venerdì 17 maggio 2024

Proteine sostenibili e carne di pitone, cosa ci insegnano Innocenzi e Codignola

Quando alla Fiera di Rho (Mi), nel 2015, venne anche il presidente Obama con la moglie, che si batteva per menu più sani nelle mense scolastiche, si parlava già di insetti nel piatto. Un’alternativa alla carne di manzo il cui allevamento in cattività produceva combustibile fossile. Insieme al gas delle automobili, responsabile della crisi climatica cui stiamo assistendo. E alla crisi ambientale in ogni angolo del mondo per cui è stato creato il nome di “Antropocene”, da anèr, andròs (Uomo in greco classico) e ocene, era geologica. Poi la pandemia ci tenne con il respiro tirato e la ricerca del vaccino più adatto alle nostre esigenze. Senza le nefaste conseguenze di cui alcuni lamentavano l’insorgenza (crisi trombotiche al cervello). La rapidità con cui il virus si diffuse diede luogo ad un altro nuovo nome: “Spillover”, salto dagli animali all’uomo. Davvero un animale allevato in cattività e perciò in cattive condizioni igieniche e ambientali poteva attaccarci il virus? Fiumi di inchiostro sono stati versati su tali questioni. E se ne versano ancora. Peccato che gli italiani leggano meno di un libro all’anno. Ma se ne parla alla televisione e alla radio e tanto sembra bastare. Di alternative alla carne di maiale, pollo e manzo nella dieta degli italiani sembrano non esserci. Anche perché siamo un popolo poco propenso alle novità e molto condizionabile dai nostri passati, intesi come usi e costumi. I responsabili degli allevamenti intensivi, come del resto anche quelli dell’agricoltura “industriale” (soia al posto del mais e del grano; seitan al posto del latte e così via), non arretrano. Salvo chiedere migliori condizioni di lavoro e moratorie sui debiti pregressi e su quelli dell’ultimo anno causati dall’alluvione in Romagna, l’orto d’Italia. Come le Puglie ne sono il granaio, Calabria e Sicilia gli agrumeti e Sardegna e Isola d’Elba troppo impervie se non per allevare capre da lana e da latte. Nonostante tutto ciò, anche in Italia spuntano novità in merito alla ristorazione (Per un elenco completo cfr. i siti internet di Cibus e di Tuttofood). Del resto sono decenni che gli addetti al settore parlano di qualità come di unione tra tradizione e innovazione. E’ in questo senso che va letta su Lucy de La Lettura di maggio 2024, la provocazione di Agnese Codignola che ne ha scritto un libro per Feltrinelli. Dove spiega come per salvare il mondo le proteine del futuro dovranno essere diversificate, flessibili e sostenibili. Facendo l’esempio della carne di pitone, venduta a Hong Kong da Pizza Hut, la catena statunitense presente 110 Paesi del Mondo. Ma noi italiani dovremo abbattere i nostri pregiudizi culturali. Come fu per l’idea di mangiare larve di insetti, per me l’archivieremo nel libro dei sogni, o degli incubi. Voi la mangereste? Se mi scrivete apriamo il dibattito. E se vi interessa come cibarvi di carne che non abbia sofferto inutili sofferenze, che non provochi inquinamento ambientale e atmosferico, che non riempia le tasche dei soliti noti ma venga incontro alla richiesta di salute di noi cittadini che consumando carne da allevamenti intensivi sviluppiamo resistenza agli antibiotici vi consiglio un film. Si tratta di Food for Profit, girato dalla giornalista Giulia Innocenzi con il suo regista Pablo D’Ambrosi in tutta Europa per denunciare e smascherare i falsi green washing e le sofferenze cui sono inutilmente sottoposti gli animali da allevamento. La Pac, politica agricola comunitaria, stanzia 400 mld di euro l’anno per sovvenzionare gli allevamenti intensivi. Perché e da chi sono investiti tanti soldi che vanno contro gli interessi di noi comuni cittadini? In rete ci sono tutti i cinema dove questo film viene proiettato, con la possibilità di prenotare una visione. Ma io non lo faccio perché non sopporto immagini di questo tipo così forti. A voi la scelta.

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