martedì 28 aprile 2020

Covid-19, due o tre cose che so di lui

Certo, l'Italia è appesa al filo delle pmi (piccole e medie imprese), operanti per lo più nel settore della ristorazione e del turismo e si moltiplicano gli appelli al governo per non lasciarle affossare per il Covid-19, anche e soprattutto in relazione alla prossima stagione estiva. Ma pensiamoci un po'. Non è che il settore, soprattutto quello della ristorazione si scopra adesso così fragile perché in questi ultimi anni così sovraffollato? Pizzerie, ristoranti di lusso e no proliferavano da ogni parte, soprattutto nella operosa Milano e il suo hinterland, meta di turismo quasi solo per il Duomo, Brera e l'affresco dell'Ultima Cena di Leonardo, negli omonimi Orti. Che non è poco, certo, ma non siamo ai livelli di Venezia (il cui sindaco Luigi Brugnaro chiama oggi in streaming una videoconferenza con i giornalisti per raccontare come far riprendere la città, sede tra l'altro, per rimanere in tema di food, del celeberrimo Harry's Bar) e di Roma, con il Colosseo, i Fori Imperiali e la buvette del Parlamento che , sia detto per inciso funziona come prima anche senza mascherine e con i prezzi al minimo). E poi, su e giù per lo Stivale, sagre per prodotti tipici di ogni tipo (formaggi in testa e in testa a testa con quelli francesi), insaccati e soprattutto vino e pizza (quest'ultima patrimonio immateriale dell'umanità). Tutto questo per dire che eravamo già in sovrappiù con l'offerta e quando l'offerta supera la domanda si è in deflazione (calano i prezzi come è sceso quello del barile del petrolio e le bollette di gas e luce, anche se non ce ne accorgiamo, noi comuni mortali, perché su  quello e su queste gravano le accise e le tasse a conguaglio di spese per coprire le spese di eventi remotissimi, vedi le nostre colonie in Africa). I ristoranti con chef stellati, con i loro cosiddetti piatti d'autore ce l'hanno, anzi ve l'hanno fatta, pagare cara e azzarderei quasi a dire, in nero. Con gli avventori pagati a piè di lista dalle società che mandavano in giro i loro rappresentanti di commercio o lavoratori dello spettacolo ( ma quelli già ci avevano la schiscetta) nei locali più famosi, salvo innescare un giro di affari non sempre "trasparenti" dal punto di vista del fisco. Insomma siamo sempre lì, le tasse le pagano i soliti noti, quelli che lavorano in fabbrica o gli impiegati. E dire che con le tasse di tutti gli altri ne potremmo sconfiggere (anche se ha detto Bill Gates che lo pagherà lui lo sforzo comune per trovare un vaccino) non uno, ma più coronavirus, facendo tamponi a tutti e fabbricando e vendendo a prezzi regolari le famose mascherine oggetto oggi di una miriade di tutorial su come farle in casa. Ma attenti, queste ultime funzionano poco.    

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