venerdì 22 aprile 2022

Guerra: prezzo di commodity alimentari e gas

Chiaro che una guerra nessuno la vuole. E men che meno alle porte dell’Europa, e cioè al confine di quella miriade di staterelli che si sono sfaldati a est dell’Italia dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. Ma sarebbe miope, nonché cinico, credere che l’aumento del prezzo del gas e delle commodity alimentari, sia solo un effetto dell’invasione russa dell’Ucraina. La crisi, energetica e alimentare, risale al 2008-2015, quando i prezzi di acciaio, prodotti petroliferi, mais e grano, balzarono alle stelle. Ricadendo sulle tasche dei consumatori, che già avevano avuto la percezione di un diminuzione della loro capacità di acquisto a partire dalla conversione della lira con l’euro. Oggi tutti temiamo un prossimo inverno al freddo, e un’estate senza condizionatore, tanto da farlo dire persino a uno che dovrebbe essere super partes come Mario Draghi. Ma che si vadano a stringere accordi per la fornitura di nuove partite di gas con la repubblica del Congo,come hanno fatto il ministro degli esteri Di Maio e Cingolani, il ministro per la ripresa e la resilienza ecologica (e qualcuno dovrà pur dire cosa significa resilienza: capacità di resistere contro ogni fattore avverso in modalità assertiva, cioè propositiva) è una deriva del grillismo insopportabile. Perché si finge di non sapere che lì, nell’ Africa Centrale, sono morti centinaia di migliaia di bambini che si sono affrontati in una guerra fratricida tra hutu e tutsi che doveva far sanguinare il cuore di ogni sincero europeista e terzomondista. Senza contare che lì i bambini scavano ancora, a cielo aperto e con le mani nude, giacimenti di metalli rari che fanno funzionare i nostri tablet e smartphone. E d’accordo, la Francia, dove in questi giorni si deciderà il vincitore del ballottaggio tra Emmanuel Macron e la Le Pen, non sapendo quanti voti avrà il candidato di sinistra Mélanchon, ha dalla sua, per approvvigionarsi, le ex colonie di Marocco a Algeria. E noi avevamo solo la distesa di deserto della Libia, dove il fascismo capitolò con la disfatta di Rommel ad El Alemein, ed i successivi governi ebbero un sussulto di amor proprio solo con la Tunisia, dove riparò Bettino Craxi dopo aver osato sfidare gli Americani per far loro smantellare le basi armate di Sigonella. Ma noi il gas lo abbiamo lo stesso perché arriva dritto dritto a Tarvisio, in Friuli Venezia Giulia, dove esiste una base Nato ad Aviano, la nostra Caporetto di oggi. E se non ce n’è abbastanza è perché abbiamo sospeso le trivellazioni nell’Adriatico sudorientale in nome del no in my back yard (non nel mio cortile). Sconfessando la paziente opera dell’Eni di Mattei, che infatti poco dopo sparì dal nostro quadro geopolitico.

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