lunedì 28 agosto 2023

Granchio blu, una manna per i ristoratori

In arrivo dai Tropici, una nuova specie di mollusco, il granchio blu, si sta riproducendo a grande velocità nel nostro mare, il Mediterraneo. E nella sua immensa voracità attacca cozze, vongole e ostriche. Non essendo però nocivo per l'uomo non ci sarebbe motivo di temerlo. Ma come sia arrivato da noi, partendo da così lontano, è cosa da far pensare. C'entrano i cambiamenti climatici e gli spostamenti delle grandi navi da crociera e da commercio intercontinentale. Stamattina sentivo a Radio 3 parlare di un articolo di giornale, mi pare Il Messaggero o il Domani, che analizzava il fenomeno dei Brics (Brasile, India, Cina, Sudafrica) che si affacciano sul Vecchio Mondo con "istinti predatori". Cioè l'Asia e l'Estremo Oriente che vengono in rotta di collisione con il nostro vecchio caro Occidente. Inoltre aggiungiamoci il carico della guerra Russia- Ucraina, che dura da un anno e mezzo e il 24 settembre gli ucraini festeggiano il giorno della loro celebrazione nazionale. Saranno anche i Brics, come il granchio blu, estremamente voraci e onnivori? Intanto si viene a sapere, leggendo su internet,che questo mollusco è eccellente e nella ristorazione viene pagato anche 150 euro al chilo. Risollevando, se mai ce ne fosse bisogno, il settore dell'horeca (hotel, restaurant, catering), che già pratica prezzi fuori dall'ordinario nelle spiagge e nelle città d'arte, prese d'assalto, nonostante ciò, da orde di tutisti soprattutto stranieri. Mentre la nostra "meglio gioventù" deve migrare all'estero per non sottostare a paghe da fame. Su Repubblica di domenica si leggeva che d'accordo non parliamo bene l'inglese come il resto d'Europa, ma c'è anche un problema di salari. Secondo l'Istat nella fascia 25-34 anni tra il 2012 e il 2021 sono espatriati 337mila cittadini che cercavano un lavoro meglio pagato. I nostri salari, rispetto a Usa Canada e Uk sono inferiori tra il 16 e il 32%. La nostra specialità è la preparazione del cibo, molto apprezzata negli States e in Regno Unito. Se nel frattempo avremmo imparato a cucinare bene anche il granchio blu...

venerdì 25 agosto 2023

Il settore avicolo in Veneto

A proposito di pollame e Regione Veneto, se andate sul sito di quest'ultima leggerete che le sue principali produzioni agricole sono vino, formaggio e per l'appunto polli. E ci sono anche dei link che rimandano a situazioni critiche di questi ultimi in più di un allevamento. Segno che la Regione ne è consapevole e interviene nei casi in cui si evidenziano allarmi. Come dire: l'allevamento industriale avicolo può essere, ed in molti casi è, foriero di malattie.

martedì 22 agosto 2023

CIWF, la nuova pandemia (attesa in autunno) viene anche mangiando

CIWF,Compassion in Wordl Farming è un ente no profit che io seguo da tempo nella sua lotta contro l’allevamento intensivo e il trasporto su gomma in condizioni pessime degli animali da macello. Nessuno contrasta che questa sia la loro fine dato che li dobbiamo mangiare, a meno di non essere vegani o vegetariani, ma almeno assicuriamo loro delle condizioni di vita decenti. La maggior parte della carne e dei latticini/formaggi proviene da questi allevamenti, senza che ciò sia indicato in etichetta perché non conviene agli stessi. Ma l’aumento della produzione di alimenti provenienti da questo tipo di allevamenti ha portato a conseguenze sempre più evidenti. Le condizioni stressanti e anguste a cuisi sottopongono gli animali creano un terreno fertile per virus e malattie, gettando le basi per l’insorgere della prossima pandemia globale. In un nuovo report appena pubblicato, CIWF spiega come l'influenza aviaria sia uno di questi virus, in grado di passare dagli allevamenti intensivi alla natura, annientando milioni di animali allevati e selvatici. Tuttavia, le ripercussioni vanno oltre il crudele abbattimento degli animali negli allevamenti e la diffusa morte degli uccelli selvatici. I virus continuano a evolversi, diffondendosi anche tra i mammiferi (come è accaduto anche da noi in Italia!), rappresentando una minaccia globale sempre più preoccupante. Senza un'azione urgente, nuove varianti potrebbero colpire anche qui. Di solito si dà la colpa agli uccelli selvatici quando gli allevamenti avicoli intensivi, spesso densamente concentrati sul territorio, svolgono un ruolo cruciale nella diffusione del virus. Come rileva un recente report dell’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, nel 2021 in Italia, uno dei Paesi più colpiti, più della metà dei focolai di influenza aviaria sono stati identificati “nell'Italia settentrionale in stabilimenti avicoli commerciali in aree ad alta densità di pollame nella Regione Veneto” (EFSA, 2022). In un prossimo post darò la parola al Cnel, con sede a Venezia, per sentire la loro posizione su questo argomento.