Slow Food Terra Madre, il
Salone del cibo che si terrà dal 20 al 24 settembre, coglie l’occasione per
schierarsi a salvaguardia dei piccoli agricoltori contro l’uso di pesticidi
chimici e a favore del biologico. Certo, il biologico costa di
più, in termini di coltivazioni, con terre che devono essere messere
alternativamente a riposo e con l’uso di semi senza trattamenti. Oggi poi il tema è diventato
ancora più delicato, con il problema del caporalato e dello sfruttamento dei
lavoratori stranieri. In parte responsabile è anche
la grande distribuzione che impone i prezzi di costo al ribasso, pagando poco i
fornitori, e costringendo i consumatori che non arrivano a fine mese a fare
scelte, i prodotti più scontati, che incidono ancora una volta sul malessere
degli agricoltori. Adesso, dopo gli ogm, i primi
organismi geneticamente modificati, ci sono gli nbt, che sembrerebbe un’altra
trovata dei big della chimica per incidere sul lavoro dei campi. Slow Food pertanto chiede che
sulle etichette venga scritto il prezzo pagato ai contadini, per una maggiore trasparenza e per scelte di consumo
consapevoli. Ma al riguardo bisogna sapere
due cose. Primo, gli nbt non sono come gli organismi geneticamente modificati
(ogm) perché per ottenerli non si interviene
nella sequenza del Dna, ma sono piuttosto un risultato della ricerca che ha
dato gli stessi risultati sui vegetali come se gli si fossero applicati
tantissimi incroci. Secondo, non si sa ancora da parte della Commissione
europea se la sua proposta di lasciare ai singoli Stati membri la facoltà di
coltivare Ogm sul proprio territorio sia ricevibile oppure no. Intanto, negli Usa è stato
appena risarcito con 289mila dollari un coltivatore ammalatosi di cancro per
l’uso di glifosato di un big della chimica, la
statunitense Monsanto.
Allungarne la conservabilità
per poter lasciare sullo scaffale i prodotti vegetali più a lungo. Questo uno
degli obiettivi degli ogm, che dividono nettamente in due l’opinione: chi crede
che ridurranno drasticamente la fame nel mondo e chi propone un divieto
assoluto. La Corte di Giustizia europea ha già rilasciato al proposito una
direttiva che lascia gli stati membri liberi di adottarli oppure no. Adesso
però si sta attuando un’altra rivoluzione nel settore delle biotecnologie
vegetali, gli nbt (nuove tecniche di miglioramento genico), che non sarebbero
tecnicamente pericolose in quanto frutto non di una manipolazione del Dna delle
piante, ma di una mutagenesi, cioè una lunga catena di incroci. Dunque niente
tanta osteggiata transgenesi. Queste piante non sono proibite oltreoceano: sono
considerate non Ogm, ma coltivazioni convenzionali. E così si spinge perché
anche da noi si faccia così.
Ora a parte le posizioni
avverse di Terra Madre Slow Food, da sempre schierata a favore dei piccoli
contadini, anche quelli del Sud del mondo, con le loro biodiversità, cosa fare
degli nbt? Secondo la Corte Europea di Giustizia, sono frutto di una
mutagenesi, cioè di più diversi innesti senza intervenire nella sequenza del
Dna, come si fa per gli Ogm (organismi geneticamente modificati). Ma per
entrambi ci vuole una sentenza europea
che dichiari se i Paesi membri siano autorizzati ad usarli oppure no. Per gli
ogm, in cui le due parti si fronteggiano da parecchio tempo, pare si sia
arrivati da tempo ad un compromesso. Contro gli nbt si lotta ancora, ma non si sa
se a ragione.
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