I programmi della Fao, contro la fame nel mondo, sono sostenuti
in parte dal governo italiano. Anche Slow Food, l’associazione no profit torinese di Carlo
Petrini dedita alla salvaguardia delle produzioni locali in 150 Paesi del mondo, vi partecipa, e un accordo siglato il 16 maggio di quest'anno a Roma tra le due organizzazioni ne ha sancito la collaborazione a favore dell'agricoltura "familiare". Dalla Katta Pasta di Timbuktu, apprezzata anche nel Mali, all'olio di palma della Guinea Bisseau, alla noce di kola della Sierra Leone al cous cous senegalese, altrettanti Presìdi Slow Food, i prodotti dell’agricoltura e il cibo che se ne ricava
nei Paesi più poveri, e qui siamo nell'Africa Occidentale, sono frutto del lavoro di piccoli coltivatori, la cui dimensione aziendale coincide spesso appunto solo con quella familiare. Produzioni al limite dell'autoconsumo a favore dello sviluppo delle quali, anche per far conoscere un diverso modo di alimentarsi in un mondo globalizzato, le
due organizzazioni lanceranno campagne si sensibilizzazione con due obiettivi. Assicurare
più cibo ai produttori locali, le loro famiglie e le loro comunità, e aiutarli
a commercializzare piccole eccedenze per sviluppare l’economia del territorio. Nel
progetto, anche il rafforzamento delle reti di produzione e vendita, stimolando
la formazione di gruppi di produttori e cooperative. In comune, la filosofia di
fondo è quella della salvaguardia della biodiversità, puntando alla
valorizzazione di singoli prodotti locali, e dei Presìdi Slow Food. Il primo
importante appuntamento per vedere i primi frutti di questa collaborazione, sarà l’ Anno Internazionale dell’Agricoltura
Familiare, nel 2014. La data, stabilita dall'Onu, segue quella di quest'anno, 2013, che è stato dichiarato l’ anno
internazionale della quinoa, una pianta erbacea della famiglia degli spinaci di cui sono già partite coltivazioni pilota in tutto
il mondo e che potrebbe finalmente sconfiggere la fame grazie ai suoi
semi molto simili ai ceci, pur non essendo propriamente un cereale, dall'elevato potere nutritivo. Di origini andine, si adatta bene a temperature
e climi differenti, resistendo alla siccità sei volte più del frumento. «Un fatto non da poco – ha sottolineato il direttore
generale della Fao Graziano da Silva – in tempi di forti cambiamenti climatici
e con la tendenza alla riduzione di risorse idriche nel mondo». Mentre Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, ha posto
l’accento sulla questione del colonialismo gastronomico: “In questa alleanza con la Fao
– ha detto - continueremo nel nostro lavoro di catalogazione e valorizzazione
dei prodotti e ricette locali e vedrete che dai cuochi africani arriveranno
belle sorprese nei prossimi decenni».
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