lunedì 14 novembre 2022

Il surriscaldamento globale e la crisi delle aree fertili

La questione di sempre più zone aride, infertili e siccitose del globo non è da prendere sottogamba. Non daranno che per poco tempo ancora di che cibarsi alla maggior parte della popolazione vivente sul pianeta azzurro che è l’unico di cui disponiamo. Non avendo le varie spedizioni interstellari trovato altri pianeti abitabili.L’eco di altre galassie molto ma molto distanti da noi, magari sì, ma un pianeta su cui vivere no. Esiste un’intera letteratura sull’argomento, fatta di libri, film e trasmissioni radiotelevisive. Da Ai confini della realtà, a Belfagor, a Star Trek; da Blade Runner ad A.I., a Matrix, a Dune; dai libri di Isaac Asimov a quelli di Van Vogt, di Philip Dick e Kurt Vonnegut. E anche se avevo postato sul mio blog una decina di anni fa la fotografia di un fiore coltivato in assenza di gravità su una stazione orbitante dell’Esa, l’Ente spaziale europeo, di cui hanno fatto parte Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti, coltivare piante in assenza di gravità non sembra una buona idea. Così, il surriscaldamento globale di cui soffriamo oggi sulla terra, farà sì che se non avremo avviato una seria de carbonizzazione delle fonti di energia, l’aria diventerà irrespirabile, da Nord a Sud. Si alzeranno i livelli dei mari, scompariranno larghi tratti di costa, laghi e fiumi diventeranno salati. Con buona pace dell’agricoltura e della pesca. Cinque i fattori, che mettono in crisi il Pianeta e contribuiscono alla diffusione delle epidemie virali. Inquinamento, deforestazione, riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacci e diete insostenibili (troppa carne che rilascia metano nell’aria). Nonostante ciò, gli agricoltori italiani non smettono di seminare nel solco della ricerca ecologica. Gli altri Paesi europei, che sono i precursori nella costruzione di impianti energetici ecologici (pale eoliche e pannelli solari) fatti funzionare dai suoi sottoprodotti, non hanno però a disposizione le materie prime della macchia mediterranea.Come abbiamo noi, che abbondiamo di produzioni di colture ortofrutticole e della vigna. Ora le nostre coltivazioni, quelle con predominio di denominazioni Dop, Doc, Igp e Igt pari solo a quello della Francia nei formaggi e nei vini (di cui i due Paesi sono i maggiori esportatori), si trovano nella difficoltà determinata dal Covid (a proposito di infezioni portate da animali non correttamente cresciuti e macellati). Anche se solo per la prima volta adesso il nostro Paese è diventato completamente autosufficiente quanto ad approvvigionamenti alimentari. Perché l’Italia è un Paese importatore di energia ed esportatore di ottimi prodotti finiti. E adesso che il gas ci costerà molto di più perché lo importiamo dalla Russia impegnata in una guerra fratricida contro l’Ucraina, che chiede di entrare nella Nato, le nostre industrie saranno costrette a chiudere e le nostre famiglie costrette a tirare la cinghia. Era rispuntata intanto con l’amministrazione Trump negli Usa, la questione dei dazi,che, in nome di America First, e delle politiche di vendita dei suoi prodotti contraffatti, fermavano le nostre specialità alla dogana. Così come fa la Cina, che per non sentirsi inferiore alla Russia, si chiude nei suoi confini che sono anche quelli del Covid. Ma nelle elezioni di mid term ha vinto Joe Biden, un democratico che non ci mette i bastoni tra le ruote, finché può e i suoi lobbisti glielo permettono. Perché già per il fatto che la sua vicepresidente, Kamala Harris, sia una donna giamaicana di origini irlandesi ha sollevato negli Usa già molte polemiche.

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