lunedì 18 maggio 2015

L'inutile Carta di Milano


Leggo il 12 maggio sul Fatto Quotidiano un post molto interessante di un economista che ha avuto per 13 anni a che fare con fatti correlati a quelli che saranno espressi nella Carta di Milano, il manifesto di Expo. Concludendo che sarà una dichiarazione di intenti sconcertante. Punti lapalissiani come il diritto al cibo sano per tutti. Punti travisati: il diritto al suolo. Meglio in certi casi l’agricoltura estensiva o residenze nel verde e nei parchi? Punti scottanti: reddito agli agricoltori, anche a quelli sussidiati? Punti controversi: per accedere ai mercati di sbocco dei  piccoli produttori si farà uso di camion elettrici o dei climalteranti diesel? Poi c’è la questione Ogm che secondo l’autore del post ha dimezzato la fame, riducendo il prezzo dei prodotti, pur raddoppiando la popolazione, ma questo è un tema, pur molto dibattuto, assente dalla carta di Milano mentre si parla della biodiversità di Vandana Shiva, l’attivista indiana contro le multinazionali dei brevetti delle sementi, che però difende un’agricoltura arretrata. Quindi: si tengono alti i prezzi dei beni alimentari per i paesi ricchi, si impedisce l’esportazione dei Paesi poveri con barriere doganali fantasiose o con i soliti sussidi e si tengono in vita attività estremamente inquinanti. La Carta di  Milano è una carta di intenti per “anime belle” che non si accorgono che dietro questi problemi c’è tutto un groviglio di interessi e condizioni politici, sociali, economici e di relazioni internazionali sempre più complesse. Quando la finiremo con le belle parole che non servono a niente?

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