mercoledì 15 maggio 2024

Pavia: riso innovato ma non Ogm

Leggo sulla newsletter del Club Papillo che Il riso innovato a Pavia in 28 mq come coltivazione sperimentale sarà modificato secondo una tecnica di coltivazione a tecnologia di evoluzione assistita. Nel suo genoma si attivano geni collegati a determinate patologie ma senza uso di materiale estraneo. Per questo non si può parlare di Ogm.

Capsule Nespresso amiche dell'ambiente

Nespresso con Gaia (Gestione ambientale integrata dell'astigiano) ha messo a punto un sistema di riciclo delle capsule delle macchinette del caffé. Delle 85mila caspule recuperate si usa l'alluminio come si fa per la raccolta insieme alla palstica e l'interno della capsula si usa come compost per l'agricoltura.

Ue: stop al Prosek

Sul Corriere di Verona si legge del regolamento appena adottato dall'Unione Europea di mettere uno stop alle Ig (indicazione di origine) che evocano il nome di un altro Stato membro della Ue come menzione tradizionale territoriale. Clamoroso il caso del Prosek, nome che adottarono in Germania per un loro vino frizzante che poteva venire scambiato per il nostro Prosecco. Peccato che le uve e il sistema di vinificazione non fossero gli stessi e che perdipiù fosse venduto in lattina. Altro caso "storico" fu qualche anno fa quello del Tokaj, denominazione che ci fu "scippata" dagli ungheresi che ci obbligarono a chiamare il nostro Tokaj genericamente Friulano.

Sovranità alimentare: i nostri formaggi nei menu dei ristoranti

Sotto la pressione del Misa, Ministero dell'agricoltura e della sovranità alimentare, come si chiama adesso il vecchio Mipaaf, è stato concluso un accordo tra Afidop, l'associazione di categoria dei prodotti caseari italiani a denominazione di origine protetta (dop) e la Fipe, Federazione italiana dei pubblici esercizi. L'accordo prevede che i ristoranti mettano in carta i formaggi. La presenza in menu, per adesso di un ristorante su 10, riguarda 21 delle 55 Dop e Igp (indicazione di orgine protetta). Le linee guida di questo provvedimento prevedono inoltre di indicare il nome corretto e per esteso del formaggio e si raccomandano di adottare la temperatura ambiente ideale in cui presentarlo.

lunedì 13 maggio 2024

Elezioni europee, perché non si parla di Pac?

La Pac, Politica agricola comunitaria, è un organo europeo che si occupa di stabilizzare i mercati al nostro interno, di difenderlo nei confronti delle economie esterne, di produrre reddito e innovazione per i nostri agricoltori. L’ultimo rappresentante italiano all’interno di questo collegio è stato Paolo De Castro. L’8 e 9 giugno prossimi si vota per l’Europa. Candidati in campo una miriade di sigle e loghi di partititi e partitini che da soli non fanno il 4% (soglia sotto la quale c’è lo sbarramento all’entrata). Ma la vera sfida è tra Meloni di Fratelli di Italia ed Elly Schlein del Pd. Entrambe hanno già detto che se una delle due verrà eletta non andrà in Europa. E allora, perché votarle? E’ il solito gioco: ci si misura sull’elettorato prendendolo in giro. Ma oltre al metodo di questa campagna elettorale, mi interesserebbe conoscere qualcosa sul merito. Per esempio, adesso che la cucina italiana è candidata a diventare patrimonio culturale dell’Umanità a cura dell’Unesco. Adesso che non c’è programma in televisione in cui non si parli delle bontà dei nostri prodotti della terra e dei modi di portarli in tavola, cosa faranno i nostri rappresentanti in seno alla Commissione europea per difenderne qualità e prezzo? E’ noto per esempio che tanti anni fa gli agricoltori buttavano via le arance perché il prezzo al quale dovevano venderle era sottocosto. La stessa cosa accadde per il latte. Per le stesse ragioni, e per la mancanza dei ristori nelle zone più coltivate della Penisola dopo la siccità e le alluvioni degli ultimi due anni, i trattori sono scesi in piazza. La Pac, dovendo rendere conto a 27 Paesi difende maggiormente le colture di patate e grano, i due maggiori prodotti dell’agricoltura capaci di sfamare le genti. Ma noi abbiamo anche il riso, di cui si ciba quasi tutta la terra, che quest’anno secondo l’Ente Nazionale Risi avrebbe avuto bisogno di aiuti. E poi prodotti orticoli, olio, vini, frutta, agrumi, latticini (il 38% del nostro Pil). Per non parlare dei prodotti ittici che allevati o della pesca sono un’altra parte importante del nostro reddito nazionale. Ma anche qui bisognerebbe, come per la carne, affrontare il discorso della salute degli animali. Che sono maltrattati nelle fasi di allevamento e del trasporto. Per spingere l’acceleratore sulla loro capacità di produrre reddito. Un reddito che sporca le mani di sangue. Se volete approfondire le questioni sollevate dalla Pac, comprese quelle sull'etichettatura degli alimenti che preoccupa noi italiani quando dobbiamo scegliere tra un prodotto italiano o estero o sapere cosa contiene, vi rimando al sito euronews che è ricco di ogni tipo di notizie in merito.

giovedì 9 maggio 2024

Reti wireless 5g per l'agricoltura

“Il decreto legge sull’agricoltura di questo governo approva lo stanziamento di 209 mld destinati a sostegno di misure contro le fitopatie, fotovoltaico, pratiche sleali, lo stato di emergenza contro la siccità in Sicilia e la nomina di un commissario per le zoonosi nel Mezzogiorno.” Cfr. Agronotizie. Ma non saprei se sia stato utile agli agricoltori discutere in Parlamento, come si è fatto oggi 9 maggio 2024, di etichettatura di origine, falso made in Italy, bilanci delle importazioni ed esportazioni di prodotti ortofrutticoli. Tanto più che all’interrogazione parlamentare mancava un voce di opposizione. Leggo infatti su Agronotizie, la newsletter del Sole 24Ore sull’agricoltura, un lunghissimo articolo sui problemi del cablaggio delle reti di informazione tra i vari territori coltivati con la potenza, ultima in ordine di tempo, del 5 gigabyte. La promozione delle nostre dop è certo importante ma non quanto lo fosse già 25 anni fa, quando di un prodotto alimentare si diceva che per venderlo bisognava attenersi alle regole delle 4 “P”, prezzo, promozione, packaging, pubblicità. Nel frattempo il mondo è cambiato e siamo tutti collegati in rete, più o meno wireless (senza fili). Guglielmo Marconi, ma il suo primato fu subito conteso da Bell negli Stati Uniti, è stato certo importante nel collegare i vari Continenti con un sistema di cavi. Non meno di quanto lo fosse stato, sempre nel secolo appena passato, Enrico Mattei nell’aver trovato giacimenti di petrolio sotto il mare di nostra giurisdizione (ed ecco perché alla Meloni piace tanto parlare di piano Mattei). Ma il petrolio di oggi, quello che governa il mondo, è la ricerca scientifica finalizzata alle strutture di intelligenza artificiale. Senza essere quella dei robottini, buona per i film e i romanzi distopici. Qui si tratta di rendere all’agricoltura il primato della connessione ultrarapida anche nelle zone collinari e montuose che in Italia abbondano, “dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”, per citare Manzoni. Perché rendere produttivo un terreno, anche quando bisogna uscire da condizioni climatiche avverse come le alluvioni e la siccità delle due ultime estati, oggi lo si fa non piegandosi sulla terra a raccoglierne i frutti (quello semmai lo fanno gli immigrati) e nemmeno saltando sulla prima macchina agricola di passaggio e con le sementi di una volta. Tutto è studiato minuziosamente in Rete con i moderni device. E il passo successivo sarebbe quello di rendere queste informazioni utili a tutti i nostri coltivatori, se non fosse per il piede di traverso che ci mette Elon Musk, sicuro di poterci portare, con queste potenze avveniristiche, a nutrirci nello spazio.

Utilitalia dice la sua sull'agrivoltaico

Secondo Giovanni Colarullo, presidente di Utilitalia, agenzia di servizi alle amministrazioni, l'accordo raggiunto sull'agrifotovoltaico è sbagliato. Affidando le sue considerazioni ad Ansa agricoltura spiega perché. I pannelli solari potrebbero benissimo essere installati, con benefici per l'ambiente e la transizione energetica, su i tanti fondi agricoli non utilizzati, né arati né seminati. Mettendo così d'accordo le parti in causa senza provocare danni chi la terra la coltiva ancora, ma rendendo ambientalmente non dipendenti dalle fonti energetiche fossili larghe parti del nostro Paese inutilizzate per le coltivazioni.

mercoledì 8 maggio 2024

Agrifotovoltaico, accordo trovato

E alla fine ho letto stamane sulle rassegne stampa che un accordo è stato trovato. Sulla base di un sistema di interdipendeza tra salute delle piante e responsabilità ambientale. Per sapere come questo vada fatto nella pratica dovrò sentire le Donne dell'Ortofrutta che si riuniscono ogni anno al Macfrut di Rimini. La Fiera delle sementi, dei prodotti contro i parassiti e delle macchine agricole. Comunque potete farlo anche voi navigando sul loro sito. Io posso portare qualche elemento in più con interviste.

Agevolare l'agricoltura o l'indipendenza energetica?

Agricoltura e tutela dell'ambiente possono coesistere? In Italia il dibattito è aperto. Poprio ieri sera in Consiglio dei ministri (Cdm) non si era ancora raggiunto un accordo tra i due ministeri competenti in materia. La questione è stata rimandata a stamattina e attendiamo nuove. Sarà Meloni a decidere? Intanto come si legge gratuitamente sul sito della maggiore agenzia di stampa italiana, l'Ansa (Ansa.it, agricoltura), il nodo della questione sono i pannelli fotovoltaici. Che in Italia, nella bulimia forse un po' inconsapevole degli ultimi vari governi, sono fioriti per ogni dove. Come le pale eoliche, ma quest'ultime da sempre additate come nemiche del bellissimo ambiente di cui la natura ha dotato l'Italia. In pratica, si tratta di come spendere i soldi del Pnnr e a cosa destinarli. Per il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e del Made in Italy (come si chiama oggi il vecchio Mipaaf) i pannelli fotovoltaici non possono e non devono essere posizionati nei pressi dei campi agricoli a terra, ma su una altura più decentrata di come si è fatto finora. Per agevolare il lavoro degli agricoltori sotto. Il Ministero dell'ambiente e della sostenibilità (Mase) invece spinge su provvedimenti atti a raggiungere l'indipendenza energetica per la difesa del territorio.

martedì 7 maggio 2024

Celle all'idrogeno, un'utopia sfumata in 15 anni

Idrogeno, una possibile energia sostituibile al petrolio che non si è concretizzata. Vediamo perché. L’idrogeno è il primo elemento della tavola periodica. Secondo lo studioso statunitense Jeremy Rifkin, potrebbe essere usato nelle celle o pile a combustibile come alternativa al petrolio. E’ il principale costituente delle masse stellari e del sole. Per questo fu usato nell’Apollo 12 dagli americani nella loro prima spedizione spaziale sulla luna. Mi ricordo ancora, adesso ho superato il mezzo secolo di vita, quando la mia prof di filosofia al liceo chiese uno per uno a tutta la classe cosa fosse per noi ciò che attivava i nostri elettrodomestici o le nostre automobili, sebbene in quegli anni si andasse più in motorino che in auto, almeno fino ad una certa età. In pratica ci chiese cosa fosse l’energia. Adesso, con le parole di Rifkin, saprei rispondere, ma quella volta rimasi interdetta. L’elettricità, certo, ma l’elettricità non derivava anche allora dal petrolio? Solo molto tempo dopo si iniziò a presumere che il petrolio forse, in certi contesti e con certe avvertenze, potrebbe essere sostituito dall’idrogeno. E proprio adesso molti si sono messi a ristrutturare casa con i pannelli fotovoltaici sul tetto. Spinti dal superbonus statale del 110%. I pratica la banca ti dà 100 e il resto ce lo mette il governo. Quindi stop al petrolio e celle elettriche a combustibile non fossile che possono anche essere installate sui tetti delle case rifatte. I combustibili fossili infatti sono tra le principali preoccupazioni di molti governi perché gravano tutti sulle spalle di lavoratori che devono scendere nelle miniere spesso senza adeguata protezione. Come dimostrano oggi i troppi terribili incidenti sul lavoro, ultimo proprio ieri, con i decessi degli operai coinvolti. Al tempo di Economia all’idrogeno, il libro pubblicato per le edizioni Mondadori nel 2002, Rifkin dava per scontato che ci fossero già in Occidente cooperative di consumatori impegnate o perlomeno interessate a sviluppare reti, un po’ come Internet agli inizi, libere e gratuite di celle all’idrogeno. Per scaldare casa, per fare rifornimento alle macchine elettriche etc., cosa di cui si discute proprio oggi. Purtroppo questo non è accaduto, per una serie molteplice di motivi. Intanto è stato dimostrato come l’idrogeno sia troppo costoso e troppo difficile da produrre, stoccare, distribuire e rendere inoffensivo. Un suo sottoprodotto, l’idrogeno solforico, che si origina tramite una reazione chimica che potrebbe insorgere in uno dei passaggi della sua lunga filiera, se soltanto inalato è letteralmente micidiale. Inoltre a quel che si sa in Italia, i pannelli fotovoltaici installati a livello terra nei campi agricoli hanno finito per far seccare le drupe di molti prodotti dell’orto e delle piante. E non si sa quando verranno espiantati. Il nostro governo sembra avere al momento altre preoccupazioni. Ma anche l’Unione Europea pare non aver emanato direttive dirimenti in proposito. Piuttosto sarebbe utile sapere cosa ne è della coltura idroponica, di cui ho già parlato su queste pagine, che potrebbe anche diminuire l’uso di pesticidi in agricoltura. Le coltivazioni in acquaponica interessano 150 specie di ortaggi, tra cui zucchine, pomodori, meloni, cocomeri e cetrioli. Le loro radici vengono immerse in particolari spugne staccate dal terreno che non abbisognano di pesticidi. In Italia il demanio detiene ancora 500mila ettari di terreni incolti che si possono affittare tramite i crediti Ismea (L’istituto per lo sviluppo dei mercati agricoli). E che potrebbero essere convertiti a questo tipo di coltivazione. La popolazione mondiale cresce a ritmi insostenibili e a breve sarà impossibile, anche mettendo a frutto l’intera terra disponibile, sfamarla tutta. Con questo nuovo metodo, la resa è doppia rispetto alla coltivazione sul terreno, senza emissioni di CO2 e senza bisogno della chimica. Da 30 anni utilizzata, secondo una ricerca della rivista scientifica Pnas, in Usa, in Australia e nelle aree semidesertiche, per allevare pesci e crostacei, la sua conoscenza risale a 600 anni fa, ad opera degli Atzechi. A Dubai negli Emirati Arabi, terra desertica per eccellenza, è stato costruito il più grande impianto idroponico del mondo con una quantità d’acqua che non si dovrà cambiare per un anno. Con consumi energetici molto bassi ed energie rinnovabili per una produzione continua tutto l’anno. Tutto ciò che so sull’idroponica lo devo a mio nipote, un ragazzino di buona famiglia e di ottime intenzioni scolastiche (studiava per diventare geometra) che me l’ha spiegata pur essendo rimasto traumatizzato da un episodio avvenuto in un supermercato dell’hinterland milanese, di cui per amor di patria non citerò l’insegna, quando, accusato di aver rubato delle merendine ha dovuto svuotare le tasche per far vedere che non era vero. Ma si può? “Tu stai dalla parte di chi ruba nei supermercati, o di chi li ha costruiti rubando?” cantava negli anni Settanta un profetico Francesco De Gregori.

giovedì 2 maggio 2024

Dal Sigep le novità sul gelato artigianale

Osservatorio Sigep presenta anche quest'anno le tendenze del gelato artigianale per la prossima estate. La prima novità è il gelato nei coni e coppette alla carota, mandarino e limone di Eugenio Morrone maestro gelatiere a Roma, un evidente richiamo alle vittorie del giovane Sinner nei tornei di tennis. Cioccolato bianco e sparagi, erbe aromatiche, poco zucchero e tiramisu le altre novità. Il comparto è in crescita del +16% in generale e del +12% nelle città d'arte, prese d'assalto in questo ultimo lasso di tempo dai turisti stranieri. I maggiori Paesi europei, Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito segnano un aumento del +4,4% secondo dati Crest-Circana. Il nostroa Paese è il primo per produzione e consumo con il 28% delle porzioni servite sul totale europeo. Secondo Giancarlo Timballo, presidente di Fiapet di Udine, si lavora sui prodotti locali e sul territorio. Tra le sue proposte il gelato al lampone e rosmarino. Secondo Domenico Belmonte, maestro gelatiere di Santa Maria di Castellabate tornano i grandi clasici come la crema ma c'è anche un boom della frutta esotica tra cui mango e frutto della passione. I gusti classici come torroncino, vaniglia e cioccolato comunque resistono anche se la tendenza è quella di ridurre il contenuto di grassi e di zucchero.