giovedì 11 aprile 2024

Il diritto alla protezione del clima

Allora avevo ragione io a non costringere mia madre ad accompagnarmi dalla fisioterapista dalle 15 alle 17 nel marzo più caldo della storia. La sentenza della Corte europea per i Diritti dell’Uomo (Cedu) ha in questi giorni giuridicamente sancito il legame tra cambiamento climatico, rispetto degli obblighi sul clima da parte di uno Stato (in questo caso la Federazione elvetica) e riconoscimento di un diritto personale, in questo caso il diritto alla salute, come leggerete nel dettaglio nell’articolo del Corriere della Sera online qui sotto. Ma più del peso storico e morale, questa decisione ha un valore diverso, e molto più concreto: farà giurisprudenza, per i 47 Paesi che aderiscono Consiglio d’Europa. "Le donne avevano ragione a protestare quando sostenevano che le ondate di caldo impedivano loro di uscire di casa, limitandone la vita, e soprattutto aumentavano il rischio di mortalità per le fasce di età più avanzata, e che la responsabilità per non avere adottato politiche dirette a contenere l’aumento della temperatura è, per l’appunto, una responsabilità del governo dello Stato in cui le attiviste vivono. Per la prima volta, quindi, un tribunale transnazionale specializzato in diritti umani sostiene esplicitamente il diritto alla protezione del clima. La prima, probabilmente, di molte altre: fare giurisprudenza significa questo. Che altre associazioni che avanzeranno la stessa richiesta, a parità di condizioni – evidentemente facili da replicare, nella situazione in cui ci troviamo, con il mese di marzo decimo mese consecutivo più caldo di sempre – si vedranno assegnare la vittoria. Il che naturalmente (come in molti altri casi che hanno riguardato altrove in passato forme di class action analoghe) spalanca le porte a un’azione politica in forma giudiziaria di cui i governi dovranno cominciare a tenere conto molto rapidamente."

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