mercoledì 14 dicembre 2011

Metodo italiano ma bollicine russe

E’ notizia di oggi, pubblicata dal Sole 24 Ore, che i russi siano interessati a comprare Gancia, nome simbolo dell’Asti Moscato con cui generazioni di italiani hanno festeggiato e festeggiano tuttora, e azienda di Canelli tra le più importanti del settore. Il fatto è che gli spumanti sono diventati un fenomeno, attuale da sempre, ma da qualche anno di massa e che, con il successo di quelli italiani, il mondo delle bollicine si identifica sempre più con lo stile “made in Italy”, molto amato nel mondo. Non è un caso che questi vini, soprattutto all’estero, fino ad ora non abbiano sentito la crisi, soprattutto in questo periodo, quando, nei 24 giorni delle Feste se ne consuma oltre il 60%. Tra le varie etichette prodotte in Italia ci sono però delle grandi differenze fra vini, tipologie, metodi, territori, vitigni, Doc e Docg. La diversità più evidente è quella che riguarda i due metodi di spumantizzazione, la presa di spuma in bottiglia, da sempre definita “metodo classico”, di cui il primo esempio di Doc in Italia è il Trentodoc, e altre ottime bottiglie si producono in Franciacorta, regione emergente nel settore, ma anche in Altalanga e in Oltrepo Pavese con un recentissimo prodotto, il Cruasè; e quello della fermentazione in grandi recipienti di acciaio, che una volta si chiamava “charmat” e oggi gli addetti ai lavori preferiscono indicare come “metodo italiano”. E ciò per sottolineare le caratteristiche dei nostri produttori che in questi ultimi anni si sono distinti per aver prodotto degli spumanti che sono un classico sulle tavole natalizie, dal gusto moderno e giovane e, per quanto riguarda le vendite all’estero, appunto “italiano”. La capacità imprenditoriale delle nostre case spumantistiche, di cui l’editore Carlo Cambi ha pubblicato un Atlante uscito oggi, ha dunque determinato effetti rilevanti in un mercato in forte crescita. Tanto da suscitare gli appetiti esteri. Però, come si dice, oggi ormai si mangia (e si beve) locale, ma si pensa globale.

martedì 13 dicembre 2011

Natale, c'è chi ci vuole a pancia vuota

Certo ieri c'era lo sciopero generale della Cgil contro la manovra e oggi, 13 dicembre, tanti giornali, i più importanti non sono usciti.  Ma mettere in primo piano nella newsletter del Club Papillon questa notizia, sembra di questi tempi un po' provocatorio: "Addio lasagne a Natale, è arrivato il tempo della cucina pensatoio. La provocazione questa mattina arriva sulla prima pagina de Il Foglio, lanciata da Annalena (messa così senza cognome come se tutti dovessero, conoscerla: aggiungo io il cognome, Benini, e per chi volesse sapere chi è anche il link al suo profilo: www.ilfoglio.it/redazione/30) che sottolinea come siano ormai diventati impopolari i menu con puré e cotechino (e qui la redazione del Club Papillon inserisce una foto da Gentleman Class) colpa della scarsa riflessione alla base di questi piatti. 'Il pranzo perfetto - scrive Annalena - è stato ideato dai più grandi cuochi del mondo nel corso di estenuanti riunioni in Giappone: tanti uomini riflessivi ed eleganti, chef star con ciuffi, frangette, manichette arrotolate' (manichette arrotolate?). Il risultato è quello di trovarsi di fronte a un nuovo tipo di cucina, la cucina pensatoio: 'è un pranzo lussuosamente sobrio - continua Annalena - e molto tecnico (i cuochi hanno centinaia di stelline) che offre la grande opportunità di lasciare i piatti mezzi vuoti".  E voi da che parte state: cucina pensatoio o cucina da 'pancia piena'? Com'è cambiata la cucina di Natale? Ne parliamo oggi sul blog barbabietola."
Il pranzo di Natale sarà sicuramente cambiato, come tutto a questo mondo, ma della "cucina pensatoio" non ne sentivamo proprio il bisogno. Immancabile, arriva comunque sul blog il commento di un molto probabile ristoratore, tale bistek, che propone il suo menu, lunghissimo e pieno di portate caloriche, inclusa una "carne bistek" (da qui il sospetto che si tratti della lista di un locale). E Paolo Massobrio, peraltro stimatissimo (anche da me) critico enogastronomico del Club Papillon, rincara la dose: "ma, bistek, a chi interessa - scrive - un menu così?" Forse a persone che quando si mettono a tavola hanno appetito? O lo stomaco vuoto è adesso un optional? E poi che ne è stato del famoso detto che la "virtù sta nel mezzo" ? E che dei gusti non si discute? Va bene, era una provocazione, e io ci sono cascata. D'altra parte, il sottotitolo del mio blog è "il pane e le rose", ovvero nessun pensa bene a pancia vuota, ma quando è sazio può dedicarsi felicemente anche ad altro. Ma di provocazione enogastronomica, inutile, in provocazione, non si perderà di vista il fine fondamentale dell'atto del mangiare?

domenica 11 dicembre 2011

La crisi. Ne parlo per non parlarne

Come ho visto l'altro giorno su paperogiallo.net, anche autorevoli blogger enogastronomici si sentono in dovere di spendere qualche parola sull'angoscia in cui li sta gettando la crisi dell'euro (un po' come Giorgio Armani che ha confessato che le difficoltà economiche di Italia ed Europa non lo fanno dormire la notte, e come Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, cui le polveri sottili che inquinano la città hanno tolto il sonno, come si è sentito in dovere di dire, e intanto le misure prese sono pannicelli caldi). Io invece sottoscrivo piuttosto le parole di  Michele Serra sull'Amaca di Repubblica di qualche giorno fa. Mi fa molto più paura il fatto che ci abbiano costretti a parlare di spread, bund, credit crunch ecc., senza nemmeno sapere cosa siano. Che ci costringano ad occuparci dell' economia e dei suoi disastri anche nelle nostre private conversazioni. Che la gente dimostri di avere una preoccupazione al di fuori della sfera delle sue concrete possibilità di intervento. C'è il debito? Come ha detto Serra, paghiamolo (chi può), e poi andiamocene però a fare una passeggiata nei boschi, una gita al mare o sulla neve, ad occuparci del nostro io fisico che ha molto più da dire di queste questioni metafisiche (come la scienza economica). Che tanto poi chi se ne preoccupa ha evidentemente qualcosa da perdere, e quindi  qualcosa con cui pagare, mentre di chi non mette insieme il pranzo con la cena non si preoccupa nessuno, se non per tartassarlo ancor di più.

venerdì 2 dicembre 2011

Con tutte quelle, tutte quelle bollicine...

Leggevo in questi giorni sul Corriere della Sera che il momento, ancora lontano dalle Feste di fine anno, è il più propizio per fare la scorta di spumante. I supermercati ce l’hanno in assortimento, soprattutto il Prosecco, un po’ tutto l’anno e in questo periodo, i primi di dicembre, lo vendono ai prezzi migliori. Insomma, aspettiamo ancora un po’ a comprare il panettone, ma riforniamo la cantina in vista di Natale e Capodanno. In particolare io sono affezionata al Prosecco delle Cantine Produttori Valdobbiadene (CPV), che non so se sia Superiore, ma mi piace molto. Il prezzo non lo ricordo, ma sta in una media accettabile. D’altra parte più di due bottiglie, una per il 25 e una per il 31, non ne compro. E anche il resto degli italiani, secondo Assoenologi fanno lo stesso (3,5 bottiglie consumate contro le 5 o le 6 di altri Paesi europei). Forse i nostri connazionali ne bevono anche nei locali e nei ristoranti: difatti la produzione di Prosecco Conegliano Valdobbiadene (Tv), di cui adesso oltre al Superiore c’ anche la Doc (denominazione di origine controllata) e la Docg (anche garantita) è cresciuta dal 2013 del 40% (pare si arriverà presto ai 400 milioni di bottiglie, ma i dati ufficiali saranno noti il 17 dicembre). Uno sviluppo così impetuoso è dovuto però soprattutto, come dicevamo all’inizio, alle strategie commerciali della moderna distribuzione, e all’export. Lo spumante è infatti visto come un vino giovanile che piace molto per esempio negli Usa, dove lo considerano un valido sostituto dello Champagne, anche se in molti sappiamo bene che non è così, che gli costa oltretutto molto meno. Crisi o non crisi le cose stavano in questo modo già da tempo. Adesso vedremo come andranno le vendite per queste Festività. In un prossimo post, gli altri spumanti che produciamo.