mercoledì 1 novembre 2017

Bio o non bio?



Tutto vero: il biologico in Italia cresce a doppia cifra da dieci anni e non solo nei negozi specializzati ma anche nella grande distribuzione organizzata. I campi a biologico coprono oltre 300mila ettari e nelle zone dove insistono si pratica la rotazione delle colture a beneficio dell’ambiente. I grandi  chef, italiani e non, premiati dal Bocuse D’Or e dal 50 Best’s Restaurant, premio sponsorizzato da San Pellegrino, e dalle Stelle Michelin, usano materie prime se non dell’orto almeno del mercato più vicino. Francia, Italia e Spagna sono i Paesi che più si scambiano le loro derrate alimentari. Ma quando si fa una comparazione tra il prezzo di un cibo biologico e quello di uno convenzionale, il primo è molto più caro. E’ la solita lotta tra l’1% di  popolazione mondiale che detiene l’85% della ricchezza  e l’85% che resta povero. E che non può accedere a queste e altre prelibatezze, come il cacao e la cioccolata dell’America Latina, che finiscono nel circuito del cibo equo e solidale di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Un cibo che per noi che lo compriamo qui tanto solidale non è, visto il prezzo. Cmq è vero che Petrini si batte per favorire gli orti in campagna e anche in città. E anche che Alce Nero è una marca di miele, caffè e cacao,  prodotti solidali ormai sbarcata nella gdo da dieci anni. Per contro i negozi specializzati nel bio sono molto cari e hanno un assortimento che non può soddisfare le esigenze di tutti i variegati tipi di famiglia italiane. Ma forse dei vegetariani e vegani sì.

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