giovedì 22 luglio 2021

Cos'è la pandemia?

Secondo Alessandro Baricco, un mito. “I nomi della scienza sono le conchiglie rimaste nella sabbia quando l’onda del mito si ritrae attratta dai campi magnetici delle maree, virus: molluschi”.

In base alle stime del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), nel 2020 il Pil  (prodotto interno lordo) italiano sul quale si è calcolata per decenni la salute di un’ economia, in termini di mezzo, uno, due punti percentuali, ne ha perduti dodici.  Ecco una delle tante, tra le altre, conseguenze da imputare alla pandemia.

Lungi dall’essere un castigo, come si pensava fossero le pestilenze dei secoli passati, con tanto di monatti e untori, per Alessandro Baricco, che lo spiega in “Quel che stavamo cercando” (Feltrinelli, 2021, 33 frammenti, prima edizione solo digitale ottobre 2020), la pandemia è una creazione mitologica.

Ossia “una costruzione collettiva in cui diversi saperi e svariate ignoranze hanno lavorato nell’apparente condivisione di un unico scopo” (frammento 1 ). I saperi sono quelli degli algoritmi, della Silicon Valley, dei microprocessori al silicio. In una parola dei computer, dei tablet, degli smartphone, e degli orologi da polso elettronici. E le svariate ignoranze quelle che letteralmente ignorano come questo per certi versi incredibile balzo in avanti sia stato fatto a spese delle masse impoverite del Terzo Mondo, come i bambini africani costretti ad estrarre il litio che serve alle batterie di questi dispositivi, in discariche radioattive a cielo aperto.  

“I miti sono figure in cui una comunità di viventi organizza il materiale caotico delle proprie paure, convinzioni, memorie o sogni” (frammento 2). “Come aveva ben capito l’intellighenzia omerica, può accadere di sconfiggere il mito, come insegna l’Odissea” che distrugge ninfe, Polifemo e Proci e in nome della conoscenza oltrepassa le colonne d’Ercole, o di “edificarlo, come insegna l’ Iliade” . “Con un mito si genera un mondo, con un altro, lo si distrugge.” (frammento 6).

Per arrivare alla nostra modernità e post modernità, anche l’inconscio e la profondità sono creature mitologiche. Jung aveva capito che stava per arrivare il nazifascismo dai sogni che gli raccontavano i suoi pazienti: l’inconscio collettivo. La profondità per quasi due secoli ha guidato ogni nostro sentire, ogni nostra creazione, intellettuale e artistica. “Con la profondità, negli spazi bianchi, là dove compare la splendida scritta hic sunt leones (qui ci sono i leoni e non ci si può addentrare, ndr.), siamo andati a vivere.” (frammento 10).

“Il destino degli uomini è tessuto con il filo del mito, intendevano dire i nostri padri. Volevano che lo sapessimo.” (frammento 6). Tornando alla pandemia, questa esiste perché abbiamo lasciato che ci fosse. Eravamo ad un passo dal baratro e ci siamo caduti. E’ l’urlo della Storia che ci impedivamo di sentire.

“La pandemia ci dice /infatti/ che era una follia andare a certi ritmi, smarrire così tanta attenzione e sguardo, smarrire qualsiasi intimità con se stessi, scambiarsi corpi nevroticamente senza fermarsi a contemplare il proprio, vedere molto fino a raggiungere una certa cecità, capire molto fino a non capire più nulla. E nel ralenti a cui ha costretto l’intero mondo, ha tirato fuori fotogrammi, film delle vite che non si potevano vivere, spesso il volto dell’assassino o il volto dell’angelo. E nella costrizione all’immobilità ha spalancato quarte dimensioni che si erano abbandonate.” (frammento 23).

“La pandemia è un primum assoluto perché generato in una soluzione chimica mai esistita prima, quella del Game della civiltà digitale/che implica/una capacità di calcolo vertiginosa; un sistema a bassissima densità e perciò percorribile a qualsiasi velocità da qualsiasi vettore; un motore narrativo a trazione integrale in cui chiunque – chiunque /compresi i Ferragnez, ndr./ – può produrre storie”. (frammento 21).

“La  grottesca forbice tra ricchi e poveri in cui viviamo non si sarebbe mai potuta formare senza che una prospettiva mitica le procurasse una legittimazione per così dire epica.” (frammento 17). “La stessa produzione mitica ha messo all’ordine del giorno la salvezza del pianeta Terra diventando anche questa una figura mitica vera e propria, solo quando una forma di contagio è valsa più di qualsiasi ragionamento o dato scientifico. /…/ Là dove finisce l’attacco frontale, vince il contagio. La pandemia è un piccolo manuale di tattica, tra le altre cose.” (frammento 26).

E poi: ”La resa senza condizioni al metodo scientifico /cogito ergo sum, ndr./ ci ha resi incapaci di leggere il mito” (frammento 7). Farlo con categorie novecentesche (il fascismo e la guerra partigiana, ndr.) è stato peggio. Nel saldo collettivo, “morire meno e morire meglio non significa vivere di più e vivere meglio.” (frammento 28).

Difatti adesso con il virus moriamo molto di più e molto peggio, lontani dai nostri parenti e soffocati in un polmone artificiale, proprio quando Luca Coscioni e Mina Welby stanno vincendo la loro battaglia per l’eutanasia, quella rifiutata a Eluana Englaro nonostante le sue esplicite volontà in vita.

Nessun commento:

Posta un commento