giovedì 25 novembre 2010

Il “paradosso” del Dolcetto

E alla fine i produttori di Dolcetto di Dogliani, la più famosa tra le denominazioni di vino Dolcetto, hanno trovato la strategia alternativa per fare vini di prezzo adeguato ad una un’uva non facile, che richiede tanta manodopera e tanto lavoro, un’uva, come scrive Pierlorenzo Tasselli su wine surf “molto delicata, che richiede terreni leggeri e poco profondi, poca acqua, temperature miti... e quando le condizioni si discostano da quelle ottimali, non solo si rifiuta di maturare, ma si suicida e cade al suolo”.
E che determina quindi costi di produzione anche più alti del nebbiolo per produrre un vino che, come ha scritto sul sito del giornalista Luciano Pignataro il sommelier Alessandro Marra: "Sa stare a tavola per accompagnare i piatti della cucina di langa. Sa essere umile, ha capito che non deve per forza di cose nebbioleggiare e rifugge ogni tipo di paragone con les cépages ‘nobili’ dell'areale.” Quasi un vino di “sinistra” hanno detto questi blogger.La soluzione trovata è la nuova Docg Dogliani, il cui iter di richiesta si sta concludendo presso il Comitato Nazionale Vini, e che comprenderà, quando il decreto verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e cioè, come si augurano al Consorzio Vini di Langa, per la prossima vendemmia, i due Dolcetti di Dogliani, l’uno Doc e l’altro Docg già adesso, e il Dolcetto Doc delle Langhe Monregalesi (in tutto, 37.500 ettolitri l’anno su circa 1000 ettari).
Ai nostalgici, come me, del nome Dolcetto, che rimane adesso solo per quello di Alba, unito a Dogliani, sua patria la cui storia è legata indissolubilmente alla storia di questo vino, ha fatto molta specie sapere dal direttore del Consorzio Andrea Ferrero che: “Lo stesso nome del vitigno, quel ‘dolcetto’ che potrebbe erroneamente far pensare ad un contenuto di sapore dolce, ha spesso rappresentato un ostacolo ed un elemento di possibile confusione, soprattutto in Italia. All'estero invece, quasi per paradosso, il consumatore è più informato e questo inconveniente è stato presto superato.” Difatti negli Usa e in Australia lo comprano e sanno benissimo cos’è.
Certo d’ora in poi, con la nuova denominazione Dogliani, sarà impossibile non riconoscerlo per quello che offre: un sapore secco a dispetto del nome, un profumo deciso di frutti maturi, ciliegia marasca e prugna, e un colore rubino violetto che infiamma i calici. Ma volete mettere la soddisfazione di acquistare un vino che si chiama Dolcetto sapendo già che non è dolce? A quanto pare, molti italiani ancora adesso lo ignorano.


Nessun commento:

Posta un commento