Ogni tanto, quando interpretando dei piatti cucinati da
mia madre con la sua solita maestria (mio nonno agli inizi del secolo scorso
era aiuto chef all’ hotel Villa Igea di Palermo) (ri)scopro sapori che fanno
parte del retaggio di una certa buona ristorazione milanese (che frequentavo
assiduamente negli anni Settanta e Ottanta), rifletto su come i cuochi siano
giunti a comprendere che una loro ricetta funzionava. Non sulla base di
alchimie tanto alla moda (cucina molecolare & C.) o dell’impiego di
prodotti dop e igp, la cui attuale inflazione sul mercato dovrebbe far
riflettere sull’intero sistema dei cibi cosiddetti di qualità, quanto
assecondando il proprio particolare gusto.
Così l’altra domenica, ho messo insieme le zucchine
trifolate della mamma con le sue
mazzancolle in sugo di
pomodorini, e ci ho condito della pasta corta (pennette rigate). Mazzancolle in
sugo di pomodorini: togliere la testa e sfilare il budellino nero sul dorso a ½
kg di mazzancolle. Imbiondire poco aglio e poca cipolla in due cucchiai di olio
extravergine di oliva. Aggiungervi i carapaci facendoli soffriggere. Sfumarvi
mezzo bicchiere di vino bianco e aggiungere i pomodorini. Salare e fare cuocere
per dieci minuti. Spolverare di prezzemolo tritato.
Zucchine trifolate: Tagliare a fettine sottili tre
o quattro zucchine. Far soffriggere uno spicchio d’aglio tritato in un
cucchiaio di olio extravergine d’oliva. Aggiungervi le zucchine e farle cuocere
a fuoco lento. A cottura ultimata, cospargervi del prezzemolo tritato.
Il risultato non è stato inferiore a primi molto
simili assaggiati al ristorante, i cui cuochi, evidentemente, in fatto di
sapori la pensa(va)no come me. E siccome a differenza di Benedetta Parodi, che
ha confessato in un’intervista di non saper cucinare, io invece ne sono capace,
ve ne do entrambe le ricette (e magari, prima di versarle sulla pasta, vi
suggerisco di sgusciare le mazzancolle).
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