giovedì 16 maggio 2013

Fao e Slow Food insieme per l' agricoltura familiare


I programmi della Fao, contro la fame nel mondo, sono sostenuti in parte dal governo italiano. Anche Slow Food, l’associazione no profit torinese di Carlo Petrini dedita alla salvaguardia delle produzioni locali in 150 Paesi del mondo, vi partecipa, e un accordo siglato il 16 maggio di quest'anno a Roma tra le due organizzazioni ne ha sancito la collaborazione a favore dell'agricoltura "familiare". Dalla Katta Pasta di Timbuktu, apprezzata anche nel Mali, all'olio di palma della Guinea Bisseau, alla noce di kola della Sierra Leone al cous cous senegalese, altrettanti Presìdi Slow Food, i prodotti dell’agricoltura e il cibo che se ne ricava nei Paesi più poveri, e qui siamo nell'Africa Occidentale, sono frutto del lavoro di piccoli coltivatori, la cui dimensione aziendale coincide spesso appunto solo con quella familiare. Produzioni al limite dell'autoconsumo a favore dello sviluppo delle quali, anche per far conoscere un diverso modo di alimentarsi in un mondo globalizzato, le due organizzazioni lanceranno campagne si sensibilizzazione con due obiettivi. Assicurare più cibo ai produttori locali, le loro famiglie e le loro comunità, e aiutarli a commercializzare piccole eccedenze per sviluppare l’economia del territorio. Nel progetto, anche il rafforzamento delle reti di produzione e vendita, stimolando la formazione di gruppi di produttori e cooperative. In comune, la filosofia di fondo è quella della salvaguardia della biodiversità, puntando alla valorizzazione di singoli prodotti locali, e dei Presìdi Slow Food. Il primo importante appuntamento per vedere i primi  frutti di questa collaborazione, sarà l’ Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare, nel 2014. La data, stabilita dall'Onu, segue quella di quest'anno, 2013, che è stato dichiarato l’ anno internazionale della quinoa, una pianta erbacea della famiglia degli spinaci di cui sono già partite coltivazioni pilota in tutto il mondo e  che potrebbe finalmente sconfiggere la fame grazie ai suoi semi molto simili ai ceci, pur non essendo propriamente un cereale, dall'elevato potere nutritivo. Di origini andine, si adatta bene a temperature e climi differenti, resistendo alla siccità sei volte più del frumento. «Un fatto non da poco – ha sottolineato il direttore generale della Fao Graziano da Silva – in tempi di forti cambiamenti climatici e con la tendenza alla riduzione di risorse idriche nel mondo». Mentre Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, ha posto l’accento sulla questione del colonialismo gastronomico: “In questa alleanza con la Fao – ha detto - continueremo nel nostro lavoro di catalogazione e valorizzazione dei prodotti e ricette locali e vedrete che dai cuochi africani arriveranno belle sorprese nei prossimi decenni».

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