lunedì 13 febbraio 2012

Dacci oggi il nostro pane (congelato)

I consumi di pane sono crollati negli ultimi vent’anni di quasi il 50%. Con questa realtà sono stati chiamati a fare i conti di 24.000 panifici artigianali che esistono nel nostro Paese e che adesso vendono pane fresco - non solo comune, ma un po’ di tutti i tipi, arabo, baguette, al sesamo, arricchito con olive o noci ecc. - a prezzi molto alti, il doppio del pane congelato che, secondo un’inchiesta de La Repubblica, proviene dalla Romania ed è venduto confezionato, un panino su 4, nei supermercati (senza nemmeno l’obbligo di indicare l’origine, perché la legge non lo prevede).

Un alimento dall’alto valore simbolico, che significa pace per molte culture e carità per la religione cristiana, adesso pare non sia più indispensabile, sebbene agli italiani piaccia mangiarlo fresco e il nostro Paese abbia resistito più a lungo di altri all’ “invasione” del pane precotto. Questo perché gli si sono sostituiti vari “sostituti” - cracker, grissini, fette,  e tanti altri prodotti industriali – e perché si mangia sempre più spesso al bar, in pizzeria o in mensa.

Ma anche qui, mense aziendali e ristorazione, il pane pare sia precotto e, spesso, proveniente dall’Est (il Paese che ce ne vende è la Romania che ne inforna e poi ne congela a tonnellate e ha un “distretto”, quello della città di Cluj, espressamente dedicato a questa megaproduzione per l’esportazione). Questioni di prezzo, certo, (1-1,50 euro al chilo contro anche i 3,45 che arriva a costare il pane in qualche nostra grande città). Ma, si difendono i panettieri artigianali italiani, più che le materie prime, da noi costa molto il lavoro. Insomma, si pagano di più i lavoratori per far comprare loro pane più caro …




 

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