mercoledì 19 gennaio 2011

La nostra salute appesa ad un “cavillo”: ovvero come sparisce una legge nell’indifferenza generale

E’ singolare come il 19 gennaio, nel giorno della notizia dell’approvazione del decreto sull’etichettatura degli alimenti, la cui indicazione d’origine diventa un obbligo esteso a tutte le categorie finora escluse, salutata da tutti i commentatori come una grande conquista, seppur dietro la spinta dell’ultimo scandalo, quello di uova e suini tedeschi alla diossina, nessuno, almeno sui massimi organi di informazione cartacei, abbia speso qualche parola sul “cavillo” che terrebbe in piedi un’altra importante legge per la nostra salute. Il silenzio di chi, più della rete, dove il dibattito è invece acceso, è capace di influenzare l’opinione pubblica, è sospetto e preoccupante. 
Sì, perché stiamo parlando della legge 283 del 1962, che regola la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, e che sarebbe caduta sotto la scure del decreto “taglialeggi” del ministro della Semplificazione normativa, il leghista Roberto Calderoni, che elimina tutte le leggi anteriori al 1970 non ritenute indispensabili. Che fine farà allora la 283, che risale al 1962, che sanziona qualsiasi tipo di frode alimentare (sofisticazione, adulterazione, contaminazione con parassiti, ma anche privazione del cibo delle sue caratteristiche nutritive, in cattivo stato di conservazione, con l’aggiunta di additivi chimici non autorizzati o che contenga residui tossici di lavorazioni agricole o di trasformazione) e le cui violazioni autorizzano i sequestri dei Nas (il Nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri)? 
“Le notizie secondo cui sarebbe stata abrogata la legge n. 283 del 1962 in materia di tutela alimentare sono totalmente prive di qualsiasi fondamento”, ha dichiarato il ministro,  come si legge su Italia a Tavola (italiaatavola.net), ma in rete circolano almeno altri 55 articoli sull’argomento. E la legge sarebbe salva grazie a un cavillo giuridico anche secondo gli avvocati esperti di diritto alimentare del blog ilfattoalimentare.it,: “Una lettura distratta delle norme in tema di semplificazione potrebbe in effetti portare a credere che anche la legge 283 del 1962 sia stata ‘spazzata via’, ma grazie al cielo non è così. – scrive Dario Dongo Responsabile Legislativo Giuridico Nazionale e Comunitario di Federalimentare gli industriali della trasformazione del cibo - “La legge-delega per la semplificazione esclude infatti dall’abrogazione, in linea di principio, tutti  i provvedimenti  che rechino in epigrafe la dicitura  ‘codice’ o ‘testo unico’ (legge 246/05, articolo 14, comma 17). E tra questi provvedimenti si iscrive a pieno titolo anche la legge 283/1962, rubricata come ‘la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande’, meglio conosciuta come la legge sui cibi adulterati. D’altra parte se così non fosse lo stesso Codice penale (che risale al 1930) sarebbe stato abrogato, e le patrie galere si svuoterebbero all’improvviso!” E il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, avrebbe confermato.
Ma qual è questa piccola epigrafe? “Testo unico”, e in quanto tale non abrogabile. Senza entrare nel merito della natura giuridica del “testo unico”, cosa che ovviamente non ci compete né sapremmo fare, rimane comunque sbalorditivo come la sopravvivenza di una legge che tutela la salubrità e l’igienicità di ciò che mangiamo sia subordinata all’esistenza di un vero e proprio cavillo così pare spiegato da Calderoli (vedi italiaatavola.net): “La predetta legge - spiega - ha natura giuridica di Testo Unico, come facilmente evincibile dalla sua epigrafe, pertanto è espressamente esclusa dall'ambito applicativo della cosiddetta ‘ghigliottina’, ovvero l'abrogazione generalizzata delle leggi antecedenti al 1970 non ritenute indispensabili e salvate con un provvedimento legislativo ‘salva leggi’ (art 14 comma 14-ter, legge 246 del 2005). Infatti, i provvedimenti legislativi recanti nell'epigrafe l'indicazione di ‘testo unico’ o di ‘codice’ sono espressamente esclusi dall'effetto abrogativo ai sensi dell'articolo 14, comma 17, lettera a), della legge 246 del 2005. È quindi evidente che la legge 283 del 1962 non doveva essere espressamente salvata con un decreto legislativo, essendo chiaramente esclusa, in virtù di legge, dall'effetto abrogativo generalizzato previsto dal ‘taglia leggi'”.
(Leggi l'intero articolo su: http://www.italiaatavola.net/articoli.asp?cod=18905).
Quante interpretazioni diverse e contrastanti in merito fioccheranno nel Paese degli Azzeccagarbugli lo lasciamo alla fantasia del lettore. Intanto, secondo quanto pubblicato da Repubblica, e come ha scritto Dongo,tutto è iniziato il 22 dicembre scorso quando il “Sannio quotidiano” riferiva di un commerciante assolto dal reato di detenzione di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione. Secondo la tesi difensiva (a quanto pare, accolta dal giudice di merito) la norma che punisce questi fatti – articolo 5 della legge 283/62 appunto - risulterebbe abrogata a partire al 16 dicembre 2010. Ciò deriverebbe, secondo il teorema difensivo, dalla cosiddetta ‘legge-delega per la semplificazione legislativa’, la 246 del 2005, nella quale è prevista l’abrogazione di tutte le disposizioni legislative statali pubblicate prima dell’1° gennaio 1970, con eccezione di quelle indicate nei suoi decreti di attuazione.”
La conferma che la legge sui cibi adulterati sia invece ancora valida, dice ancora Italia a Tavola, ci viene anche un dossier dell’Ufficio Studi del Senato di cui riportiamo uno stralcio: “Il ministero della Salute consiglia il mantenimento del presente provvedimento, poiché reca disciplina sanitaria degli alimenti e delle bevande. In quanto modifica di testo unico, il provvedimento non dovrebbe comunque essere inserito nell'allegato I, rientrando nei settori esclusi”. Ma l’Ufficio Studi del Senato, se leggiamo bene, “consiglia”, non conferma, e anche nella frase successiva usa il condizionale: “il provvedimento non dovrebbe essere inserito ecc.”.
Ma se oggi il coro unanime di tutti i giornali è di plauso per una legge che obbliga a indicare in etichetta il luogo di provenienza di un alimento, e anche, come prevede la Ue, l’uso di ingredienti che contengano Ogm in qualunque fase della filiera produttiva, con tutto ciò che ne conseguirà anche in materia di lotta alla pubblicità ingannevole, per una più corretta e trasparente informazione al consumatore, perché questo silenzio assordante sulla legge che sanzionava (ma sanziona ancora?) comportamenti scorretti in materia di salute dei cittadini? Unica eccezione: “La lettera” di Matteo Giannattasio, docente di “Qualità degli alimenti” dell’Università di Padova e direttore scientifico di “Valore alimentare” pubblicata oggi, mercoledì 19 gennaio, sul Corriere della Sera, dal titolo: “Mai più uova alla diossina. Serve una nuova agricoltura.” In conclusione delle sue interessanti argomentazioni Giannattasio dice: “Concludo con un riferimento a quanto riportato dal Corriere della Sera di sabato 15 gennaio (“Cibi adulterati, sparita la legge: non è più reato”). Si evidenzia che, per effetto della procedura taglia-legge, la legge sulla tutela degli alimenti numero 283 del 30 aprile 1962 è stata abrogata e quindi chi si macchia di reati che vanno contro tale tutela non è più perseguibile. L’aspettativa dei consumatori è quella che si provveda immediatamente affinché si possano condannare i malfattori che attentano alla nostra salute producendo e distribuendo cibo nocivo.”
Per capire l’importanza di questa legge, cfr. il suo articolo 5 (vedi: http://www.ispettorisanitari.it/AREA_PROFESSIONALE/Sunto%20Vigilanza%20daquino/l28362.htm). A tutela contro la contraffazione alimentare anche 3 articoli del Codice penale, art. 444, art. 515, art. 516  (vedi: http://www.altalex.com/index.php?idnot=36653.

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