Tutto vero: il biologico in
Italia cresce a doppia cifra da dieci anni e non solo nei negozi specializzati
ma anche nella grande distribuzione organizzata. I campi a biologico coprono
oltre 300mila ettari e nelle zone dove insistono si pratica la rotazione delle
colture a beneficio dell’ambiente. I grandi chef, italiani e non, premiati dal Bocuse D’Or
e dal 50 Best’s Restaurant, premio sponsorizzato da San Pellegrino, e dalle
Stelle Michelin, usano materie prime se non dell’orto almeno del mercato più
vicino. Francia, Italia e Spagna sono i Paesi che più si scambiano le loro derrate
alimentari. Ma quando si fa una comparazione tra il prezzo di un cibo biologico
e quello di uno convenzionale, il primo è molto più caro. E’ la solita lotta
tra l’1% di popolazione mondiale che
detiene l’85% della ricchezza e l’85%
che resta povero. E che non può accedere a queste e altre prelibatezze, come il
cacao e la cioccolata dell’America Latina, che finiscono nel circuito del cibo
equo e solidale di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Un cibo che per noi
che lo compriamo qui tanto solidale non è, visto il prezzo. Cmq è vero che
Petrini si batte per favorire gli orti in campagna e anche in città. E anche
che Alce Nero è una marca di miele, caffè e cacao, prodotti solidali ormai sbarcata nella gdo da
dieci anni. Per contro i negozi specializzati nel bio sono molto cari e hanno
un assortimento che non può soddisfare le esigenze di tutti i variegati tipi di
famiglia italiane. Ma forse dei vegetariani e vegani sì.
Nessun commento:
Posta un commento