mercoledì 11 luglio 2018

Farinetti e Fico


Sto leggendo il libro di Oscar Farinetti su Eataly New York, con la prefazione dei Bastianich, ristoratori madre e figlio emigrati in America, di Mario Batali e di un certo Aler Asper. Il libro, come recita la copertina, è narrazione e ricette del cibo, con tanto di denominazione di origine degli ingredienti che ce l’hanno. Tra come fare la pasta e il pane a casa, a come cucinare i nostri piatti più tipici con semplicità, ce n’è per tutti i gusti. Ma in questi giorni ho anche letto che i Pat (prodotti alimentari tipici) come si chiamano oggi le Dop e le Igp  non esisterebbero più, per un pasticcio, è proprio il caso di dirlo, legale a livello di Comunità Europea. Molto più protetti sarebbero invece per esempio i prodotti francesi (formaggi e vini soprattutto, con i quali ci misuriamo da sempre). Comunque tra parmigiano, grana e alcuni grandi vini come il Sassicaia, abbiamo di che investire in azioni e bond, oltre di che mangiare e bere più che bene. Le ricette raccontate da  Farinetti sono un inno alla nostra biodiversità attraverso quello che cucinavano le nostre nonne. Siamo sempre lì: non comperare nulla che loro non avrebbero comprato. E oggi tra sofisticazioni e prodotti che arrivano dalla Cina c’è di che stare attenti. Ma mi rimane oscuro perché Farinetti, dopo l’endorsment a favore di Renzi si sia schierato per Pizzarotti, il sindaco prima 5Stelle e poi autonomo di Parma, ossia per favorire l’Eataly di Bologna, chiamato prontamente Fico, Fabbrica italiana contadina.

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