A un mese da Expo, riflettiamo
su Expo. A parte la questione delle infrastrutture non ancora terminate su cui
ci sarebbe molto da dire, rimaniamo sul nostro tema: il cibo. Ci hanno promesso
che vedremo di tutto: dai cluster su riso, frutta, legumi, cereali, caffè, ai
padiglioni delle varie nazioni, a quelli tematici. Ci hanno detto che si sono
venduti milioni di biglietti (e a questo punto pare solo alle scuole: 16 euro
il prezzo unitario per bambino, compreso il pranzo: ma se una famiglia ha due o
tre figli?). Insomma un grande parco dei divertimenti, dove nutrire il pianeta
c’entra ben poco. Ho seguito in tv la costruzione del padiglione tedesco (ci
sarà anche la Merkel): tanta tecnologia, pannelli fotovoltaici, orti che spuntano
da ogni dove, ma per cosa? Per due api (sì, proprio così, due api) giganti che
sospese dentro il padiglione racconteranno per immagini l’agricoltura tedesca
(a proposito oltre al latte e alle patate?). Poi è vero l’Italia, l’Italia ha
molto da dire. Se è vero il detto che da una parte ci sono gli italiani e dall’altra
quelli che vorrebbero esserlo … Il vino, il formaggio, la pasta, la pizza, il
pesce, la dieta mediterranea insomma, a
parte l’olio che quest’anno è andato malissimo, il caffè. Ma se il vero problema
dell’agricoltura italiana non è quello di affermare a livello globale prodotti
sconosciuti, peraltro buonissimi e anche doc, come il tajarin e il bagoss, ma
superare il delta dei costi per arrivare a proporre ricavi più onesti senza
perderci, l’Expo è proprio a questo che dovrebbe pensare. Un cibo insomma alla
portata di tutti e non , come sarà, una vetrina patinata del lusso in cucina.
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