Secondo Alessandro Baricco, un mito. “I nomi della scienza sono le conchiglie rimaste nella sabbia quando l’onda del mito si ritrae attratta dai campi magnetici delle maree, virus: molluschi”.
In base alle stime del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), nel 2020 il
Pil (prodotto interno lordo) italiano
sul quale si è calcolata per decenni la salute di un’ economia, in termini di
mezzo, uno, due punti percentuali, ne ha perduti dodici. Ecco una delle tante, tra le altre,
conseguenze da imputare alla pandemia.
Lungi dall’essere un castigo, come si pensava fossero le pestilenze dei
secoli passati, con tanto di monatti e untori, per Alessandro Baricco, che lo
spiega in “Quel che stavamo cercando” (Feltrinelli, 2021, 33 frammenti, prima
edizione solo digitale ottobre 2020), la pandemia è una creazione mitologica.
Ossia “una costruzione collettiva in cui diversi saperi e svariate
ignoranze hanno lavorato nell’apparente condivisione di un unico scopo”
(frammento 1 ). I saperi sono quelli degli algoritmi, della Silicon Valley, dei
microprocessori al silicio. In una parola dei computer, dei tablet, degli
smartphone, e degli orologi da polso elettronici. E le svariate ignoranze
quelle che letteralmente ignorano come questo per certi versi incredibile balzo
in avanti sia stato fatto a spese delle masse impoverite del Terzo Mondo, come
i bambini africani costretti ad estrarre il litio che serve alle batterie di
questi dispositivi, in discariche radioattive a cielo aperto.
“I miti sono figure in cui una comunità di viventi organizza il materiale
caotico delle proprie paure, convinzioni, memorie o sogni” (frammento 2). “Come
aveva ben capito l’intellighenzia omerica, può accadere di sconfiggere il mito,
come insegna l’Odissea” che distrugge ninfe, Polifemo e Proci e in nome della
conoscenza oltrepassa le colonne d’Ercole, o di “edificarlo, come insegna l’ Iliade”
. “Con un mito si genera un mondo, con un altro, lo si distrugge.” (frammento
6).
Per arrivare alla nostra modernità e post modernità, anche l’inconscio e la profondità sono creature mitologiche. Jung aveva capito che stava
per arrivare il nazifascismo dai sogni che gli raccontavano i suoi pazienti:
l’inconscio collettivo. La profondità
per quasi due secoli ha guidato ogni nostro sentire, ogni nostra creazione,
intellettuale e artistica. “Con la profondità, negli spazi bianchi, là dove
compare la splendida scritta hic sunt
leones (qui ci sono i leoni e non
ci si può addentrare, ndr.), siamo
andati a vivere.” (frammento 10).
“Il destino degli uomini è tessuto con il filo del mito, intendevano dire i
nostri padri. Volevano che lo sapessimo.” (frammento 6). Tornando alla pandemia, questa esiste perché abbiamo lasciato che ci
fosse. Eravamo ad un passo dal baratro e ci siamo caduti. E’ l’urlo della
Storia che ci impedivamo di sentire.
“La pandemia ci dice /infatti/ che era una follia
andare a certi ritmi, smarrire così tanta attenzione e sguardo, smarrire
qualsiasi intimità con se stessi, scambiarsi corpi nevroticamente senza
fermarsi a contemplare il proprio, vedere molto fino a raggiungere una certa
cecità, capire molto fino a non capire più nulla. E nel ralenti a cui ha costretto l’intero mondo, ha tirato fuori
fotogrammi, film delle vite che non si potevano vivere, spesso il volto
dell’assassino o il volto dell’angelo. E nella costrizione all’immobilità ha
spalancato quarte dimensioni che si erano abbandonate.” (frammento 23).
“La pandemia è un primum assoluto perché generato in una soluzione chimica mai
esistita prima, quella del Game della
civiltà digitale/che implica/una capacità di calcolo vertiginosa; un sistema a
bassissima densità e perciò percorribile a qualsiasi velocità da qualsiasi
vettore; un motore narrativo a trazione integrale in cui chiunque – chiunque /compresi i Ferragnez, ndr./ – può produrre storie”.
(frammento 21).
“La
grottesca forbice tra ricchi e poveri in cui viviamo non si sarebbe mai
potuta formare senza che una prospettiva mitica le procurasse una
legittimazione per così dire epica.”
(frammento 17). “La stessa produzione mitica ha messo all’ordine del giorno la
salvezza del pianeta Terra diventando anche questa una figura mitica vera e
propria, solo quando una forma di contagio è valsa più di qualsiasi
ragionamento o dato scientifico. /…/ Là dove finisce l’attacco frontale, vince
il contagio. La pandemia è un piccolo manuale di tattica, tra le altre cose.”
(frammento 26).
E poi: ”La resa senza condizioni al metodo scientifico
/cogito ergo sum, ndr./ ci ha resi
incapaci di leggere il mito” (frammento 7). Farlo con categorie novecentesche
(il fascismo e la guerra partigiana, ndr.)
è stato peggio. Nel saldo collettivo, “morire meno e morire meglio non
significa vivere di più e vivere meglio.” (frammento 28).
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