistek, che propone il suo menu, lunghissimo e pieno di portate caloriche, inclusa una "carne bistek" (da qui il sospetto che si tratti della lista di un locale). E Paolo Massobrio, peraltro stimatissimo (anche da me) critico enogastronomico del Club Papillon, rincara la dose: "ma, bistek, a chi interessa - scrive - un menu così?" Forse a persone che quando si mettono a tavola hanno appetito? O lo stomaco vuoto è adesso un optional? E poi che ne è stato del famoso detto che la "virtù sta nel mezzo" ? E che dei gusti non si discute? Va bene, era una provocazione, e io ci sono cascata. D'altra parte, il sottotitolo del mio blog è "il pane e le rose", ovvero nessun pensa bene a pancia vuota, ma quando è sazio può dedicarsi felicemente anche ad altro. Ma di provocazione enogastronomica, inutile, in provocazione, non si perderà di vista il fine fondamentale dell'atto del mangiare?

domenica 11 dicembre 2011

La crisi. Ne parlo per non parlarne

Come ho visto l'altro giorno su paperogiallo.net, anche autorevoli blogger enogastronomici si sentono in dovere di spendere qualche parola sull'angoscia in cui li sta gettando la crisi dell'euro (un po' come Giorgio Armani che ha confessato che le difficoltà economiche di Italia ed Europa non lo fanno dormire la notte, e come Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, cui le polveri sottili che inquinano la città hanno tolto il sonno, come si è sentito in dovere di dire, e intanto le misure prese sono pannicelli caldi). Io invece sottoscrivo piuttosto le parole di  Michele Serra sull'Amaca di Repubblica di qualche giorno fa. Mi fa molto più paura il fatto che ci abbiano costretti a parlare di spread, bund, credit crunch ecc., senza nemmeno sapere cosa siano. Che ci costringano ad occuparci dell' economia e dei suoi disastri anche nelle nostre private conversazioni. Che la gente dimostri di avere una preoccupazione al di fuori della sfera delle sue concrete possibilità di intervento. C'è il debito? Come ha detto Serra, paghiamolo (chi può), e poi andiamocene però a fare una passeggiata nei boschi, una gita al mare o sulla neve, ad occuparci del nostro io fisico che ha molto più da dire di queste questioni metafisiche (come la scienza economica). Che tanto poi chi se ne preoccupa ha evidentemente qualcosa da perdere, e quindi  qualcosa con cui pagare, mentre di chi non mette insieme il pranzo con la cena non si preoccupa nessuno, se non per tartassarlo ancor di più.

venerdì 2 dicembre 2011

Con tutte quelle, tutte quelle bollicine...

Leggevo in questi giorni sul Corriere della Sera che il momento, ancora lontano dalle Feste di fine anno, è il più propizio per fare la scorta di spumante. I supermercati ce l’hanno in assortimento, soprattutto il Prosecco, un po’ tutto l’anno e in questo periodo, i primi di dicembre, lo vendono ai prezzi migliori. Insomma, aspettiamo ancora un po’ a comprare il panettone, ma riforniamo la cantina in vista di Natale e Capodanno. In particolare io sono affezionata al Prosecco delle Cantine Produttori Valdobbiadene (CPV), che non so se sia Superiore, ma mi piace molto. Il prezzo non lo ricordo, ma sta in una media accettabile. D’altra parte più di due bottiglie, una per il 25 e una per il 31, non ne compro. E anche il resto degli italiani, secondo Assoenologi fanno lo stesso (3,5 bottiglie consumate contro le 5 o le 6 di altri Paesi europei). Forse i nostri connazionali ne bevono anche nei locali e nei ristoranti: difatti la produzione di Prosecco Conegliano Valdobbiadene (Tv), di cui adesso oltre al Superiore c’ anche la Doc (denominazione di origine controllata) e la Docg (anche garantita) è cresciuta dal 2013 del 40% (pare si arriverà presto ai 400 milioni di bottiglie, ma i dati ufficiali saranno noti il 17 dicembre). Uno sviluppo così impetuoso è dovuto però soprattutto, come dicevamo all’inizio, alle strategie commerciali della moderna distribuzione, e all’export. Lo spumante è infatti visto come un vino giovanile che piace molto per esempio negli Usa, dove lo considerano un valido sostituto dello Champagne, anche se in molti sappiamo bene che non è così, che gli costa oltretutto molto meno. Crisi o non crisi le cose stavano in questo modo già da tempo. Adesso vedremo come andranno le vendite per queste Festività. In un prossimo post, gli altri spumanti che produciamo.  

mercoledì 30 novembre 2011

Ritorna Terra Madre Day

Il 10 dicembre i soci Slow Food e gli aderenti alla rete di Terra Madre in tutto il mondo si uniranno idealmente per celebrare il Terra Madre Day. Festival gastronomici, cene a tema, mercati contadini, eventi culturali e conferenze sono solo alcune delle iniziative programmate nella terza edizione della giornata mondiale promossa da Slow Food per celebrare il cibo buono, pulito e giusto prodotto localmente. Al momento sul sito slowfood.it/terramadreday sono registrati più di 600 eventi in 110 Paesi che vedranno oltre 100 mila persone coinvolte, ma il numero continua a crescere di ora in ora.

mercoledì 23 novembre 2011

La fame nel mondo e il miliardo di obesi (poveri) dei Paesi ricchi

Pensate a quanto cibo, ancora buono da mangiare, avete buttato nella spazzatura in questi ultimi anni, quando il benessere generale delle popolazioni dell’Occidente ricco ci aveva autorizzati a pensare che non fosse più possibile morire di fame. E in effetti di fame, in Europa e in America del Nord, non si muore più. Ci si ammala, piuttosto, di gravi patologie legate all’obesità, perché si mangia troppo. O si mangia male: troppi grassi saturi, troppo sale, troppi zuccheri, troppi fritti. Insomma un paese del bengodi che dovrebbe essere riservato alle piccole trasgressioni dei bambini. Invece molti, troppi, anche ragazzi e adulti, si nutrono così (e non solo perché gli piace, ma perché non hanno alternative serie e praticabili, anche come costi: in tutto questo l’industria alimentare non c’entra proprio nulla?). E risultato è che abbiamo circa 1 miliardo di obesi. Sull’altro versante, quello dei Paesi in cui si muore ancora di fame, questi sono gli ultimi dati del World Food Programme della Fao, resi noti in occasione del Forum Barilla, in corso in questi giorni, sulla nutrizione. Le persone che soffrono la fame sono oggi 1,02 miliardi, 147 milioni di persone in più rispetto al 2006. La fame affligge circa il 16% dell’intera popolazione mondiale. Il più alto numero di persone malnutrite vive in Asia (566,2 milioni), pari al più del doppio di quelle che vivono in Africa (217 milioni), e questo a dispetto della fenomenale crescita economica della Cina (certo, la popolazione dell’Asia è maggiore, ma quanti cinesi stanno beneficiando effettivamente del boom?). In America Latina vivono 45 milioni di persone malnutrite. A livello mondiale il 53% delle morti di bambini al di sotto dei 5 anni sono legate alla malnutrizione. La carenza di vitamina A, contenuta in verdure e cereali, causa 800.000 morti l’anno tra donne e bambini. Sono le “distorsioni del progresso”, commentano alcuni opinionisti del Forum. Progresso?


Re Panettone

Milano festeggia, sabato 28 e domenica 27 novembre, il simbolo più dolce, più conosciuto e apprezzato della sua tradizione, il panettone. Presso lo Spazio ex Ansaldo, in via Bergognone 34, prenderà il via la quarta edizione di Re Panettone. Due giorni di degustazioni e intrattenimento, a ingresso gratuito, che metteranno a confronto 35 tra i migliori maestri pasticceri d’Italia. La manifestazione è organizzata dall’Associazione Amici del Panettone, con il patrocinio dell’assessorato al Commercio, Attività produttive, Turismo, Marketing territoriale del Comune di Milano, il cui titolare ricorda che "Questo dolce, conosciuto in tutto il mondo, è una ricetta della tradizione meneghina insignita della denominazione d’origine comunale a tutela della sua produzione e della sua peculiarità”.
Molti i produttori che hanno deciso di aderire alla grande esposizione di panettoni artigianali, tra cui: Achille Zoia di Concorezzo (Mb), Vincenzo Santoro di Milano, Luca Montersino di Alba (Cn), Sal De Riso di Tramonti (Sa), Claudio Gatti di Tabiano (Pr), Paolo Sacchetti di Prato, Alfonso Pepe di S. Egidio Monte Albino (Sa), Emanuele Lenti di Grottaglie (Ta). Presenti anche quest’anno pasticceri d’oltreconfine: i Fratelli Buletti, di Airolo Canton Ticino, in Svizzera. Parteciperà all'iniziativa anche la Cooperativa sociale Giotto, di cui fanno parte i detenuti del carcere di Padova che, da alcuni anni, hanno intrapreso il mestiere di pasticcere. In questa occasione i panettoni in mostra si potranno  acquistare al prezzo speciale di 19 euro, anziché 25 euro al chilo o più, secondo i prezzi correnti delle pasticcerie.


martedì 22 novembre 2011

Aiuti agricoli (Pac) e ambiente

Aiuti agricoli ai contadini europei e questione ambientale. Le implicazioni sono innumerevoli e se ne parla da tempo sui principali quotidiani economici che si occupano, anche, di agricoltura. Questo pomeriggio si è svolta a Bruxelles la tavola rotonda sul greening della politica agricola promossa dall'On. Luis Capoulas Santos, relatore delle principali proposte di regolamento contenute nel pacchetto legislativo della Pac (gli aiuti agricoli comunitari) post 2013.
All'iniziativa sono intervenuti il commissario europeo all'agricoltura Dacian Ciolos, il presidente della Cogeca Paolo Bruni, il vice-presidente degli agricoltori portoghesi Luis Martins, il capo affari pubblici Eame Syngenta Alan Quintart e il direttore dell'istituto europeo per le politiche ambientali IEEP David Baldock.


 Alla presentazione del Commissario Ciolos che ha ricordato il contenuto delle proposte legislative formulate a ottobre sull'inverdimento della Pac, il presidente di Cogeca ha replicato: "Condivido la necessità espressa da Ciolos di non tenere separati gli aspetti economici da quelli ambientali, ma ribadiamo la nostra preoccupazione in particolare sull'aumento dei costi che tali norme implicheranno e sulla conseguente ricaduta negativa sulla competitività dell'agricoltura europea rispetto ai partner internazionali". Sottolineando come gli agricoltori europei rispettino già oggi oltre 50 normative in materia di protezione ambientale, Bruni ha concluso che “Copa e Cogeca (le cooperative agricole europee) stanno elaborando alcune proposte alternative volte a conciliare l'esigenza di rafforzare la legittimità dei pagamenti diretti con quella di una crescita verde che migliori l'efficacia dell'utilizzo delle risorse e l'adattamento ai cambiamenti climatici".

giovedì 10 novembre 2011

I vini bianchi nel mondo

VINI BIANCHI DI ECCELLENZA, SE NE PARLA A GORIZIA
Cosa pensa dei vini bianchi italiani il mondo, dagli Stati Uniti al Regno Unito fino all’Asia?
A Gorizia si parla del futuro di un comparto fiore all’occhiello del Collio e di molte regioni italiane
Sabato 12 novembre -  h. 15.00  - Aula Magna Polo Universitario Via Alviano, 18 – Gorizia

Vini bianchi d’eccellenza: a Gorizia un summit internazionale di alto livello su export e turismo. Dopo anni in cui tutto pareva tinto di “rosso” è ora tempo di rivincita per l’enologia in bianco. E l’area scelta per parlare della situazione di questa fetta di mercato in forte crescita (il comparto secondo Assoenologi rappresenta il 55% del totale dei consumi, mentre i vini rossi e rosati sono scesi al 45%) non poteva che essere quella del Collio, fiore all’occhiello nella produzione dei vini bianchi di qualità.  L’incontro, cui parteciperanno alcuni protagonisti del settore, dal Regno Unito agli Usa, si terrà domani 12 novembre, alle ore 15.00 presso l’aula magna del Polo Universitario di Gorizia in via Alviano 18. L’appuntamento è organizzato dal Consorzio Tutela vini Collio e Carso con il supporto della Regione Friuli Venezia Giulia.

sabato 5 novembre 2011

Golosaria Milano

Si è aperta oggi con, tra gli altri eventi, "La cucina degli avanzi in Lombardia", a cura dello chef Matteo Scibilia, Golosaria Milano, la rassegna enogastronomica di Club Papillon, un circolo di "golosi" molto seguito e amato anche sul web (attraverso il sito www.clubpapillon.it e il blog barbabietola) Talk show, premiazioni, show cooking, libri, i produttori di cibo artigianali del Golosario, i migliori 100 vini d'Italia (Top Hundred) selezionati da Paolo Massobrio e Marco Gatti e molto altro animano questa festa all’Hotel Melià di Milano per tre giorni, oggi sabato 5 novembre, domenica e lunedì. In mostra per tutta la durata della manifestazione anche la “Faccia Giovane dell’Agricoltura Lombarda” a cura di Regione Lombardia. Prossimo appuntamento, il 20-21 novembre a Torino.

lunedì 31 ottobre 2011

Danni al territorio, meglio prevenire

Incontro di Agriturist (Confagricoltura) sabato 5 novembre alle 11.00,
Sala Cinese della Reggia di Portici (Napoli), sulla sicurezza del territorio,
dei beni culturali, del turista.
Agriturist accoglie con soddisfazione l'impegno del ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di rendere finalmente disponibili i fondi (circa 2,5 miliardi di euro) già stanziati nel 2009 per gli interventi più urgenti in difesa del suolo e (chissà per quale ragione, vista l'urgenza del problema) fino ad oggi inutilizzati. Positivo è anche l'annuncio che, per mettere in sicurezza il parco archeologico di Pompei, sono finalmente in arrivo 105 milioni euro dall'Unione Europea. Ma Agriturist sottolinea la necessità di superare la logica del "meglio tardi che mai", attuando finalmente una tempestiva politica di prevenzione delle frane e delle inondazioni, tenuto conto del fatto che riparare costa molto più che prevenire.
Di questi temi si parlerà nell'incontro su "Il Bel Paese maltrattato - Pompei un anno dopo", organizzato da Agriturist in collaborazione con la facoltà di agraria dell'Università "Federico II" di Napoli, Sabato 5 novembre alle ore 11.00,  presso la Reggia di Portici (Napoli), Sala Cinese, Via Università 101. Oltre al presidente di Agriturist, Vittoria Brancaccio e al preside della facoltà di agraria, Paolo Masi, parteciperanno: Roberto Ippolito, autore del libro "Il Bel Paese maltrattato" ed Enzo Feliciani, segretario nazionale della UIL per i Beni Culturali. Coordinerà il dibattito il giornalista de "La Repubblica", Carlo Franco.

domenica 30 ottobre 2011

“Coproduttori” o cittadini attivi?

Stop al consumo di territorio: un altro successo del marketing? Marx l’aveva (pre)detto: il capitalismo sarà sempre più capace di assorbire e disinnescare la portata dei movimenti di rivolta, come ha fatto anche con il Sessantotto, quando i giovani che volevano la fantasia al potere sono diventati non solo soggetto di nuovi consumi (i jeans, la musica rock ecc.) sui quali il capitalismo ha continuato a incamerare profitti, ma anche un oggetto stesso di consumo (per i cinquantenni d’oggi la parola d’ordine è essere forever young, per piacere di più). E’ così anche oggi quando ogni antagonismo, ogni lotta, ogni protesta, ogni movimento cerca la sua vetrina mediatica che risponde alle regole dello spettacolo e, appunto, del marketing. In questo caso il marketing dei "professionisti" dell’ ecologia. Come è successo con l’Assemblea di ieri durante il Forum Salviamo il Paesaggio Difendiamo i Territori. Il consumo di suolo è in continuo aumento (più 50.000 ha all’anno per una superficie cementificata di 2.350.000 ha, il 7,6% del territorio nazionale (teniamo presente che la nostra Penisola è formata da numerosi rilievi non edificabili). Ok, questo è un problema, anzi è forse, visti gli interessi in gioco, “il problema italiano”. Riduttivo (ma forse è proprio questo che si vuole fare, ridurre, limitare)  e anche inutile però, come ha fatto ieri Carlo Petrini a Cassinetta di Lugagnano, sostenere che i giovani debbano tornare a coltivare la terra, inutile invitare ai consumatori a diventare coproduttori per sottrarre il cibo al destino della commodity, cioè di merce talmente di base che ormai non costa quasi più nulla, per restituirgli il valore che merita in quanto “cibo buono, pulito e giusto” come recita lo slogan di Slow Food. Chi deciderà quando un cibo è veramente buono, che è pulito, che è giusto? Questi sono giudizi soggettivi. Per Petrini magari è buono il cibo dei suoi Mercati della Terra, presenti anche ieri a Cassinetta di Lugagnano, mentre non erano previsti banchetti degli agricoltori del Parco Sud Milano, i veri interessati al consumo di suolo fertile della zona. Il valore, inoltre, è e sarà sempre quello di mercato, cioè la risultante dei rapporti tra domanda e offerta e dei rapporti di forza tra capitale e forza lavoro. Più utile invece eleggere - è con il voto che un cittadino partecipa alla democrazia rappresentativa - amministratori seri che, come sta facendo con successo Domenico Finiguerra, rinuncino agli oneri di urbanizzazione a favore di un uso più razionale del territorio, opponendosi con forza a interessi estranei non solo alla buona gestione del Comune ma anche all’economia stessa. Sono i cittadini, e non i consumatori, pagando anche di più di tasca propria (eventuali altre tasse a compensazione degli oneri cui si rinuncia pur di non far cementificare ancora), i soggetti attivi della convivenza civile, lasciando che i produttori facciano la loro parte secondo le regole dell’impresa.     

sabato 29 ottobre 2011

Salviamo il territorio per salvare (anche) l’agricoltura

Si sta svolgendo oggi la prima Assemblea Nazionale “Salviamo il paesaggio, Difendiamo i territori” nel comune di Cassinetta di Lugagnano, alle porte di Milano, il luogo simbolo della lotta al consumo del territorio portata avanti dal suo sindaco Domenico Finiguerra, di cui questo blog ha parlato in un post dello scorso gennaio. “Stop al consumo di territorio” è il suo slogan e la pratica è quella di non costruire più ristrutturando l’esistente, per una migliore qualità della vita dei cittadini, con più verde e meno cemento, e per la salvaguardia del territorio, il cui dissesto idrogeologico provoca ancora sciagure come quelle di adesso in Liguria, che ha distrutto le Cinque Terre. E per la tutela dell’agricoltura, cui lasciare più terra per quell’attività, ha scritto Carlo Petrini su La Repubblica, che continuerà e essere fondamentale per continuare a garantirci la vita. Ma che è stata “lasciata per troppo tempo e con troppo potere in mano a un sistema agroindustriale globale che ha finito con il metterla in ginocchio, prima nei paesi poveri e ora anche in quelli ricchi. E sempre con effetti nefasti per ambiente, contadini e consumatori.” Il dibattito è aperto e ora ne parlano anche in questo Forum, cui sono presenti oltre a Petrini, anche altri rappresentanti del mondo agricolo come Vittoria Brancaccio, presidente di Agriturist. In particolare, sarà discussa e poi avanzata una proposta di legge popolare (che si può richiedere via mail all’indirizzo info@stopalconsumoditerritorio.it )

giovedì 27 ottobre 2011

Il prosciutto da laboratorio

La "semplice" manipolazione genetica? Superata. Il rischio pare ora quello che le multinazionali del cibo, ha raccontato oggi la trasmissione  di Rai3 Leonardo, dal brevettare appunto le manipolazioni, realizzando piante a animali Ogm, passino direttamente a brevettare le piante e gli animali stessi. Per ora l'Epo, l'Ufficio Brevetti Europeo di Monaco di Baviera, avrebbe rifiutato la richiesta, già pervenuta, di brevettare dei maiali. Ma l'intenzione sembra proprio quella di ottenere il brevetto, ossia la proprietà, dei geni dei cibi più convenzionali, dal pomodoro al riso. Chi si preoccupava di dover un giorno, dato ormai da più fonti per molto prossimo, di mangiare la bistecca prodotta in laboratorio, adesso ne ha la quasi certezza. 

Cibo, lusso per pochi?

Il 31 ottobre saremo, sulla terra, 7 miliardi. Quel grande successo del marketing che è il boom delle eccellenze agroalimentari metterà la terra in grado di fornire cibo a tutti? Per ora ne alimenta un grande spreco (10 milioni di tonnellate, secondo un sondaggio Swg per Coldiretti, buttati ogni anno solo in Italia), come si è  visto al Forum dell’agricoltura di Como del 21 ottobre. Mentre altri agricoltori insistono sulla necessità di aumentarne la produzione proprio per sfamare tutti. A Varsavia, il 26, durante la 35° Conferenza agricola Nord America-Europa, si è discusso anche di questo. Ecco la sintesi dell’intervento di Paolo Bruni del Cogeca, l’organizzazione delle cooperative degli agricoltori europee. 



 A Varsavia i rappresentanti del mondo agricolo di Europa e Nord America si confrontano su come fronteggiare la crescente domanda di cibo su scala globale. Bruni (Cogeca) sottolinea necessità di riequilibrare valore catena alimentare.
(26 ottobre 2011) Nel corso di un'importante conferenza tenutasi oggi a Varsavia, i leaders del mondo agricolo di Europa e Nord America hanno unito le proprie forze per sottolineare il bisogno di assicurare una sempre maggiore sicurezza alimentare e la necessità di aumentare la produzione agricola per fronteggiare la crescente domanda di cibo su scala globale.
Parlando alla conferenza, il Presidente della Cogeca Paolo Bruni ha osservato: “la domanda di generi alimentari su scala globale è destinata ad aumentare del 70% entro il 2050 e la produzione agricola è costantemente minacciata dalle condizioni climatiche avverse, oltre che dalla progressiva contrazione della terra coltivabile. Garantire la sicurezza alimentare, quindi, non è mai stato così importante come oggi. Quasi ognuno dei relatori intervenuti qui a Varsavia ha sottolineato questi concetti. La sfera politica ha quindi la responsabilità di garantire la sicurezza alimentare per le prossime generazioni e di assicurare allo stesso tempo che i produttori agricoli abbiano un futuro. I produttori e le loro famiglie compiono ogni giorno uno sforzo enorme per contribuire all'economia e alla vitalità delle aree rurali in tutto il mondo. Questo sforzo deve essere riconosciuto”.
I rappresentanti del mondo agricolo europeo e nord americano si sono inoltre pronunciati in merito all'enorme potere contrattuale della grande distribuzione organizzata, concordando sulla necessità di rafforzare la posizione dei produttori e delle cooperative agricole all'interno della catena alimentare e sul bisogno di perseguire un sempre maggior ritorno di reddito dai mercati. A questo proposito, il Presidente Bruni ha ribadito che “è cruciale rafforzare la posizione delle organizzazioni di produttori, come le cooperative, all'interno della catena del valore, in modo da permettere loro di fronteggiare il costante aumento della domanda di cibo. Per questo, riteniamo che le regole europee sulla concorrenza debbano essere adattate alla necessità di permettere alle organizzazioni di produttori di crescere in termini di dimensioni e massa critica”.
“E' fondamentale - ha concluso Bruni - tramandare alle generazioni future un'agricoltura europea che sia efficiente, dinamica e competitiva, oltre che pronta a garantire sia la sicurezza alimentare, che una produzione adeguata ai nuovi e crescenti bisogni della popolazione mondiale. Per tutte queste ragioni, è necessario vi sia un adeguato stanziamento di bilancio per la politica agricola comunitaria post 2013 e ci appelliamo alle istituzioni perché tengano presente tale necessità”.

giovedì 6 ottobre 2011

16 ottobre giorno di semina collettiva

In Lombardia e Toscana i posti sono già esauriti, ma in altre aziende agricole biologiche dal Piemonte alla Puglia (l’elenco completo è su www.seminareilfuturo.it) ci si può ancora iscrivere gratuitamente per partecipare alla giornata di semina di cereali di domenica 16 ottobre. Ogni partecipante riceverà una misura di grano da seminare a mano insieme a decine di altre persone. La semente è biologica e biodinamica, frutto di una selezione che rinuncia all’uso degli ibridi e alla manipolazione genetica per ottenere piante sane, robuste e riseminabili. L’iniziativa arriva per la prima volta in Italia grazie a EcorNaturaSì. L’evento è nato in Svizzera grazie a Peter Kunz e oggi, giunto alla sesta edizione, è proposto in 13 Paesi del mondo. Nelle aziende agricole partecipanti, le famiglie che spargeranno a mano i semi potranno veder crescere nel tempo il frutto del loro lavoro: un messaggio per un avvenire senza Ogm e a sostegno della sovranità alimentare.   

mercoledì 5 ottobre 2011

Il senso (perverso) della gastronomia

Il vero lusso oggi è? “La fame”, ha risposto a D La Repubblica delle Donne Will Self, uno scrittore e giornalista inglese. “Perché, senza, - ha spiegato - il cibo sa di merda, ragion per cui nell’Occidente ricco la gastronomia è una perversione”. Gastronomia la cui ultima trovata in ordine di tempo è la realizzazione di due panini firmati da Gualtiero Marchesi per McDonald’s . Il “grande vecchio” della cucina italiana ha dichiarato di averlo fatto per portare l’alta gastronomia ai giovani. I quali, evidentemente, se hanno fame, non gli resta che sfamarsi al fast food. Marchesi ha anche detto: “Se non è rivoluzione questa!”. Rivoluzione?

mercoledì 7 settembre 2011

Se in vacanza si mangia a casa

E come c’era da aspettarsi, non per aver voluto fare le Cassandre ma semplicemente perché la crisi economica è talmente grave da aver fatto richiedere interventi rapidi e incisivi al governo italiano da parte delle maggiori istituzioni monetarie europee, anche il turismo ne ha risentito (tutti i dati per paragonare il calo dei flussi vacanzieri del 2011 sul 2010 sono stati resi noti da Agriturist: www.agriturist.it). A farne le spese è stata soprattutto la ristorazione (e il relativo comparto agroalimentare avrebbe perso quest’estate 30 milioni di euro), perché il turista quest’anno, e la conferma viene da dati Nielsen pubblicati anche da www.gdoweek.it, se ancora si è concesso un periodo di vacanze, avrebbe consumato i pasti soprattutto a casa (l’indagine di mercato segnala infatti in crescita solo la spesa nei supermercati delle località turistiche). Di fronte agli scenari preoccupanti determinati dal calo dell’occupazione in generale (e dalla leggerezza delle buste paga di chi ancora lavora) questa potrebbe sembrare una questione marginale. Ma la scomparsa della ristorazione media, che è un dato di fatto per esempio a Milano, a favore di localini ultrachic da un lato e di fast food dall’altro (possibile che in pieno centro, piazza Duomo e Galleria, sopravvivano due di questi esercizi stile anni Ottanta alla faccia del Salotto dei milanesi?), non è un sintomo di come non ci sia più spazio per chi desideri ancora mangiare bene a prezzi umani (e per chi voglia mettere su un’impresa nel settore senza strafare)?   

venerdì 29 luglio 2011

Turismo: sedi decentrate inutili

Ecco uno spunto su cui riflettere durante le vacanze. Secondo la Costituzione, il turismo è materia di competenza esclusiva delle Regioni. La sede decentrata del ministero aperta a Monza e la prossima prevista a Napoli non hanno alcun potere per avvicinarsi ai cittadini, rafforzare i legami col territorio, dare assistenza agli operatori. La puntualizzazione arriva da Agriturist, associazione di Confagricoltura per lo sviluppo dell'agriturismo e del turismo rurale, che si dichiara esterrefatta dalle dichiarazioni del ministro Brambilla a proposito delle funzioni delle sedi decentrate che servirebbero a "rafforzare il legame col territorio", "avvicinarsi sempre di più ai cittadini", "essere sul campo al fianco dei nostri bravi operatori". Le affermazioni del ministro del Turismo - prosegue la nota di Agriturist - ignorano che al Dipartimento spetta esclusivamente il coordinamento generale delle politiche turistiche regionali, la promozione complessiva del "prodotto" Italia sul mercato delle vacanze, la rappresentanza nell'ambito delle istituzioni internazionali di settore. 

venerdì 24 giugno 2011

Se il cibo è cultura, che fine ha fatto la cultura?

Negli ultimi giorni sulla stampa è caccia al Codice del Turismo annunciato dal ministro Brambilla che dovrebbe contenere misure di sostegno, anche economico, alla ristorazione italiana di qualità, ma che non piace agli esercenti perché permetterebbe ai ristoranti degli alberghi di accettare anche clienti che li scelgono solo per mangiare ma senza pernottare (ma una volta, nei grandi alberghi, non lo si poteva già fare?). Intanto gli agriturismi si segnalano in crescita proprio per la degustazione di prodotti enogastronomici locali, una delle principali motivazioni della vacanza in campagna, “nettamente preferita alle visite a musei e monumenti” (sic). E dai e dai, ci siamo arrivati: la “cultura” del gusto sta battendo la cultura tout court proprio nella patria dell’arte? Ammesso che stare in fila delle ore per ammirare quadri che si conoscono solo per sentito dire sia veramente cultura. Ma ormai da anni ci vendono la cultura come fosse un prodotto e i prodotti come se fossero cultura. E anche chi avrebbe gli strumenti culturali per smascherare il gioco, lo asseconda. Cosa ne pensate?

lunedì 13 giugno 2011

L’antiretorica artusiana

“Le mode passano, lo stile resta.” Ovvio, ma come farlo capire quando non si fa altro, in cucina, che parlare di territorio, filiera, prodotti tipici, chilometro zero, tradizione ecc., parole vuote, che indicano appunto solo delle mode, se non sostanziate da uno stile vero? Per questo nel 100° anniversario della sua morte è ancora importante ricordare Pellegrino Artusi. Questi raccolse gran parte delle ricette regionali “tradizionali” e le unì in un unico manuale della cucina italiana, senza mai adoperare la parola tradizione, come fa notare Alberto Capatti, che insegna all’Università di Scienze gastronomiche, nell’introduzione all’ultime edizione de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene ad opera della Bur. “Una parola, tradizione, – scrive Capatti – sempre più utile per designare nel presente il passato e per coprire culture innovative alla ricerca di una validazione storica, per descrivere la qualità non solo come filiera, ma come processo ambientale e umano, e per imballare, quando occorre, il nulla.” Ecco, non vogliamo dire che sia sempre così, del resto anche qui è scritto: “quando occorre”.  Ma il saper fare da capo e fare da sé, come insegnava Artusi, non ha bisogno di nessuna retorica.

martedì 17 maggio 2011

Salviamo il cibo

Il 3X2 che le aziende usano per smaltire le eccedenze è finito per finire in pattumiera anziché nel piatto. Mentre i Paesi in via di sviluppo, per carenze tecnologiche e infrastrutturali, non riescono nemmeno a raccogliere e distribuire ciò che coltivano. Due forme diverse di sprechi di cibo, l’Occidente (95-115 chili l’anno a testa nel solo Nord Europa) perché ne ha troppo e il Terzo Mondo perché troppo poco, che ammontano a quasi la stessa cifra in quantità (rispettivamente 750 e 630 milioni di tonnellate buttati) ma con le conseguenze molto diverse che ci si può immaginare. E’ quanto dice la Fao in un rapporto appena diffuso in occasione della fiera dell'imballaggio di Dusseldorf. In Italia è stato anche calcolato che ogni famiglia spende in media in un anno 515 euro per comprare alimenti che non mangerà. E’ questo il benessere che volevamo? E per l’Expo di Milano 2015, il cui tema è “nutrire il pianeta, energia per la vita”, il nuovo sindaco se ne occuperà?

lunedì 2 maggio 2011

I sindaci aprono i rubinetti

Proprio ieri mattina, mentre scrivevamo il post su bancolat e case dell’ acqua, veniva dato l’annuncio della prossima inaugurazione, sabato 14 maggio, della casa dell’acqua di Arese (Mi), veramente un po’ in ritardo, circa un anno, sulle aspettative dei cittadini, e dopo che l’ hanno già fatto nella vicina Rho. Soltanto operazioni d’immagine o sincera convinzione della bontà dell’acqua pubblica, in tutti i sensi? Perché resta da vedere come queste amministrazioni, di centrodestra, si regoleranno sul referendum da votare a giugno per abrogare una legge, quella che affida la gestione dell’acqua ai privati, approvata dallo stesso centrodestra.

Latte, un litro a 1 euro e acqua gratis


Particolari tipi di latte, come quello scremato e parzialmente scremato, si acquistano solo al supermercato. Ma per chi non ha particolari problemi, il latte oggi si può comprare anche direttamente dal contadino, saltando le varie fasi dell’intermediazione, per avere a casa una bottiglia di latte intero, di sicura provenienza italiana, appena munto, crudo, che ha bisogno solo della bollitura per poter essere consumato, e si conserva in frigorifero per 3 – 4 giorni. Questo latte da filiera corta, venduto direttamente dall’azienda agricola, costa in genere non più di 1 euro al litro, e riesce remunerare il lavoro dell’allevatore, che non ne deve sostenere i costi di commercializzazione. Inoltre, viene erogato da distributori automatici, prontamente ribattezzati “bancolat”, con l’ulteriore vantaggio, per il consumatore, di poter riutilizzare più volte lo stesso contenitore, magari di vetro e non di plastica, senza pagarlo e senza ingombrare ulteriormente la raccolta dei rifiuti. Stessa cosa si potrebbe fare per l’acqua, sostituendo quella in bottiglia, se i sindaci, come già fatto anche in alcune aree dell’ hinterland milanese, aprissero le case dell’acqua, che erogano gratis quella dell’acquedotto comunale, liscia e anche gasata. Ma, l’ancora chiuso “rubinetto del sindaco” ad Arese, a più di un anno dalla costruzione della struttura, è forse il sintomo di come molte amministrazioni aspettino l’esito del referendum sull’acqua pubblica (se verrà approvata la legge sulla sua privatizzazione, addio acqua del sindaco). 

martedì 19 aprile 2011

Noma ancora il migliore secondo il S.Pellegrino World’s Best Restaurant

Il Noma di Copenhagen è stato eletto il miglior ristorante del mondo 2011 dal S.Pellegrino World’s Best Restaurant, l’Oscar della ristorazione mondiale. Con l’uscita di scena di El Bulli di Ferran Adrià, che ha temporaneamente chiuso,  dietro il Noma si schierano gli spagnoli El Celler de Can Roca e Mugaritz, rispettivamente in seconda e terza posizione. E, nonostante gli straordinari concorrenti di tutto il mondo, soprattutto da Perù e Russia, i ristoranti britannici sono presenti in classifica con The Fat Duck di Heston Blumenthal che occupa la posizione numero cinque.  L’Osteria Francescana di Modena conquista il quarto posto e Massimo Bottura, già miglior cuoco dell’anno secondo l’Accademia Internazionale della Cucina, ottiene lo “Chef’s Choice”, ossia il riconoscimento attribuito dai colleghi stessi. Insomma, a parte il ristorante brasiliano D.O.M., che ha compiuto una vera e propria scalata, salendo di 11 posti e piazzandosi alla posizione numero sette, nella classifica dei premiati troviamo molte più conferme che novità, con l’eccezione  dell’ “One to Watch” ovvero il ristorante da tenere d’occhio, scelto tra quelli dal 51 al 100 posto in graduatoria. Quest’anno il riconoscimento è stato attribuito allo svedese Frantzen/Lindeberg. Aperto nel 2008, con appena 16 coperti, è tra i ristoranti più piccoli presenti in classifica; cenare qui è stato definito uno “spettacolare show”, con escargot e caviale di escargot serviti su un piatto con carillon, erba gatta, violette, polline e semi di colza. Non vorremmo sembrare troppo tradizionalisti, ma se questa è la novità... (i giurati l'avranno assaggiato il caviale di escargot, citato nel comunicato stampa? Ed erba gatta e semi di colza vanno intesi come decorazioni o contorno?).

mercoledì 6 aprile 2011

Al debutto il catering della verdura (bio)

Aspettiamo di vedere l'esito dell'esordio del vecchio “cestino da viaggio”, ma con verdure bio, ora recapitato in ufficio per una pausa pranzo pronta e veloce,  l’ultima novità di Almaverde, brand che riunisce produttori di verdura e frutta, anche secca, carni, succhi, marmellate, pescato, sottoli, sottaceti e uova biologici, venduti nei supermercati per un fatturato in costante aumento (+12,4% nell’ultimo anno) che oggi ha raggiunto i 29 mln di euro. La nuova frontiera è servire chi ha scarso tempo per la cucina e preferisce consumare un pasto leggero sul posto di lavoro, magari mentre si rilassa chattando sui social network. La sfida della frutta e verdura biologica pronta era già iniziata con il programma Frutta nelle scuole e con la più recente iniziativa di portare la IV gamma (macedonie o singoli frutti già tagliati e sbucciati) in spiaggia, sperimentazione attuata con successo l’anno scorso sulla Riviera Romagnola e che verrà riproposta quest’anno. Intanto, per intercettare una domanda in crescita, quella dell’alimentazione fuori casa i cui consumi sono arrivati a 70 mld di euro, questo aprile parte il test del take away che interesserà Cesena, Padova, Milano, e le cittadine di Savignano sul Rubicone, Villafranca di Verona ed Agrate Brianza. In queste aree, una campagna pubblicitaria a mezzo stampa, volantinaggio e reti tv locali, sta suggerendo ai cittadini dove (tre bar a Cesena, un supermercato a Savignano e uno ad Agrate) chiamare, per ora fino a fine giugno, per farsi consegnare a domicilio una confezione, al prezzo bloccato di 7 euro, contenente un’insalata con relativa bustina di condimento, una scelta di frutta fresca in pezzi, e un pacchetto di cracker, anch’essi da farina biologica. 

martedì 15 marzo 2011

Per un "risorgimento" alimentare

Se c’è una cosa che non sopporto, io che in Storia del Risorgimento mi ci sono laureata, è tutta questa retorica che si sta facendo (con il contorno della ricerca del piatto tricolore più adatto, o del vino per le celebrazioni) sull’Unità d’Italia (povero Pellegrino Artusi compreso, di cui nel 150° della nostra nazione unita cade il centenario della morte, e che l’Italia unificò a tavola). E questo perché si dimentica che, oltre a regalarci una monarchia come Casa Savoia, con tutti guai che combinò e i cui discendenti non mi sembra si distinguano per ciò che dovrebbe significare avere “sangue blu”, il processo storico che portò all’Italia unita, spedizione dei Mille compresa, fu l’ accordo tra la borghesia industriale del Nord e i latifondisti agrari del Sud (con buona pace dei Mazzini e dei Cattaneo, che credevano nella rivoluzione democratica dal basso e nell’Italia federale). Intanto domani sera, sul palco delle celebrazioni, la “notte bianca” (ma perché una notte bianca?) dell’Unità a Torino, prima capitale d’Italia, saliranno Davide Van de Sfroos (ma non era un cantautore dialettale?) e Roberto Vecchioni (che per vincere Sanremo ha scritto la più brutta canzone della sua vita). Confortiamoci con la notizia pubblicata oggi su Repubblica secondo cui sarà possibile combattere la fame nel mondo anche quando nel 2050 saremo in 9 miliardi. Ma non seguendo la tecnologia dell’agribusiness, quanto dando spazio all’agricoltura organica e sostenibile, cioè meno fertlizzanti, meno irrigazione, e anche meno cereali destinati all’alimentazione bovina negli allevamenti intensivi, mentre il pascolo allo stato brado non incide sulla produzione cerealicola, da destinare piuttosto all’alimentazione umana, perché interessa terreni marginali e sfrutta l’erba che cresce spontanea.   

venerdì 11 marzo 2011

4 “chiacchiere”, ma come le fanno a Trieste

Martedì di questa settimana che è “grasso”, ma non qui a Milano, dove secondo il rito ambrosiano il Carnevale si festeggia il giovedì e il sabato successivo, ho rinunciato a tagliarmi i capelli perché la mia parrucchiera pretendeva di farlo travestita da Regina di Cuori, e la shampista era Cappuccetto Rosso (si erano mascherate davvero così, ma non per una festa, proprio per lavorare…). In età adulta ho indossato un costume, da squaw indiana, solo una volta, tredici anni fa, ad una festa in casa di un’amica conosciuta due anni prima ad un campo estivo archeologico di Colleferro, vicino Roma. Bella casa - zona Fiera-Monterosa -, con taverna e spazio per il tavolo da biliardo; bella gente, bei costumi, lei da principessa, una sua amica Regina della notte, il personaggio più inquietante del Flauto Magico di Mozart, e la socialità che, tra inviti a ballare e giochi di società finalmente intelligenti e divertenti, cui ho partecipato per la prima volta in vita mia con convinzione, ha fatto premio su quanto bevuto e mangiato, argomento del quale stranamente non conservo nessunissimo ricordo: hanno servito Champagne o spumante? Drink analcolici o cocktail (e quali)? Abbiamo mangiato salato o dolce? Tra i dolci c’erano tortelli o chiacchiere? Questa salutare amnesia oggi ce la rendono impossibile i media, il sistema della comunicazione più in generale, gli usi e le abitudini comuni ai più secondo i quali ogni occasione di incontro viene subordinata all’ “esperienza gustativa”. Che altro non è se non che l‘esasperazione di un’abbondanza alimentare di cui solo in Occidente però godiamo, senza che questa fortuna sia valorizzata puntando sulla vera qualità. Una qualità di cui né gli ingredienti di cui realmente disponiamo, né le ricette che impieghiamo in cucina, quando e se cuciniamo, sono all’altezza. Ecco perché vi do, per Carnevale, la ricetta del libro “Cucina triestina” che usa mia madre per fare i crostoli (chiacchiere a Milano, cenci in Toscana ecc.) e che, nella versione “economica” illustrata nel ricettario del 1927 di Maria Stelvio sono molto più saporiti, fragranti e leggeri perché non hanno burro ma vino (nell’impasto non c’è nemmeno lo zucchero ma se volete ne potete aggiungere un mezzo cucchiaio). Altri segreti: far riposare la pasta coperta da una scodella per tre quarti d’ora e friggere in olio molto caldo togliendo quasi subito. Dunque ecco qua: fare una fossetta in 250 g di farina ammucchiata sulla tavola e versarvi dentro 1 tuorlo, ½ guscio d’uovo di olio, ½ guscio di vino bianco e sale q.b.; lavorare la pasta ben liscia gettandola spesso con tutta la forza sulla tavola; farla riposare come detto e stenderla con il rullo; poi stenderla ancora mettendo il dorso infarinato delle mani sotto il centro della pasta, strisciando fino all’orlo; tagliare a piacere, friggere e una volta raffreddati, spolverare di zucchero a velo.   

venerdì 4 marzo 2011

Dall’agricoltura la nuova energia rinnovabile

Degli scarti vegetali non si butta più nulla perché servono a produrre energia, tema dei convegni di Agrofer, la fiera delle rinnovabili, a Cesena dall’1 al 3 aprile. Durante il primo di questi, venerdì 1 aprile, alcuni esperti spiegheranno come il “Piano  regionale per l’energia 2011-2013” dell’Emilia Romagna possa essere d’ esempio. La posta in gioco è alta perché il governo ha appena rivisto il sistema degli incentivi ed emanerà tra 3 mesi un nuovo decreto sui limiti di potenza installata per vederseli attribuiti (fino a ieri 5mila megawatt per le biomasse e 8mila per il fotovoltaico).
L’espansione delle rinnovabili non si deve solo alle norme Ue, che ne fissano al 17% entro il 2020 la quota sul totale: circa l’85/90% dell'energia consumata oggi viene dal petrolio e  il 2,6% da altre fonti. Spesso, poi, si pensa solo a eolico e  fotovoltaico, ma sfruttando i loro scarti (deiezioni animali, resti di lavorazioni, sfalcio ed abbattimento di alberi e piantagioni) le aziende agricole riescono anche a ridurne i costi di smaltimento.  E l’ Europa punta ad arrivare al 10% dei combustibili da trazione, fra cui il biometano, da fonti agricole, tema che sarà al centro del dibattito  Sviluppo ed evoluzione della filiera del Biogas”.
Dal momento infine che l’Italia produce elettricità in eccesso ma poco calore, lo sviluppo di piccoli impianti di riscaldamento alternativi nelle abitazioni degli agricoltori e di grandi installazioni per le biomasse diventerà a Cesena un progetto di filiera che coinvolge coltivazione e tecnologia, agricoltura e ricerca scientifica, industria e risorse umane.

lunedì 28 febbraio 2011

La cucina di casa mia

Ogni tanto, quando interpretando dei piatti cucinati da mia madre con la sua solita maestria (mio nonno agli inizi del secolo scorso era aiuto chef all’ hotel Villa Igea di Palermo) (ri)scopro sapori che fanno parte del retaggio di una certa buona ristorazione milanese (che frequentavo assiduamente negli anni Settanta e Ottanta), rifletto su come i cuochi siano giunti a comprendere che una loro ricetta funzionava. Non sulla base di alchimie tanto alla moda (cucina molecolare & C.) o dell’impiego di prodotti dop e igp, la cui attuale inflazione sul mercato dovrebbe far riflettere sull’intero sistema dei cibi cosiddetti di qualità, quanto assecondando il proprio particolare gusto.
Così l’altra domenica, ho messo insieme le zucchine trifolate della mamma con le sue  mazzancolle in sugo  di pomodorini, e ci ho condito della pasta corta (pennette rigate). Mazzancolle in sugo di pomodorini: togliere la testa e sfilare il budellino nero sul dorso a ½ kg di mazzancolle. Imbiondire poco aglio e poca cipolla in due cucchiai di olio extravergine di oliva. Aggiungervi i carapaci facendoli soffriggere. Sfumarvi mezzo bicchiere di vino bianco e aggiungere i pomodorini freschi. Salare e fare cuocere per dieci minuti. Spolverare di prezzemolo tritato.  
Zucchine trifolate: tagliare a fettine sottili tre o quattro zucchine. Far soffriggere uno spicchio d’aglio tritato in un cucchiaio di olio extravergine d’oliva. Aggiungere le zucchine e farle cuocere a fuoco lento. A cottura ultimata, cospargervi del prezzemolo tritato.

venerdì 18 febbraio 2011

A tutto bio

Ancora una volta, come risulta anche dall’ultimo Rapporto Bio Bank, appena uscito insieme all’Annuario Tutto Bio, si conferma la buona salute del comparto dei prodotti biologici, che oggi in piena crisi occupazionale, è un sintomo del paradosso in cui si dibatte il mercato capitalistico. Da una parte la contrazione di redditi e consumi della classe media e l’aumento dei poveri, dall’altra acquisti d’élite in crescita.
Comprare biologico per molti rappresenta adottare uno stile di vita sana, per altri mangiare meglio, con la sicurezza di acquistare italiano (l’Italia è leader in Europa per produzione agricola bio). Ma questi vantaggi sono riservati solo ai pochi che possono spendere di più di quello che spenderebbero per un analogo prodotto convenzionale.
Inutile però attaccare i produttori di biologico, come se lavorare la terra senza pesticidi e concimi chimici, e lasciandola riposare ad adeguati intervalli, il che tra l’altro la rende più fertile e giova all’ambiente in generale, fosse di per sé un metodo più dispendioso i cui costi si riversano sui prezzi al dettaglio. Questo è vero in un contesto che dovrebbe mutare nella direzione di maggiori estensioni coltivate a biologico e meno con i metodi tradizionali per ribaltare la situazione. L’impressione è, che se non lo si fa, non sia esattamente nell’interesse del consumatore.

giovedì 3 febbraio 2011

Il turismo agro: calano presenze e occupati

Secondo Agriturist, gli agriturismi di Confagricoltura, il continuo calo delle presenze turistiche in Italia (-0,8% per gli alberghi e –2,1% per le aziende agricole dedite anche all’ospitalità nel solo 2010) ha sgonfiato il boom delle vacanze in campagna comportando un taglio dei redditi aziendali vicino all’8%; e questo considerato la crescita dell'offerta del settore, valutata  al 2,8%, e i prezzi fermi a fronte di costi crescenti almeno del 3%.
Il vistoso calo dell’occupazione che ne consegue (3,6% i licenziamenti nel settore alberghiero, pari a circa 5.000 addetti, secondo Federalberghi), forse meno pesante per l’agriturismo, le cui aziende sono per la maggior parte a conduzione familiare, rappresenta comunque una pesante ipoteca per un Paese come l’Italia già gravato da una negativa crescita del Pil (cui il turismo contribuisce per il 9,5%). Intanto, nel provvedimento in discussione in queste ore sul federalismo fiscale è prevista anche una tassa municipale sul turismo, già applicata per esempio a Roma: da 1 a 5 euro a notte a persona secondo la struttura. Aspettiamo, come promesso, altre salutari “scosse” per l’economia.  

Un italiano, Bottura, miglior cuoco del mondo

Dopo Luca Gardini, diventato l’anno scorso il miglior sommelier del mondo, un altro italiano è salito ai massimi livelli di riconoscimento internazionale nel campo della ristorazione, questa volta per la cucina. Si tratta di Massimo Bottura, dell’Osteria Francescana di Modena (www.osteriafrancescana.it), insignito del titolo di miglior cuoco del mondo dall’Accademia Internazionale della cucina che ha sede a Parigi. L’incontro nel 1999 con quello che è stato davvero il massimo innovatore della cucina questi ultimi anni, secondo il Gastronauta Davide Paolini, e cioè Ferran Adrià, ha fatto di Bottura il massimo esponente della nuova cucina italiana (provare il suo “bollito non bollito” per credere). Solo adesso se ne prende atto, rendendo, sottolinea ancora Paolini,  finalmente merito a una cucina, l'italiana, che non è solo sana e gustosa come la cucina "di casa" delle nostre nonne, ma è saputa andare molto oltre. 
Esulta naturalmente la Coldiretti, cui va il merito di aver sempre sostenuto la produzione agricola nazionale e con essa tutto ciò che vi ruota attorno, compresa la nostra gastronomia. E soprattutto ciascun critico gastronomico dell’Italia che rivendica il suo primato nel food, si attribuisce l’onore di aver per primo riconosciuto il valore di Bottura, come Paolo Massobrio (www.clubpapillon.it) che lo descrive come cresciuto alla scuola delle redzore (le casalinghe che sapevano tirare la pasta dei tortellini) emiliane e poi scoperto da Alain Ducasse, la massima autorità francese in cucina, e lo a fatto esordire nel suo convegno Golosaria nel 2006 a Palazzo Mezzanotte, la sede della Borsa, a Milano. Dopo quella data Bottura è stato anche uno dei protagonisti di Identità Golose (www.identitàgolose.it), il congresso di cucina d’autore di Paolo Marchi, altro autorevole critico. 

sabato 22 gennaio 2011

Quando “la terra fa gola ai potentati edilizi”, come fare a dire stop al consumo di territorio

Secondo gli ultimi dati Fao (www.fao.org), 25 gli ettari di verde perduti nel mondo ogni minuto. E questo sarebbe l’effetto serra. In più, in Italia abbiamo l’aggravante della cementificazione, che ha già consumato dal 1985 al 2005 più di 3 milioni di ettari (di cui 1,8 sottratti all’agricoltura secondo dati Agriturist, gli agriturismi di Confagricoltura) di un territorio che, oltre ad offrire alcuni tra i paesaggi naturali più belli al mondo, è anche naturalmente destinato alla coltivazione di prodotti agricoli tra i più pregiati, come vino, olio, agrumi, frutta e ortaggi (la nostra produzione ortofrutticola è prima in Europa e sesta a livello mondiale, dato Macfrut), anche e soprattutto biologici. Carlo Petrini, su Repubblica del 18 gennaio, ha firmato un appello contro lo scempio del paesaggio, prima che sia troppo tardi, anche se ormai, “in 15 anni sono stati edificati tre milioni di ettari di territorio, l'equivalente di Lazio e Abruzzo messi insieme.
Con il piano casa, dice ancora Petrini, il processo ha avuto un'accelerazione. E con il Pgt di Milano, piano di governo del territorio, che il Consiglio comunale vuole approvare tassativamente entro il 14 febbraio, ne subirà ancora un’altra per quanto riguarda il capoluogo lombardo, e in particolare per il suo Parco Sud, una zona agricola su cui gli edificatori chiedono di mettere le mani. Cosa che l’attuale giunta milanese, guidata dal sindaco Letizia Moratti (Pdl) sembra disposta lasciargli fare, visto che si va verso l’approvazione di un’area edificabile, sull’intero territorio milanese, di altri 3 milioni e 800.000 mq, ignorando le circa 4.000 osservazioni dei cittadini sul Pgt, e prendendo in considerazione solo quelle dei costruttori (vedi il podcast del servizio di Fabio Fimiani nella trasmissione in onda venerdì 21 gennaio alle ore 9.45 su www.radiopopolare.it).
L’articolo di Petrini, leggibile per intero su:
comincia così: “Visto che in tv i plastici per raccontare i crimini più efferati sembrano diventati irrinunciabili, vorrei allora proporne uno di sicuro interesse: una riproduzione in scala dell'Italia, un'enorme scena del delitto. Le armi sono il cemento di capannoni, centri commerciali, speculazioni edilizie e molti impianti per produrre energia, rinnovabile e non; i moventi sono la stupidità e l'avidità; gli assassini tutti quelli che hanno responsabilità nel dire di sì; i complici coloro che non dicono di no; le vittime infine gli abitanti del nostro Paese, soprattutto quelli di domani.” Frase che sottoscriviamo in pieno. In particolare, per il poco che possiamo fare, non vogliamo essere complici.
“La terra – continua il fondatore di Slow Food - fa gola ai potentati edilizi, /…/ e adesso anche a chi specula sugli impianti per le energie rinnovabili: dal 1990 al 2005 si sono superati i due milioni di ettari di terreni agricoli morti o coperti di cemento.” E Petrini fa bene a denunciare. Ma l’unica lista politica che ha messo in cima alle sue priorità proprio lo stop alla cementificazione è il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, e spiace che un acuto polemista, oltre che sincero e imparziale democratico, come Michele Serra, in una sua recente “Amaca”, la sua rubrica fissa su Repubblica, dedicata all’argomento, abbia scritto che nessun leader in Italia ne fa un programma da sottoporre all’attenzione degli elettori.
Elettori che per dire no, responsabilità che in un paese civile dovrebbe spettare a tutti noi cittadini, potrebbero prendere esempio dagli abitanti di Cassinetta di Lugagnano (Mi). Questi ultimi hanno aderito con entusiasmo all’invito del loro sindaco di pagare un po’ di tasse in più per coprire ciò che egli, Domenico Finiguerra (Pd, www.domenicofiniguerra.it), cofondatore del movimento Stop al consumo di territorio, ha rinunciato a incassare dagli oneri di urbanizzazione, mettendo fine alla possibilità di costruire. Basta nuovi immobili, che tra l’altro quasi sempre ormai, come accade a Milano, restano invenduti: si ristrutturano le vecchie case sfitte in centro, dando oltretutto la possibilità alla popolazione di tornare a vivere nelle parti più belle di un abitato, che sono appunto i centri storici.
Finiguerra illustrerà il suo interessante progetto, ormai messo in atto da più anni, e accolto con piena soddisfazione dai suoi concittadini, durante la serata: “L’ acqua in bottiglia… e Stop al consumo di territorio” organizzata venerdì 28 gennaio alle 21 ad Arese (Mi), all’ Auditorium Aldo Moro, in viale Varzi, da InFormazione InMovimento 
http://www.meetup.com/MeetupInFormazione-InMovimento-aLegnano-eArese/members/6472762/?memberId=6472762&op=)
di Legnano e Arese, con la collaborazione di Gruppo Anticasta (www.gruppoanticasta.org), Comitato de La Conquista del Buonsenso di Legnano, Meetup Donne in MoVimento, Meetup Angeli, Diavoli e Grilli in Azione su Milano e Associazione Le Nuove Giornate di Milano.
L’incontro, a ingresso libero, offerto come uno spettacolo, vedrà esibirsi anche il cantautore Luca Bassanese (www.lucabassanese.com), con brani tratti dal suo nuovo libro, “Racconti di un visionario” e dal suo nuovo cd, “Il futuro del mondo”, voce, recitato, chitarra, effetti sonori, stelle cadenti, bolle di sapone, coriandoli magici…
 


mercoledì 19 gennaio 2011

La nostra salute appesa ad un “cavillo”: ovvero come sparisce una legge nell’indifferenza generale

E’ singolare come il 19 gennaio, nel giorno della notizia dell’approvazione del decreto sull’etichettatura degli alimenti, la cui indicazione d’origine diventa un obbligo esteso a tutte le categorie finora escluse, salutata da tutti i commentatori come una grande conquista, seppur dietro la spinta dell’ultimo scandalo, quello di uova e suini tedeschi alla diossina, nessuno, almeno sui massimi organi di informazione cartacei, abbia speso qualche parola sul “cavillo” che terrebbe in piedi un’altra importante legge per la nostra salute. Il silenzio di chi, più della rete, dove il dibattito è invece acceso, è capace di influenzare l’opinione pubblica, è sospetto e preoccupante. 
Sì, perché stiamo parlando della legge 283 del 1962, che regola la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, e che sarebbe caduta sotto la scure del decreto “taglialeggi” del ministro della Semplificazione normativa, il leghista Roberto Calderoni, che elimina tutte le leggi anteriori al 1970 non ritenute indispensabili. Che fine farà allora la 283, che risale al 1962, che sanziona qualsiasi tipo di frode alimentare (sofisticazione, adulterazione, contaminazione con parassiti, ma anche privazione del cibo delle sue caratteristiche nutritive, in cattivo stato di conservazione, con l’aggiunta di additivi chimici non autorizzati o che contenga residui tossici di lavorazioni agricole o di trasformazione) e le cui violazioni autorizzano i sequestri dei Nas (il Nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri)? 
“Le notizie secondo cui sarebbe stata abrogata la legge n. 283 del 1962 in materia di tutela alimentare sono totalmente prive di qualsiasi fondamento”, ha dichiarato il ministro,  come si legge su Italia a Tavola (italiaatavola.net), ma in rete circolano almeno altri 55 articoli sull’argomento. E la legge sarebbe salva grazie a un cavillo giuridico anche secondo gli avvocati esperti di diritto alimentare del blog ilfattoalimentare.it,: “Una lettura distratta delle norme in tema di semplificazione potrebbe in effetti portare a credere che anche la legge 283 del 1962 sia stata ‘spazzata via’, ma grazie al cielo non è così. – scrive Dario Dongo Responsabile Legislativo Giuridico Nazionale e Comunitario di Federalimentare gli industriali della trasformazione del cibo - “La legge-delega per la semplificazione esclude infatti dall’abrogazione, in linea di principio, tutti  i provvedimenti  che rechino in epigrafe la dicitura  ‘codice’ o ‘testo unico’ (legge 246/05, articolo 14, comma 17). E tra questi provvedimenti si iscrive a pieno titolo anche la legge 283/1962, rubricata come ‘la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande’, meglio conosciuta come la legge sui cibi adulterati. D’altra parte se così non fosse lo stesso Codice penale (che risale al 1930) sarebbe stato abrogato, e le patrie galere si svuoterebbero all’improvviso!” E il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, avrebbe confermato.
Ma qual è questa piccola epigrafe? “Testo unico”, e in quanto tale non abrogabile. Senza entrare nel merito della natura giuridica del “testo unico”, cosa che ovviamente non ci compete né sapremmo fare, rimane comunque sbalorditivo come la sopravvivenza di una legge che tutela la salubrità e l’igienicità di ciò che mangiamo sia subordinata all’esistenza di un vero e proprio cavillo così pare spiegato da Calderoli (vedi italiaatavola.net): “La predetta legge - spiega - ha natura giuridica di Testo Unico, come facilmente evincibile dalla sua epigrafe, pertanto è espressamente esclusa dall'ambito applicativo della cosiddetta ‘ghigliottina’, ovvero l'abrogazione generalizzata delle leggi antecedenti al 1970 non ritenute indispensabili e salvate con un provvedimento legislativo ‘salva leggi’ (art 14 comma 14-ter, legge 246 del 2005). Infatti, i provvedimenti legislativi recanti nell'epigrafe l'indicazione di ‘testo unico’ o di ‘codice’ sono espressamente esclusi dall'effetto abrogativo ai sensi dell'articolo 14, comma 17, lettera a), della legge 246 del 2005. È quindi evidente che la legge 283 del 1962 non doveva essere espressamente salvata con un decreto legislativo, essendo chiaramente esclusa, in virtù di legge, dall'effetto abrogativo generalizzato previsto dal ‘taglia leggi'”.
(Leggi l'intero articolo su: http://www.italiaatavola.net/articoli.asp?cod=18905).
Quante interpretazioni diverse e contrastanti in merito fioccheranno nel Paese degli Azzeccagarbugli lo lasciamo alla fantasia del lettore. Intanto, secondo quanto pubblicato da Repubblica, e come ha scritto Dongo,tutto è iniziato il 22 dicembre scorso quando il “Sannio quotidiano” riferiva di un commerciante assolto dal reato di detenzione di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione. Secondo la tesi difensiva (a quanto pare, accolta dal giudice di merito) la norma che punisce questi fatti – articolo 5 della legge 283/62 appunto - risulterebbe abrogata a partire al 16 dicembre 2010. Ciò deriverebbe, secondo il teorema difensivo, dalla cosiddetta ‘legge-delega per la semplificazione legislativa’, la 246 del 2005, nella quale è prevista l’abrogazione di tutte le disposizioni legislative statali pubblicate prima dell’1° gennaio 1970, con eccezione di quelle indicate nei suoi decreti di attuazione.”
La conferma che la legge sui cibi adulterati sia invece ancora valida, dice ancora Italia a Tavola, ci viene anche un dossier dell’Ufficio Studi del Senato di cui riportiamo uno stralcio: “Il ministero della Salute consiglia il mantenimento del presente provvedimento, poiché reca disciplina sanitaria degli alimenti e delle bevande. In quanto modifica di testo unico, il provvedimento non dovrebbe comunque essere inserito nell'allegato I, rientrando nei settori esclusi”. Ma l’Ufficio Studi del Senato, se leggiamo bene, “consiglia”, non conferma, e anche nella frase successiva usa il condizionale: “il provvedimento non dovrebbe essere inserito ecc.”.
Ma se oggi il coro unanime di tutti i giornali è di plauso per una legge che obbliga a indicare in etichetta il luogo di provenienza di un alimento, e anche, come prevede la Ue, l’uso di ingredienti che contengano Ogm in qualunque fase della filiera produttiva, con tutto ciò che ne conseguirà anche in materia di lotta alla pubblicità ingannevole, per una più corretta e trasparente informazione al consumatore, perché questo silenzio assordante sulla legge che sanzionava (ma sanziona ancora?) comportamenti scorretti in materia di salute dei cittadini? Unica eccezione: “La lettera” di Matteo Giannattasio, docente di “Qualità degli alimenti” dell’Università di Padova e direttore scientifico di “Valore alimentare” pubblicata oggi, mercoledì 19 gennaio, sul Corriere della Sera, dal titolo: “Mai più uova alla diossina. Serve una nuova agricoltura.” In conclusione delle sue interessanti argomentazioni Giannattasio dice: “Concludo con un riferimento a quanto riportato dal Corriere della Sera di sabato 15 gennaio (“Cibi adulterati, sparita la legge: non è più reato”). Si evidenzia che, per effetto della procedura taglia-legge, la legge sulla tutela degli alimenti numero 283 del 30 aprile 1962 è stata abrogata e quindi chi si macchia di reati che vanno contro tale tutela non è più perseguibile. L’aspettativa dei consumatori è quella che si provveda immediatamente affinché si possano condannare i malfattori che attentano alla nostra salute producendo e distribuendo cibo nocivo.”
Per capire l’importanza di questa legge, cfr. il suo articolo 5 (vedi: http://www.ispettorisanitari.it/AREA_PROFESSIONALE/Sunto%20Vigilanza%20daquino/l28362.htm). A tutela contro la contraffazione alimentare anche 3 articoli del Codice penale, art. 444, art. 515, art. 516  (vedi: http://www.altalex.com/index.php?idnot=36653.