L’agricoltura è un lavoro duro.
Quando i figli dei contadini negli anni ‘50 andarono in città per studiare e diventare ceto
impiegatizio, si parlava di “Braccia strappate all’agricoltura”. Adesso zappare
non basta più, bisogna diventare imprenditori. Il contadino del terzo millennio
è sempre più formato anche attraverso master su modelli gestionali del territorio,
marketing strategico e strumenti digitali, con le app che decidono quando è il
momento buono per passare da una attività che la terra richiede ad un’altra. Le
“magnifiche sorti e progressive”, direbbe qualcuno. Ma non senza qualche
ragione oggi Libero osserva che gli attuali aspiranti coltivatori rischiano di trascurare la base: saper mettere
il letame.
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