venerdì 11 giugno 2021

Plastica addio, ma quando?

All’inizio era 202020. Adesso che anche questa data è passata, il pianeta terra non si salverà. Si contano a ritroso i giorni in cui saremo completamente sommersi dalla plastica e i pochi ricchi, l’1% della popolazione mondiale, se ne va sulla Luna o su Marte. E gli altri restano qui a farsi una guerra tra poveri. La Commissione europea, con sede a Bruxelles, aveva indicato in queste tre cifre gli estremi per iniziare a ridurre l’inquinamento del pianeta: -20% di emissioni (delle auto, dei camini, delle caldaie) e -20% delle materie inquinanti (oggetti di plastica) entro il 2020. Ora la data si è spostata al 2030, e ne hanno iniziato a parlare anche i giornali, per arrivare ad azzerare il numero dei rifiuti pericolosi. Mettendo al bando tutta una serie di prodotti monouso di plastica che inquinano i mari e danneggiano la nostra salute. Basta dunque a cotton fioc e piatti e posate di plastica, che dovranno essere realizzati con materiali sostenibili, cioè riciclabili. A differenza di vetro e carta facilmente riutilizzabili, infatti, la plastica è il materiale più pericoloso. Viene sversato in mare anche dalle barche e dagli yacht, sminuzzandosi in miniparticelle che poi vengono ingerite dai pesci che mangiamo. Vedi il pangasio, un pesce dell’Oceano Pacifico, il mare più inquinato, che era già stato messo sotto accusa anni fa per essere un prodotto ittico a buon mercato ma particolarmente pericoloso proprio per la plastica ingerita. Le date si stanno spostando sempre più avanti, adesso si parla del 2075, e non è un buon segno, ma della plastica non riutilizzabile dovremo imparare a fare a meno. Già messe al bando stoviglie, bicchieri e cotton fiocc, si pensa di dover arrivare al quasi completo messo al bando di ogni oggetto di questo genere. La loro permanenza negli Oceani, per esempio, è quasi eterna; per non parlare dei rimasugli che finiscono nella pancia dei pesci (do you remember il Capitano Achab, la Linea d’Ombra di Joseph Conrad, e la balena di Pinocchio, che in realtà una balena non era, ma un pescecane?). Certo, il problema è poi come si faranno a reimpiegare gli industriali e i loro operai che sulla plastica ci vivono. Si potrebbero riconvertire in piattaforme di riciclo e riuso. 

 

  

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