domenica 19 agosto 2018

Slow Food contro gli nbt


Slow Food Terra Madre, il Salone del cibo che si terrà dal 20 al 24 settembre, coglie l’occasione per schierarsi a salvaguardia dei piccoli agricoltori contro l’uso di pesticidi chimici e a favore del biologico. Certo, il biologico costa di più, in termini di coltivazioni, con terre che devono essere messere alternativamente a riposo e con l’uso di semi senza trattamenti. Oggi poi il tema è diventato ancora più delicato, con il problema del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori stranieri. In parte responsabile è anche la grande distribuzione che impone i prezzi di costo al ribasso, pagando poco i fornitori, e costringendo i consumatori che non arrivano a fine mese a fare scelte, i prodotti più scontati, che incidono ancora una volta sul malessere degli agricoltori. Adesso, dopo gli ogm, i primi organismi geneticamente modificati, ci sono gli nbt, che sembrerebbe un’altra trovata dei big della chimica per incidere sul lavoro dei campi. Slow Food pertanto chiede che sulle etichette venga scritto il prezzo pagato ai contadini, per una  maggiore trasparenza e per scelte di consumo consapevoli. Ma al riguardo bisogna sapere due cose. Primo, gli nbt non sono come gli organismi geneticamente modificati (ogm) perché per ottenerli  non si interviene nella sequenza del Dna, ma sono piuttosto un risultato della ricerca che ha dato gli stessi risultati sui vegetali come se gli si fossero applicati tantissimi incroci. Secondo, non si sa ancora da parte della Commissione europea se la sua proposta di lasciare ai singoli Stati membri la facoltà di coltivare Ogm sul proprio territorio sia ricevibile oppure no. Intanto, negli Usa è stato appena risarcito con 289mila dollari un coltivatore ammalatosi di cancro per l’uso di glifosato di un big della chimica, la  statunitense Monsanto.

Allungarne la conservabilità per poter lasciare sullo scaffale i prodotti vegetali più a lungo. Questo uno degli obiettivi degli ogm, che dividono nettamente in due l’opinione: chi crede che ridurranno drasticamente la fame nel mondo e chi propone un divieto assoluto. La Corte di Giustizia europea ha già rilasciato al proposito una direttiva che lascia gli stati membri liberi di adottarli oppure no. Adesso però si sta attuando un’altra rivoluzione nel settore delle biotecnologie vegetali, gli nbt (nuove tecniche di miglioramento genico), che non sarebbero tecnicamente pericolose in quanto frutto non di una manipolazione del Dna delle piante, ma di una mutagenesi, cioè una lunga catena di incroci. Dunque niente tanta osteggiata transgenesi. Queste piante non sono proibite oltreoceano: sono considerate non Ogm, ma coltivazioni convenzionali. E così si spinge perché anche da noi si faccia così.

Ora a parte le posizioni avverse di Terra Madre Slow Food, da sempre schierata a favore dei piccoli contadini, anche quelli del Sud del mondo, con le loro biodiversità, cosa fare degli nbt? Secondo la Corte Europea di Giustizia, sono frutto di una mutagenesi, cioè di più diversi innesti senza intervenire nella sequenza del Dna, come si fa per gli Ogm (organismi geneticamente modificati). Ma per entrambi ci vuole una sentenza  europea che dichiari se i Paesi membri siano autorizzati ad usarli oppure no. Per gli ogm, in cui le due parti si fronteggiano da parecchio tempo, pare si sia arrivati da tempo ad un compromesso. Contro gli nbt si lotta ancora, ma non si sa se a ragione.

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