Leggo il 12 maggio sul Fatto Quotidiano un post molto
interessante di un economista che ha avuto per 13 anni a che fare con fatti
correlati a quelli che saranno espressi nella Carta di Milano, il manifesto di
Expo. Concludendo che sarà una dichiarazione di intenti sconcertante. Punti
lapalissiani come il diritto al cibo sano per tutti. Punti travisati: il
diritto al suolo. Meglio in certi casi l’agricoltura estensiva o residenze nel
verde e nei parchi? Punti scottanti: reddito agli agricoltori, anche a quelli
sussidiati? Punti controversi: per accedere ai mercati di sbocco dei piccoli produttori si farà uso di camion
elettrici o dei climalteranti diesel? Poi c’è la questione Ogm che secondo l’autore
del post ha dimezzato la fame, riducendo il prezzo dei prodotti, pur
raddoppiando la popolazione, ma questo è un tema, pur molto dibattuto, assente
dalla carta di Milano mentre si parla della biodiversità di Vandana Shiva, l’attivista
indiana contro le multinazionali dei brevetti delle sementi, che però difende
un’agricoltura arretrata. Quindi: si tengono alti i prezzi dei beni alimentari
per i paesi ricchi, si impedisce l’esportazione dei Paesi poveri con barriere
doganali fantasiose o con i soliti sussidi e si tengono in vita attività estremamente
inquinanti. La Carta di Milano è una
carta di intenti per “anime belle” che non si accorgono che dietro questi
problemi c’è tutto un groviglio di interessi e condizioni politici, sociali,
economici e di relazioni internazionali sempre più complesse. Quando la
finiremo con le belle parole che non servono a niente?
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