lunedì 29 maggio 2017

Cantine Aperte: +10% di presenze



Dici “vino” e pensi alla Francia, o alla California, che nel settore fattura 7 mld di dollari, mentre da noi vale 2,5 mld l’anno e si aspettano dal governo misure atte a potenziarlo. Perché l’Italia, con la sua terra di antiche tradizioni gastronomiche, potrebbe avvalersi di una sinergia importante tra prodotti del territorio ed enologia per attrarre sempre più turisti offrendo insieme il vino. Anche perché non è più il tempo dello scandalo del metanolo, ma di produzioni sempre più raffinate e di qualità. E' così che quest’anno Cantine Aperte chiude la sua 25° edizione con numeri da record - trainata da una grande presenza di giovani - che ha visto impegnate 800 aziende vitivinicole di tutta Italia. Successo non solo nei numeri, ma anche nei contenuti, con le cantine del Movimento Turismo del Vino che hanno rafforzato il loro impegno per contribuire alla crescita della cultura del vino, in campo e nei luoghi di vinificazione. Sono circa 2mila le iniziative speciali di Cantine Aperte pensate in tutte le aree enologiche d’Italia e già quasi 50mila bicchieri ‘solidali’ distribuiti. Partita il 27 maggio, ad eccezione di Toscana, Lombardia, Puglia, Basilicata, Calabria, Molise, Liguria e Valle D’Aosta, dove la festa si è svolta solo per la giornata di domenica 28 maggio, la kermesse ha richiamato circa 1,1 milioni di enoturisti – il 10% in più rispetto al 2016 -; boom di presenze nelle principali regioni, a partire da Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, e Puglia. Grande affluenza anche nelle aree che hanno subito il terremoto, con l’Abruzzo, il Lazio, le Marche e l’Umbria che assieme confermano il valore e la forza aggregativa che ruota intorno all'enoturismo di qualità.

lunedì 22 maggio 2017

Domanda stabile, prezzi in salita: forma malefica di inflazione



La classe media è sparita e con essa buona parte dei consumi. La domanda così non sale, ma i prezzi invece sì. Anche per il cambiamento climatico che rende meno disponibili e a costi più cari merci un tempo maggiormente reperibili. “Una forma malefica di inflazione – commenta il presidente del Codacons Marco Maria Donzelli. E così ci troviamo di fronte ad un enorme divario tra quanto possono spendere le classi povere e quello che spendono i ricchi. Milano è la terza città più cara d’Italia dopo Bolzano e Venezia. I ceti meno agiati spendono in cibo, alcol  e sigarette. I privilegiati invece investono su casa, mobilio, cultura e istruzione.

Tornare alla tradizione



Piccolo è ancora bello. La ripresa della “cultura hipster”, come scrive un librettino dell’Ikea, con la costruzione deii propri arnesi a mano e vivendo in modo autosufficiente, contagia anche le lavorazioni artigianali nella gastronomia. Sempre più si sente il bisogno, in questi tempi di globalizzazione e di finanziarizzazione spinta dell’economia, di investire nell’artigianato a livello imprenditoriale anche nel lavoro dei campi. Dal settore tessile a quello del ferro e del vetro soffiato, all’allevamento degli animali, ai piatti cucinati con le erbe e sì, anche i fiori (purché commestibili), del proprio orto. Riscoprendo così la libertà e la qualità che possono offrire le zone rurali. Piccoli negozi, mercati ortofrutticoli, ristoranti vegetariani, sono tra i capostipiti di questa tendenza che si avvale del lavoro dell’artigiano, rinunciando in parte ai prodotti preconfezionati e coltivando una nuova passione. Quella del fai da te in campagna e in cucina.

La ricchezza delle nazioni: vendere e comprare



Quando apparve la Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith, ai primi del Novecento, le contrade prese in considerazione per elaborare la sua teoria economica erano l’Olanda e la Gran Bretagna. E vi si passavano in rassegna tutti i mestieri necessari a vestire i contadini, trasportare, produrre e vendere le proprie derrate alimentari allora disponibili. L’edizione della Ricchezza delle Nazioni in mio possesso ha l’introduzione di Valentino Parlato, lo storico e giornalista comunista, fondatore del Manifesto, da poco scomparso. Ed è di Editori Riuniti, un editore molto attento ai temi politici e sociali. Così mi sono ritrovata tra le mani, dopo circa 30 anni, un librettino con le, poche, pagine ingiallite che però ha molto detto sulla società capitalistica che stava nascendo. In opposizione alla teoria di Marx ed Engels, suoi contemporanei, Adam Smith, come Ricardo, teorizzava il liberalismo in economia e il liberismo in politica. Cosette di non poco conto se si pensa che hanno influenzato tutto il Novecento. Per liberalismo in economia si intende che la ricchezza derivi dallo scambio di merci a prezzi definiti dall’incontrarsi della domanda e dell’offerta. Per liberismo in politica forme di democrazia elettiva a quel tempo ancora basata sul censo. Ma che poi si estenderà anche alle classi più umili e infine alle donne. La cosa che più mi è rimasta in mente di questa interessante lettura è che il macellaio, o simili, non vendono le proprie merci per fare del bene al popolo, ma per guadagnarci. E in questo guadagno sta la base della società. Poi certo l’idea si è estesa alle macchine e alla finanza (ricordate quanto valeva il succo d’arancia alla Borsa di New York nell’esilarante film Una poltrona per due con Jamie Le Curtis ed Eddie Murphie?). Ecco adesso la teoria di Smith è ben descritta da una barzelletta kletzemer di Moni Ovadia. Due ebrei si incontrano e si accordano per la vendita di due scatolette di tonno. Ma al compratore non sfugge che la data di scadenza è superata. “E allora? – risponde l’altro – queste non sono per mangiare ma per vendere e comprare, vendere e comprare.”

I vantaggi della dieta mediterranea



Per dimagrire e rimanere in forma, i medici sconsigliano le diete iperproteiche (solo carne) che sottoporrebbero a rischio di infarto e altre malattie correlate. Preferibile invece la dieta mediterranea, ortofrutta, cereali e anche, in misura minore, semi come noci, arachidi ecc. Quindi l’alimentazione migliore si comporrebbe di cinque pasti al giorno in cui assumere anche caffelatte (al mattino) con fette biscottate integrali o biscotti secchi; un pranzo costituito di un solo primo piatto (pasta al pomodoro o risotto di verdure); un intervallo a metà pomeriggio con la frutta anche sotto forma di frullato e una cena leggera a base di carne bianca (pollo, tacchino) e verdure crude o cotte. Anche mangiare un po’ di pane va bene, ma con moderazione. Semplice, no? Ma in tanti non lo sanno.

Plastica, riciclarla o farne a meno?



Al Salone del libro di Torino di  maggio è stato presente anche il Conai, Consorzio Nazionale imballaggi che festeggia con un bilancio positivo i 20 anni di attività. Attraverso il riciclo dei rifiuti da imballaggio è stata evitata l’apertura di 130 discariche e l’emissione di circa 40 mln di tonnellate di CO2. Ma c’è davvero da essere entusiasti? Con la plastica riciclata ad esempio si possono costruire sedie e tavolini da esterno e quant’altro ancora. Ma questi oggetti che vita avranno? Anch’essi dovranno essere un giorno recuperati e riciclati. Il problema è alla fonte, non recuperare quanto piuttosto non produrre tanti più imballaggi di cui ci sia stretto bisogno. Negli anni Cinquanta quando si andava a fare la spesa ortaggi, m anche pesce e carne venivano venduti in pezzi di carta. Carta che poi serviva a raccogliere la spazzatura per buttarla. Poi con l’avvento dei supermercati, che avveniva negli anni Sessanta, a poco a poco ogni derrata alimentare ebbe il suo involucro, di plastica o di cartone e di vetro. Infine si concluse con il definire il packaging (quanto sono più attraenti le cose se chiamate in inglese) come un veicolo di informazioni e uno strumento di attrattività più necessario e importante del contenuto. Con tutto un filosofeggiare sulle modalità di attuarlo e di renderlo un veicolo importante della vendita. Certo, eliminare adesso il packaging e tornare alle vecchie modalità di impacchettamento significherebbe mandare a spasso un sacco di lavoratori impiegati in questo indotto. Ma stando alla quantità di plastica che si trova nei nostri mari e nella pancia dei pesci una soluzione andrebbe trovata.