Oggi 8 marzo giornata della
donna, vorrei rendere un omaggio alla biologa Barbara McClintock di cui Evelyn
Fox Keller ha scritto una biografia, pubblicata da La Salamandra nel 1987, raccontandene
la vita solitaria e l’ opera illuminante sulla citogenetica, la scienza che
collega lo studio della struttura visibile del cromosoma con la genetica. Il
cromosoma è il corpo filamentoso del nucleo della cellula, che si può osservare
al momento della divisione della cellula. I cromosomi portano i geni e con essi
l’ereditarietà studiata da Mendel.
Ma la McClintock, nei suoi
studi solitari sul mais (altri biologi li fanno sui moscerini della frutta e sulla
Drosophila), non compresa e isolata,
“insistette per anni che il gene era un puro frutto dell’immaginazione dei
genetisti, che l’unità genetica era il cromosoma e che i caratteri genetici
erano i riflessi dell’ordinamento in serie del cromosoma.”
Studiò i fenomeni della
trasduzione (batteriofago che trasporta pezzi di materiale genetico da un
cromosoma batterico ad un altro) e della traslocazione (trasferimento di un
segmento di cromosoma ad un altro, di solito non omologo). Insignita nel 1983
del premio Nobel, agli inizi non fu capita e dovette lottare in un ambiente
ostile. Inoltre studiò il fenomeno della trasduzione (batteriofago che
trasporta pezzi di materiale genetico da un cromosoma batterico ad un altro).
La sua carica rivoluzionaria
che si esplica nella complessità dell’organizzazione genetica come per la
trasposizione da lei messa in luce studiando il mais, non trovò spazio
nell’elegante semplicità della biologia molecolare, dominante nella prima metà
del Novecento. Ma le scoperte scientifiche partono da una visione (lo diceva anche
Einstein) e la sua era l’interesse per la funzione e l’organizzazione. Le
conseguenze dello sviluppo della trasposizione non hanno un ciclo nei batteri.
Negli organismi superiori, sì.
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