lunedì 22 maggio 2017

Plastica, riciclarla o farne a meno?



Al Salone del libro di Torino di  maggio è stato presente anche il Conai, Consorzio Nazionale imballaggi che festeggia con un bilancio positivo i 20 anni di attività. Attraverso il riciclo dei rifiuti da imballaggio è stata evitata l’apertura di 130 discariche e l’emissione di circa 40 mln di tonnellate di CO2. Ma c’è davvero da essere entusiasti? Con la plastica riciclata ad esempio si possono costruire sedie e tavolini da esterno e quant’altro ancora. Ma questi oggetti che vita avranno? Anch’essi dovranno essere un giorno recuperati e riciclati. Il problema è alla fonte, non recuperare quanto piuttosto non produrre tanti più imballaggi di cui ci sia stretto bisogno. Negli anni Cinquanta quando si andava a fare la spesa ortaggi, m anche pesce e carne venivano venduti in pezzi di carta. Carta che poi serviva a raccogliere la spazzatura per buttarla. Poi con l’avvento dei supermercati, che avveniva negli anni Sessanta, a poco a poco ogni derrata alimentare ebbe il suo involucro, di plastica o di cartone e di vetro. Infine si concluse con il definire il packaging (quanto sono più attraenti le cose se chiamate in inglese) come un veicolo di informazioni e uno strumento di attrattività più necessario e importante del contenuto. Con tutto un filosofeggiare sulle modalità di attuarlo e di renderlo un veicolo importante della vendita. Certo, eliminare adesso il packaging e tornare alle vecchie modalità di impacchettamento significherebbe mandare a spasso un sacco di lavoratori impiegati in questo indotto. Ma stando alla quantità di plastica che si trova nei nostri mari e nella pancia dei pesci una soluzione andrebbe trovata.  

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