giovedì 14 marzo 2024

I "doppi" e le loro incognite

Mentre conducevo un’inchiesta su Naomi Klein e Naomi Wolf sul tema del doppio. La Wolf inseguiva la Klein sui social appannandone il brand che la prima si era costruita con la pubblicazione di No Logo, a sua volta una critica dei brand della moda, mi sono imbattuta, su Internet, in un’interminabile sequela di doppi in letteratura che mi hanno accompagnato durante tutta la mia formazione scolastica e anche dopo. Fino a capire troppo tardi che lo sdoppiamento era mio. Il mio doppi ero io. E che le persone che vedevo doppie sono arrivate fino all’evento clou di questi giorni. La morte di Navalny in Siberia da me scambiato per Julien Assange. Per la cui causa era l’unica perla quale avessi firmato. Ma faute. E non l’unica. Navalny era molto più in pericolo di vita, stretto oppositore politico di un regime dispotico, quello russo, mandato a scontare la sua pena in Siberia, nel Gulag. Visto che si faceva beffe del potere la sua fine è stata tragica, barbaramente assassinato e il suo corpo negato alla sepoltura da parte di sua madre. Assange è invece un giornalista australiano fondatore di Wikileaks, sito online di diffusione e denuncia di apparati non trasparenti e non democratici, le democrature, che gli è valsa la negazione dell’estradizione negli Usa. E qui si pratica ancora la pena di morte con torture come l’affogamento nel carcere di Guantanamo. Due vite apparentemente parallele se non fosse che Assange è vivo, mentre Navalny ha pagato il suo dissenso con la morte. Una morte che fa discutere come nella tradizione della migliore letteratura. “Hanno ammazzato Pablo e Pablo è vivo” (F. De Gregori, se non le consideriamo solo canzonette). Il creatore di Wikileaks, colpevole, per chi lo cerca, di aver divulgato segreti circa le operazioni dei marines in zone di guerra come l’Iran e l’Afghanistan rischia di essere estradato negli Usa dove non gli perdonerebbero le invasioni nel campo delle guerre “giuste” a loro giudizio e dove, come detto, esiste ancora la pena di morte, applicata con metodi di tortura nella prigione di Guantanamo.

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